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 2008  luglio 21 Lunedì calendario

APPUNTI SUL DISCORSO DEL PAPA A SIDNEY RELATIVO AI PEDOFILI (19/7/2008)


DAI GIORNALI DEL 20
Corriere della Sera
LUIGI ACCATTOLI
SYDNEY – Come già in America l’aprile scorso, ieri il Papa ha riconosciuto la «vergogna» patita dalla Chiesa cattolica dell’ Australia per lo scandalo dei preti pedofili, ma rispetto a quanto aveva già detto ieri ha aggiunto una parola più decisa: ha affermato che «i responsabili di questi mali devono essere portati davanti alla giustizia». Non è poco quello che ha detto. E non solo perché mai fino a ieri l’avevano affermato né lui né Papa Wojtyla, ma anche perché gli stessi documenti della cosiddetta «tolleranza zero» – elaborati in Vaticano e nelle Chiese locali lungo gli ultimi sei anni – non contengono quell’impegno. Arrivano a dire che le autorità della Chiesa devono «collaborare » con i tribunali qualora un procedimento sia avviato in sede civile, ma non parlano di un dovere della comunità a prendere l’iniziativa in tale direzione, come invece suonano le parole dette qui.
Ieri Benedetto parlava nella cattedrale di Sydney ai vescovi, ai sacerdoti e ai seminaristi dell’ Australia. Dunque l’affermazione che occorre «portare» i colpevoli ai tribunali l’ha rivolta agli uomini di Chiesa, non ad altri. Li ha invitati a «riconoscere la vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni sacerdoti o religiosi di questa nazione. Sono profondamente dispiaciuto per il dolore e la sofferenza che le vittime hanno sopportato e assicuro che, come i loro pastori, anche io condivido la loro sofferenza ».
Secondo l’associazione «Broken Rites Australia», che difende le vittime degli abusi sessuali del clero, sarebbero 107 i preti cattolici australiani che sono stati condannati dai tribunali civili per abusi sessuali dal 1993 a oggi. «Questi misfatti che costituiscono un così grave tradimento della fiducia – ha continuato il Papa – devono essere condannati in modo inequivocabile. Essi hanno causato grande dolore e hanno danneggiato la testimonianza della Chiesa». Ed ecco le affermazioni più importanti, da leggere anche in riferimento alle richieste delle famiglie e delle associazioni delle vittime, che sollecitano «altri passi» da parte della Chiesa: «Le vittime devono ricevere compassione e cura e i responsabili di questi mali devono essere portati davanti alla giustizia ».
Anche l’associazione «Papaboys » ha preso posizione sulla protesta delle famiglie delle vittime degli abusi. «Una riflessione – si legge in una nota – va fatta: abbiamo avuto due anni di tempo per cercare la verità e decidere di incontrare queste persone, oppure, se fossero tutte macchinazioni, c’era tutto il tempo per denunciarlo». «Se può bastare – assicura il presidente Daniele Venturi – siamo disposti ad incontrarvi noi, al rientro in Italia, siamo disposti ad ascoltare le vostre storie e le vostre ragioni».
Termina oggi a Sydney la Giornata mondiale della gioventù. Ieri si è tenuta una veglia. Dal «cero pasquale» il Papa ha acceso la fiaccola di una donna indigena che ha poi acceso le fiaccole di 12 compagni che hanno comunicato quel fuoco alle candele dei duecentomila. «La vita non è semplicemente accumulare ed è ben più che avere successo», aveva detto il Papa nel suo discorso, dando questa consegna evangelica: «Essere veramente vivi è essere trasformati dal di dentro, essere aperti alla forza dell’amore di Dio».
L. Acc.

