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 2008  luglio 22 Martedì calendario

KARADZIC PER GAZZETTA

Radovan Karadzic nacque a Petnjica, un paesino sul monte Durmitor nel comune di Savnik (Montenegro), il 19 giugno 1945. Il padre Vuko aveva appena deposto le armi, si era schierato con la parte sbagliata, le milizie cetniche (*isipirate alle bande serbo-croate che combattevano nel XIX sec. contro gli ottomani, dopo la prima guerra mondiale il termine indicò i membri di un’organizzazione nazionalista, durante la seconda guerra mondiale gli appartenenti alle bande filomonarchiche di D. Mihajlovic) che si erano dovute arrendere ai partigiani comunisti di Tito. La madre Jovanka, i tre fratelli Ivan, Radisav e Luka e la sorella Ivanka puntarono su di lui per il riscatto sociale della famiglia. Nel 1960, a soli 15 anni, emigrò a Sarajevo per continuare gli studi. Scelse medicina, specializzazione in psichiatria, ma aveva anche una passione per la letteratura. Lo scrittore Marko Vesovic, anche lui originario del Montenegro: «Essendo mediocre in entrambi i campi, amava spacciarsi per grande poeta tra gli psichiatri e per grande psichiatra tra i poeti» • Gli ambienti intellettuali della Sarajevo multietnica a malapena lo sopportavano. Forse per questo maturò un odio profondo verso la città, esplicitato in una poesia in cui ne anticipava la distruzione. All’università conobbe però Liljana Zelen, prestigiosa famiglia serba, molti parenti uccisi durante la seconda guerra mondiale dagli ustascia croati (*gli ustascia erano gli slavi balcanici che lottavano contro i turchi, il nome venne ripreso dal croato di Bosnia Ante Pavelić per designare gli appartenenti al movimento nazionalista croato di estrema destra che si opponeva ad un regno di Jugoslavia federativo dominato da elementi serbi). Essendo Karadzic un noto sciupafemmine interetnico (in materia di sesso non faceva questioni di razza), gli Zelen non vedevano di buon occhio l’unione, e quando Liljana rimase incinta, il padre l’andò a cercare con la pistola: la situazione si sistemò grazie a una lettera in cui spiegava le sue buone intenzioni scritta su suggerimento del poeta Abdullah Sidran (conosciuto a livello mondiale per essere lo sceneggiatore dei primi due film di Kusturica). Il 22 maggio 1967 nacque Sonja, il 14 marzo 1973 Aleksandar. In breve, Karadzic divenne succube della moglie (anche lei psichiatra). Lo scrittore Miljenko Jergovic: «Ha una faccia così cattiva e terrorizzante, che si potrebbe noleggiarla per i funerali» • Nessuno riesce a spiegare la brillante carriera universitaria e professionale che fruttò a Karadzic - sotto il regime di Tito - un appartamento privato a Sarajevo, la possibilità di esercitare la libera professione e persino un anno di specializzazione alla Columbia University di New York. Molti ebbero il sospetto che, iscritto allora al partito comunista come tutti, facesse anche la spia per ottenere privilegi. Né il successo professionale né il matrimonio importante placarono comunque la sua ansia di rivincita. La sua attività di pubbliche relazioni si fece frenetica. Poeta dilettante, prese a ricevere nel salotto di casa (numero 2 di Sutjeska Ulica) amici e intellettuali di tutte le etnie sostenendo la superiorità della razza montenegrina per la ”lunghezza della tibia” (è l’etnia più alta d’Europa). Da Dobrica Cosic, scrittore di Belgrado in seguito presidente della Serbia, apprese i rudimenti del risorgente nazionalismo. Psicologo della squadra di calcio di Sarajevo, si fece raccomandare per svolgere analogo ruolo nella mitica Stella rossa di Belgrado (lo cacciarono dopo pochi mesi). In parallelo, combinò affari non sempre leciti. Nel 1984 fu condannato ad undici mesi (e ne passò qualcuno in galera) per malversazione finanziaria. L’accusa: aver utilizzato alcuni prestiti agevolati della Energoinvest, destinati al piano verde per l’agricoltura, per costruire il suo chalet a Pale, stazione sciistica alle porte di Sarajevo. All’inizio del 1990 sostenne pubblicamente la costituzione del partito dei Verdi. Nell’estate di quell’anno fondò l’Sds e, giocando con la sigla, finse che si trattasse di una formazione socialdemocratica, mentre in realtà sarebbe diventato il partito etnico dei serbi di Bosnia. Nello stesso anno lui e la moglie ottennero l’autorizzazione (la prima) ad aprire un ambulatorio privato di psichiatria (specializzazione in problemi sessuali). Eravamo all’antivigilia della guerra, che esplose dopo il referendum sull’indipendenza della Bosnia (29 febbraio-1 marzo 1992) • Stabilito il quartier generale del partito all’interno dell’hotel Holiday Inn di