varie, 21 luglio 2008
GUCCIONE
GUCCIONE Piero Scicli (Ragusa) 5 maggio 1935. Pittore. «[...] non è il tipo di artista come Twombly, che preme la punta della matita sulla carta per vedere dove il caso porta i suoi ghiribizzi. E non è un artista pop come Andy Warhol, che ripete un centinaio di volte la faccia fotografata di Marilyn o di Liz in una sola tela. Non è ossessionato da quell’obbligo così cogente per gli artisti moderni di citare film, stampe, fotografie, televisioni, altrimenti si sentono di far parte della retroguardia. E non ha mai pensato di essere un diagnostico della cultura di massa, perché questa è la cultura dei nostri tempi. Guccione è un creatore di nuovi mondi, come era una volta il grande pittore della tradizione. La tradizione andava rispettata, ma nello stesso tempo lo sforzo dell’artista era quello di superarla, altrimenti sarebbe stato solo un imitatore. [...] tranquillo, sicuro di sé e nello stesso tempo trascinato dall’istinto che lo porta ogni volta ad attraversare la terra di nessuno [..] assomiglia ad un grande scienziato. Se prendete Nils Bohr, quando andava a caccia, o Lavoisier che cercava le regole della chimica, il loro atteggiamento sarebbe lo stesso di Piero: uomini che vanno alla ricerca dell’assoluto, servendosi delle qualità che gli sono proprie. Ma la tecnica pittorica per Guccione, che sembra avvalersi di tutte le leggi della fisica, la sola che può rispondere alle domande dell’artista, è lo scarto di fantasia dei fisici che solo può portare a superare l’empasse dove ti hanno costretto i numeri. [...] Senza averlo mai detto esplicitamente, fidandosi delle sue immense capacità tecniche, una capacità lavorativa impressionante e una tenacia senza pari, da molti anni [...] da sempre [...] sta dando nuova vita a un genere di pittura in agonia da più di cent’anni: il paesaggio. [...] è stato capace di infondere una tale leggerezza anche al più pesante e greve dei mezzi con cui si può esprimere la pittura, il pastello ad olio, da rendere i suoi lavori simili ad alianti o mongolfiere [...]» (Stefano Malatesta, ”la Repubblica” 21/7/2008).