 verosimile che Benedetto XVI abbia ormai detto quanto poteva sui preti pedofili: forse compierà dei gesti, ma quello che poteva fare con le parole si può ritenere che l’abbia fatto. Ed è certo che è arrivato da solo ai pronunciamenti che ha realizzato, istruiti in dialogo con i vescovi dell’Irlanda, degli Usa e dell’Australia, ma formulati in autonomia. Tre sono le tappe della sua «condanna» che è cresciuta in ardore lungo gli ultimi tre anni. La prima è dell’ottobre del 2006, quando riceve i vescovi dell’Irlanda, uno dei Paesi più colpiti da questo scandalo.
Parla di «enormi crimini» di fronte ai quali è «urgente» adottare misure per evitare che «si ripetano» e tra le misure indica la necessità di garantire che «i principi di giustizia siano pienamente rispettati». Non specifica meglio, ma in quell’espressione è implicita l’indicazione di collaborare con i tribunali civili per il perseguimento di quei «crimini». La seconda tappa è segnata dalla visita dell’aprile scorso negli Usa, quando parla di «profonda vergogna» per quei fatti – espressione che ha ripreso ieri – e su iniziativa del cardinale di Boston riceve cinque «vittime». La terza è quella di ieri con l’affermazione che i colpevoli «devono essere portati davanti alla giustizia». Un Papa Wojtyla forse avrebbe compiuto un quarto passo che poteva essere la richiesta di perdono alle vittime, ma Papa Ratzinger è più sobrio: dice la stessa cosa con le parole «vergogna dolore dispiacere» ma non ama quel di più di enfasi che c’è nella richiesta di scuse. Sul piano dei gesti invece potrebbe continuare con l’incontro delle «vittime» e potrebbe promuovere una giornata mondiale di preghiera e di penitenza sull’esempio dei vescovi statunitensi che ne hanno fatta una nazionale.

MARIA ANTONIETTA CALABRO’
L’ ultimo maxirisarcimento per le vittime dei preti pedofili americani lo ha deciso l’arcivescovado di Denver (Colorado) il 2 luglio 2008 versando 5,5 milioni di dollari per risolvere in via amichevole 18 denunce presentate contro tre preti, ormai morti. di venerdì, 18 luglio, invece, l’ultima denuncia per un prete americano accusato di aver molestato una minorenne a bordo di un aereo partito da New York. Il prete è tornato in libertà su cauzione (10mila dollari), ma non può avvicinare minorenni per ordine del Tribunale.
Due casi che da soli illustrano il dramma della Chiesa americana dove per prima è esploso lo scandalo pedofilia che ha contagiato la Chiesa cattolica fino in Australia. Ma anche in Italia l’ultimo arresto clamoroso risale a non più di venti giorni fa, il primo luglio, quando in carcere finisce un prete romano di 55 anni, Ruggero Conti, parroco della Natività di Maria Santissima: è accusato di aver ripetutamente abusato di minorenni negli ultimi dieci anni. Sette, al momento, le sue vittime accertate (tutti maschi). Durante l’ultima campagna elettorale, il prete era stato uno dei cinque testimonial («garante per la famiglia») per il candidato, e poi sindaco, Gianni Alemanno che ha chiesto «ai magistrati e agli inquirenti tutta la chiarezza possibile e di non fare sconti a nessuno ».
Nel nostro Paese nel 2000 si segnalano casi di arresti o di condanne di sacerdoti a Foggia, Ferrara, Napoli, Torino, Modena, Milano. Nel 2001 a Genova e a Milano, nel 2002 ancora a Napoli e Milano. Nel 2003 a Bergamo, Milano, Teramo, Palermo, Cuneo, Oristano. Nel 2004 la lista delle città colpite si allunga: Forlì, Torino, Roma, Varese, Grosseto, Nuoro, Agrigento Alessandria, Bari, Savona. Nel 2005 Como, Cuneo, Arezzo e ancora Napoli. Nel 2006 di nuovo Roma, Ferrara e Lecce. In tutto 17 condanne (dal 1991 al 2006) e 22 incriminazioni. Ma per avere un termine di confronto va tenuto presente che in Italia i sacerdoti diocesani nel 2003 erano in tutto 35.019.
Negli Stati Uniti la Conferenza episcopale nel 2004 ha pubblicato un documento ufficiale che si è avvalso di uno studio statistico del John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione americana di criminologia. Queste statistiche dicono che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. L’81% dei sacerdoti accusati erano omosessuali. Il record assoluto dei risarcimenti si è verificato nella diocesi di Los Angeles (660 milioni di dollari alle circa 500 vittime accertate a partire dagli anni Quaranta) e di Boston. Già lo studio del John Jay College notava però il «declino notevolissimo » dei casi negli anni 2000: le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime (un effetto delle politiche di «tolleranza zero» dei vescovi seguite alle direttive del cardinale Ratzinger prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede).
In Brasile a cavallo tra il 2005 e il 2006 sono stati denunciati 1.700 preti per violenze, orge e uso di droga nei confronti di bambini piccoli, per lo più estremamente poveri. In almeno due casi a testimoniare la veridicità dei racconti delle vittime sono stati gli stessi violentatori che hanno riportato le loro esperienze su un inquietante diario.
Il quadro mondiale, insomma, è allarmante. Numerosi casi anche in Inghilterra, Francia, Croazia e Irlanda.
Quasi 150 preti cattolici e religiosi di Dublino sono stati coinvolti negli ultimi 67 anni. Tra spese legali e indennizzi il costo è stato di 7,8 milioni di euro.
M.Antonietta Calabrò