Sarajevo, Karadzic finse di essere un moderato ”ostaggio del popolo serbo”, la cui volontà lo costringeva a ”posizioni radicali”, quindi traslocò coi suoi a Pale e da lì fece bombardare Sarajevo. In guerra diventò finalmente quello che desiderava, un numero uno, e consumò le sue rivincite a colpi di cannone • Obiettivo la costruzione di un’improbabile entità statuale, la Repubblica dei serbi di Bosnia, con capitale il villaggio di Pale, riuscì ad ottenere la protezione di Belgrado, trascinando la Serbia nella guerra. Furono Karadzic, come capo politico, e il suo braccio armato, il generale Ratko Mladic (ancora latitante), a decidere, pianificare ed attuare il massacro di almeno 8.000 persone a Srebrenica, colpevoli soltanto di essere musulmane. Soprattutto uomini, ma anche centinaia di donne e bambini passati per le armi a causa dell’ossessione che potesse nascere «uno stato islamico nei Balcani», come Karadzic paventava nelle interviste. Quest’ideologia produsse il tentativo di annientare la città di Sarajevo, l’apertura di decine di campi di concentramento, lo stupro di almeno 20 mila donne. Mentre non è mai stato provato, seppur resista a distanza di tanto tempo il forte sospetto, il funzionamento di almeno due forni crematori • La guerra di Bosnia (1992-1995) produsse oltre 200 mila morti, la stragrande maggioranza civili. Non tutti causati dai serbi, atrocità furono commesse anche da croati e musulmani. Ma Karadzic ha l’aggravante di aver guidato l’esercito più forte e senza scrupoli, di aver gestito milizie paramilitari cui veniva garantito il saccheggio e la possibilità di decidere della vita e della morte in ogni villaggio conquistato. L’ex segretario di Stato Usa Holbrooke lo definì ”l’Osama Bin Laden dei Balcani”. Alla fine fece perdere la pazienza anche al suo burattinaio politico, il presidente serbo Slobodan Milosevic, perso il cui appoggio non accettò gli accordi di Dayton del 1995, che divisero il Paese in due entità (Repubblica Serba di Bosnia e Federazione croato-musulmana) sotto il controllo delle Nazioni Unite • Dal 25 luglio 1995 nella lista dei catturandi Nato, ormai al primo posto fra gli ultimi tre ricercati sulla lista nera del Tribunale internazionale dell’Aja (numero due Mladic), forte di insospettabili protezioni dentro e fuori la Serbia, forse anche internazionali, Karadzic è riuscito a sfuggire alla cattura per tredici anni, finché il 21 giugno è stato catturato a Belgrado. Sul suo capo pendeva una taglia di cinque milioni di dollari messa dal governo statunitense • Nel dettaglio, l’incriminazione del Tribunale dell’Aja si riferisce a due capi di accusa per genocidio (genocidio e concorso in genocidio), cinque capi d’accusa per crimini contro l’umanità (sterminio, omicidio, persecuzioni di carattere politico etnico e religioso, comportamenti inumani), tre capi d’accusa per violazione delle norme e delle convenzioni di guerra (omicidio, creazione di un clima illegale di terrore fra i civili, presa di ostaggi), infine, un capo di accusa per violazioni delle Convenzioni di Ginevra. Ce n’è abbastanza per fargli finire in carcere il resto dei suoi giorni • È auspicabile che il suo processo all’Aja non finisca senza sentenza come quello di Slobodan Milosevic (morto d’infarto l’11 marzo 2006 nel carcere olandese di Scheveningen), ma possa servire per fare chiarezza su una tragedia di cui non fu certamente il solo colpevole (nemmeno per il massacro di Srebrenica, compiuto dalle sue milizie, agli ordini del generale Mladic, ma tollerato e favorito da diversi altri attori mai portati sul banco dell’accusa, dai comandi dell’Onu allo stesso governo bosniaco) • La cattura di Karadzic è importante per le migliaia di vittime che attendono giustizia da troppi anni, ma è ancora più importante che sia stata opera della polizia serba: il suo arresto è sempre stato una delle condizioni per l’avvicinamento della Serbia all’Unione Europea. I toni tra Belgrado e Bruxelles si sono inaspriti con la proclamazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, lo scorso 17 febbraio. L’arresto di Karadzic, due settimane dopo la formazione di un governo serbo filoeuropeo e alla vigilia di un vertice tra i ministri degli Esteri dell’Ue chiamati a discutere proprio delle relazioni con la Serbia, potrebbe segnare la svolta • Per chiudere veramente i conti servirebbe adesso la cattura del generale Mladic, che di Karadzic fu il boia. C’è però un problema: la sua cattura potrebbe gettare l’ombra dell’incriminazione su tutto l’esercito, i cui quadri in questi anni sono stati rinnovati soltanto in parte (per le fonti vedi scheda biografica Karadzic).