varie, 21 luglio 2008
BRIOSCHI
BRIOSCHI Luigi Vimercate (Milano) 10 aprile 1941. Editore. Presidente e direttore editoriale della casa editrice Guanda, direttore editoriale della Longanesi. «Quando Luigi Brioschi frequentava casa Vittorini era poco più che un giovanotto. Fu accolto benevolmente come nipote alla lontana della Ginetta, moglie di Elio, e già allora, nonostante la laurea in diritto ecclesiastico, capì qual era la sua strada. ”Elio parlava poco, ma con straordinaria intensità: era saturo di letture di narrativa, preferiva ormai la saggistica e la filosofia. Fu lui però a consigliarmi Sotto il vulcano. Accennò all’idea che io potessi lavorare per Mondadori o per Einaudi”. Vittorini morì nel ”66 e Luigi aveva già un curriculum di tutto rispetto come traduttore dall’inglese: Updike, Vonnegut, Dos Passos. Dal ”69 a oggi, un’irresistibile ascesa: dalla redazione Rizzoli alla direzione e poi alla presidenza Guanda, che occupa anche da direttore editoriale e consigliere d’amministrazione della Longanesi: è l’erede di uno dei mostri sacri dell’editoria italiana, Mario Spagnol. Eleganza anglosassone, fiuto sensibilissimo per le novità della letteratura, Brioschi è oggi tra le colonne del terzo polo librario italiano. Da quando ha cominciato, non dimentica mai che ”sono gli autori il vero patrimonio di una casa editrice, anzi una casa editrice è i suoi autori”: parla di ”rapporto quasi coniugale”, con tutto ciò che questo comporta. In editoria, per fortuna, i matrimoni felici sembrano più numerosi che nella vita. [...] A Brioschi si devono scoperte di autori ormai entrati nella biblioteca ideale di ogni lettore italiano: i vari inglesi e irlandesi, da Hornby a Catherine Dunne, da Banville a Trevor, appunto; ma anche alcune star d’oltreoceano, come Luis Sepúlveda, bestseller assoluto in Italia, dove è stato adottato come uno scrittore di casa: ”Fu un’acquisizione non canonica. Era la primavera del ”93 e lessi sull’Express una recensione alla traduzione francese de Il vecchio che leggeva romanzi d’amore. Mi incuriosì il titolo. Nessun agente, nessuno scout l’aveva proposto, nessun’asta l’aveva segnalato: se oggi dicessi che allora avevo previsto i 5 milioni di copie venduti da Sepúlveda in Italia, mentirei spudoratamente”. [...] Anche John Banville, autore di un capolavoro come Il mare, si può considerare in Italia una creatura di Brioschi: ”All’inizio vendeva pochissimo, ma lui ha sempre reagito con molto understatement. Ho voluto insistere e i risultati adesso ci sono. Carattere molto riservato. Con lui sono stato testimone di un episodio quasi comico: eravamo a Torino per un incontro pubblico e un anglista fece un lungo intervento ripercorrendo la tradizione letteraria irlandese in cui riteneva fosse radicata l’opera di Banville. Alla fine chiese a Banville quale fosse il rapporto con la tradizione del suo Paese. Lui rispose glaciale: nessuna” [...]» (Paolo Di Stefano, ”Corriere della Sera” 21/7/2008).