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
SYDNEY – «Non ha detto né più né meno di quanto ci aspettavamo. E poi ha parlato solo degli abusi sui minori: e gli adulti? Nelle dichiarazioni del Papa non vedo nessuna garanzia che le cose cambieranno davvero». Abito scuro, gilet grigio, computer portatile, Anthony Foster è seduto nella hall del Westin Hotel di Sydney. Fino all’altroieri di Joseph Ratzinger diceva: « un uomo geniale: sono sicuro che capisce qual è il problema». Ma ora replica: «Non è abbastanza».
Lui e sua moglie Christina sono il simbolo della battaglia delle vittime di abusi sessuali australiani che in questi giorni stanno contestando la visita di Benedetto XVI. Venti anni fa le loro due bambine sono state violentate da padre Kevin O’Donnell mentre frequentavano la scuola elementare cattolica di Oakleigh, nella periferia di Melbourne. Emma, la più grande, si è tolta la vita sei mesi fa con un’overdose di farmaci, a 26 anni. Katie, di un anno più piccola, è rimasta menomata nel 1999 in un incidente stradale: ora non è autonoma ed è alcolizzata. Padre O’Donnell è stato condannato nel 1996 per abusi su altri 12 minorenni ed è morto in carcere.
«Le parole del Papa non sono sufficienti. Ha parlato ai vescovi e non alle vittime. E non ha detto che l’assistenza e il supporto devono essere illimitati. Questo è un punto delicato: chi ha subìto un simile dramma soffre di depressione, è alcolizzato, non è in grado di mantenersi da solo», prosegue Foster. Ma non vuole ridurre tutto a una questione economica. «Noi abbiamo ottenuto il risarcimento per Emma tre anni fa: 700 mila dollari, contro i 50 mila che il cardinale Pell ha imposto come limite a Melbourne per questi casi. Se adesso proseguiamo la battaglia è per dare giustizia agli altri. A Melbourne 300 vittime sono state già risarcite: ci dà l’idea di quante possono essere». Lei e il marito hanno interrotto la vacanza in Europa e sono arrivati a Sydney giovedì per ottenere udienza dal Papa. Anthony Foster è determinato: «Domani (oggi, ndr) ci daranno la risposta. Se nell’agenda papale non ci sarà spazio, potrei dover andare a Roma».
Elvira Serra

GRAZIA MARIA MOTTOLA
MILANO – «Preti pedofili portati davanti ai tribunali? Era ora che il Papa lo dicesse». Sembra quasi sollevato Luca Barbareschi (foto), attore e neodeputato pdl, di fronte all’«inequivocabile » condanna della pedofilia negli ambienti religiosi pronunciata da Benedetto XVI a Sydney. «Che cosa ha detto poi? Che la Chiesa deve collaborare con la giustizia civile? Questo è un segnale importante. Significa che davvero si vuol fare di tutto per fermare questa piaga. E pensare che quando io ho cominciato a parlarne, sono stato attaccato dagli organismi cattolici. Ma va bene così, che si sia arrivati a una posizione forte».
Una «novità» che però non cambia il suo passato: quattro anni di abusi quando frequentava l’Istituto Leone XIII di Milano, fondato dai gesuiti nel 1893. Luca ha nove anni, subisce fino a 13. Il suo «carnefice» è un prete di 60. A quel dramma è dedicato un capitolo del libro di Ferruccio Pinotti «Olocausto bianco». Ma la storia resta difficile da ricordare. «Non voglio parlare del passato, dico solo che ai preti si affidano l’infanzia, l’adolescenza, campi fertili in cui seminare cose meravigliose. Chi abusa di te, devasta la tua anima, ti lascia dentro un segno indelebile. L’ho vissuto sulla mia pelle, e so quanto è difficile recuperare».
Supporto psicologico, anni di lavoro interiore, oltre alla fatica di vivere e andare avanti comunque: «Ho avuto la forza di farcela anche perché avevo i mezzi. Ma quanti se lo possono permettere? La società non ci aiuta». Eppure la prospettiva che chi sbaglia pagherà senza più coperture è già qualcosa: «Per me è importante sapere che c’è l’impegno a punire concretamente chi commette i crimini. Faccio un esempio: se oggi si continua a perseguire i criminali nazisti per quello che hanno commesso ad Auschwitz, perché non dovrebbero pagarla i preti pedofili? Non esistono reati di serie A e di serie B». E non si ferma: «Chi abusa di un bambino è un malato, è un disgraziato che non merita sconti».
Punizione effettiva per i violentatori, ma anche maggiore coinvolgimento delle famiglie nelle scuole: «Ho mandato le mie figlie in una scuola americana. stata un’esperienza bellissima, noi genitori eravamo coinvolti nelle attività scolastiche, ogni domenica l’istituto si trasformava in un luogo di aggregazione anche per le famiglie. Ho fatto una scelta precisa anche per quello che ho sofferto». «Fare i genitori infatti è un lavoro – continua Barbareschi ”, e i figli non andrebbero mai lasciati soli ». Come invece è successo a lui, quando era bambino: «Mio padre, ingegnere sempre in giro per il mondo, e mia madre, economista esperta di cooperazione femminile, erano troppo occupati per dedicarsi a me.
Sono cresciuto con una cameriera che non sapeva leggere i segnali che le mandavo. Ero turbato, spaventato, e nessuno se n’è accorto». Poi quando il piccolo Luca cerca di parlare con il padre di quello che gli accade a scuola – lo racconta nel libro – lui non gli crede. «Era un tipo d’uomo ultraborghese, uno di quelli che dicono ai figli "di queste cose tu con tuo padre non parli". Ed è stato il mio caso: appena gli parlai della pedofila ha risposto: "Come ti permetti di parlare di queste cose, vuoi creare scandalo, sputtanare il nome di tuo padre"». «Oggi spero – lo dice accorato – che i figli vengano abituati ad aprirsi con i genitori, e che loro siano pronti ad ascoltarli. Se c’è qualcosa che rimprovero ai miei, è di avermi lasciato da solo». Quanto al prete abusatore: «Lui è morto, ma sono tornato in quella scuola a raccontare la mia storia. Che cosa mi aspetto? Che aiutino la mia fondazione o qualsiasi altra organizzazione che tuteli i bambini. Perché chi sbaglia deve pagare».
Grazia Maria Mottola


Bernard Law
Nel 2002 il cardinale Bernard Law, accusato di aver «coperto» dei preti pedofili, lascia l’arcidiocesi di Boston.
Le cause legali intentate dalle vittime contro la diocesi sono 456
John Geoghan
L’ex prete di Boston John Geoghan viene processato per aver molestato 130 ragazzini in 30 anni. Condannato a 9 anni, nel 2003 viene assassinato in carcere da un ergastolano
Tarciso Spricigo
Nel 2005 un’inchiesta del settimanale «Istoè» denuncia una serie di casi di pedofilia nella chiesa brasiliana: dal diario del prete Tarciso Spricigo emergono i particolari delle violenze commesse
Marcial Degollado
Nel 2006 il sacerdote messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, viene riconosciuto dal Vaticano colpevole di pedofilia e invitato «a una vita di preghiera e penitenza»
Joseph John Henn
Monsignor Joseph John Henn è accusato negli Stati Uniti di aver violentato tre minorenni.
Quando nel 2006 dalla Cassazione arriva il sì alla sua estradizione, il religioso si dà alla latitanza
Oliver O’Grady
In «Sex crimes and the Vatican», documentario della Bbc del 2006, Oliver O’Grady racconta come adescava le sue vittime.
L’ex sacerdote irlandese è stato condannato nel ’93 a 14 anni di carcere


ROMA – ( m.a.c.) Alessandro Meluzzi, medico e politico italiano, è il portavoce della Comunità Incontro di don Pierino Gelmini.
«No, solo di Pierino Gelmini, perché per amore della verità e per l’impegno con i suoi ragazzi, Gelmini, accusato di molestie nei confronti di due adulti e non di pedofilia, ha chiesto "pro gratia", e ottenuto dal Papa, la riduzione allo stato laicale». Dice Meluzzi: «Sono assolutamente d’accordo con Ratzinger: un prete accusato di molestie deve essere giudicato dalla giustizia. Può sembrare una cosa ovvia, poiché il foro ecclesiastico è stato abolito dalla Rivoluzione francese e in Italia nel 1850 dalla legge Siccardi». Ma questo è esattamente – secondo Meluzzi’ quello che ha fatto Gelmini, «si è sottomesso alla legge, da buon cittadino italiano e da buon prete e penso che proprio dalla magistratura avrà giustizia, visto come stanno andando le cose».


In Inghilterra, Francia, Croazia e Irlanda sono quasi 150 i preti cattolici coinvolti in violenze

Tra spese legali e indennizzi il costo delle cause in Europa è stato di 7,8 milioni di euro


LA REPUBBLICA
MARCO POLITI
MARCO POLITI
DAL NOSTRO INVIATO
SYDNEY - I preti "traditori" vanno portati in tribunale. Non c´è posto per loro nella Chiesa. Sin dal suo atterraggio in Australia, c´era grande attesa per le parole del pontefice sugli abusi sessuali. E la risposta di Benedetto XVI è stata inequivocabile. Nessuna copertura per i colpevoli di crimini sessuali, massimo impegno dei vescovi per ricreare un ambiente ecclesiastico sano, in cui i minori siano veramente al sicuro.
Papa Ratzinger ha parlato nella cattedrale di St. Mary durante la messa solenne celebrata con vescovi e cardinali. «Desidero riconoscere - ha esclamato a metà omelia - la vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni sacerdoti o religiosi di questa Nazione». Poi, improvvisando, ha soggiunto: «Davvero, sono profondamente addolorato per il dolore e la sofferenza subita dalle vittime, e assicuro loro che come loro pastore anche io condivido la loro sofferenza». Questi misfatti, ha proseguito, costituiscono un «tradimento molto grave della fiducia e devono essere condannati in modo inequivocabile». Hanno causato grande dolore e hanno danneggiato la testimonianza della Chiesa, ha spiegato il pontefice. Perciò Benedetto XVI ha esortato a collaborare in ogni modo con i vescovi per «combattere questo male», culminando nella frase chiave del discorso: «Le vittime devono ricevere compassione e cura, e i responsabili di questi misfatti devono essere portati davanti alla giustizia».
 la prima volta che Ratzinger invita apertamente i vescovi a portare in giudizio i colpevoli, ed è lo sviluppo di un crescendo di prese di posizione papali. Andando in America ad aprile, Benedetto XVI aveva espresso per la prima volta la sua personale vergogna e aveva predicato la tolleranza zero. Da Sydney esige ora che i sacerdoti pedofili siano denunciati alla magistratura.
Ma il suo intervento non ha placato del tutto l´opinione pubblica. Non si fermano le critiche, perché finora non ha ricevuto nessuna delle vittime. Persino i fedelissimi Papaboys italiani fanno notare che il Vaticano sapeva da due anni che a Sydney ci sarebbero state manifestazioni di protesta. Ci sono stati «due anni di tempo - è detto in un comunicato - per cercare la verità e decidere di incontrare queste persone, che dicono di aver subito violenze da parte di religiosi».
La manifestazione antipapale, in realtà, è stata minima. Cinquecento persone - alcune travestite da papa - sono sfilate da Taylor Square, la strada dei locali gay, distribuendo preservativi e innalzando striscioni tipo «Pope go homo» (un gioco di parole a metà tra "Papa vattene" e "Papa, diventa gay"), «Celibato stupido», «Papa bigotto». A un angolo di strada un giovane cattolico australiano ha scavalcato urlando i cordoni della polizia, correndo a menare uno dei dimostranti. Riacciuffato dagli agenti, è stato poi rilasciato.
Colpisce l´opinione pubblica, invece, il rifiuto del pontefice (almeno finora) di incontrare, come negli Stati Uniti, chi ha subito gli abusi. «Scuse a distanza non hanno lo stesso peso di scuse personali e dirette», hanno notato con amarezza Anthony e Christine Foster, le cui due figlie furono ripetutamente stuprate da un prete durante l´infanzia. L´associazione Broken Rites sta cercando da giorni di ottenere per loro un´udienza dal pontefice. Ma nessuna delle autorità vaticane ha dato risposta.
L´incoraggiamento di Benedetto XVI a muoversi energicamente riguardo ai crimini sessuali del clero resta, tuttavia, di estrema importanza. Anche per l´Italia. Perché non si verifichino più le incredibili "lentezze" nell´appurare verità vergognose come è avvenuto nella diocesi di Firenze. O per non sentire parole surreali come quelle del vescovo in pensione mons. Maggiolini, che a un reporter dichiarò a suo tempo: «Non sono uno 007».
Ieri sera centinaia di migliaia di giovani si sono riuniti nell´Ippodromo di Sydney per la grande veglia prima della messa di chiusura delle Giornate Mondiali della Gioventù. Ancora una volta papa Ratzinger ha assaporato un suo trionfo nella marea di ovazioni e di fischi di consenso all´americana.
Rappresentanti di tutte le nazioni sono saliti sul palco con il pontefice, mentre una ragazza aborigena offriva da una sua fiaccola la fiamma per accendere le fiaccole degli altri. Migliaia e migliaia di candele punteggiavano l´Ippodromo. Benedetto XVI ha invitato i giovani a ripudiare la «follia» della mentalità consumistica e a non staccarsi dalla Chiesa. Lo Spirito Santo, ha affermato, è portatore di un amore totale, permanente, non volubile. Accogliendo la sua potenza, «anche voi potete trasformare le vostre famiglie, le comunità, le nazioni».



ORAZIO LA ROCCA
CITT DEL VATICANO - «Ha fatto benissimo Benedetto XVI ad intervenire con tanta decisione sullo scandalo della pedofilia. Su questo dramma sta continuando l´opera di pulizia già severamente avviata da Giovanni Paolo II».
Dalla Polonia, dove è arcivescovo della diocesi di Cracovia, il cardinale Stanislao Dziwicsz, per oltre 40 anni segretario personale di papa Wojtyla, si unisce al coro di consensi sul severo richiamo lanciato a Sydney dal pontefice sui preti pedofili: «Non posso che essere totalmente d´accordo e solidale con il richiamo del Santo Padre».
Cardinale Dziwicsz, chiedere pubblicamente l´intervento della giustizia ordinaria per i preti pedofili sembra essere una novità. così?
«Sono sempre d´accordo col Santo Padre. Questa volta gli sono ancora più vicino, anche se non ho ancora letto la sua prolusione per intero e, ovviamente, non posso dare un giudizio completo su tutto l´intervento fatto a Sydney, dove sta toccando tantissime tematiche che ci sollecitano e ci appassionano».
L´intervento sui preti pedofili è stato però il discorso più scomodo. Non crede?
« uno scandalo che non può lasciare indifferenti nessuno. Se il Papa ne ha parlato di nuovo ha fatto sicuramente bene, anche perché lui sa molto bene quello che fa e cosa deve dire. Lo ha sempre fatto e continua a farlo ora sul soglio di Pietro».
Sullo scandalo della pedofilia sembra che Ratzinger voglia continuare l´opera di pulizia iniziata da Wojtyla. Lo dimostra l´invocazione della giustizia civile per chi sbaglia.
«Sì, Benedetto XVI è completamente in sintonia ed in continuità con Giovanni Paolo II, col quale, non lo dimentichiamo, ha collaborato per circa 25 anni come prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede. Tra i due pontefici c´è una continuità, oserei dire, naturale, spontanea. Ma non solo sulla condanna delle pedofilia. Su tutto. questa la bellezza della Chiesa».


MARCO POLITI
DAL NOSTRO INVIATO
SYDNEY - «Le scuse non bastano, vogliamo fatti. Una cosa è quello che dice il Papa, un´altra è ciò che fa». Benedetto XVI aveva appena finito di parlare che Christina Mc Isaac, presidente di Broken Rites, ha diffuso per ogni dove la sua reazione negativa. Broken Rites, «Riti Spezzati», è l´organizzazione che si batte per le vittime australiane degli abusi sessuali commessi dal clero. «Le scuse non bastano - spiega a Repubblica il dottor Bernard Barrett, esponente dell´associazione - perché le vittime si aspettano che la Chiesa compia azioni concrete».
Perché criticate le parole del Papa?
«Non basta pronunciare parole di rincrescimento, il vero problema è rappresentato dalle manovre di insabbiamento che i vescovi hanno attuato per molti anni».
Che cosa chiedete?
«Anzitutto che i vescovi la smettano di intralciare il ricorso ai tribunali».
Le autorità ecclesiastiche affermano di aver iniziato a collaborare pienamente con la polizia e la magistratura.
«Sa cosa avviene nei tribunali? Succede che la Chiesa combatte furiosamente le vittime per evitare di pagare i giusti risarcimenti».
Barrett si occupa principalmente di ricerche e indagini, e la lista nominativa dei preti condannati che appare sul sito web di Broken Rites è anche frutto del suo lavoro. Ci sono genitori che consultano il sito per vedere se le scuole dove vanno i loro figli siano state o no macchiate da casi di pedofilia. I membri dell´organizzazione sono a loro volta vittime di abusi e svolgono il loro lavoro gratuitamente. Anche la presidente Chris Mc Isaac è stata una vittima.
Cos´altro chiedete come misure concrete?
«Lo abbiamo ribadito sul nostro sito stamane. La Chiesa deve creare un´istanza a cui ci si possa rivolgere ufficialmente. Deve garantire di agire come "parte modello" allo stesso modo del Commonwealth dell´Australia. Vanno aboliti i limiti di tempo per fare le denunce».
Qual è la situazione alla data odierna?
«Sono stati condannati in tribunale e incarcerati centosette sacerdoti e religiosi».
Quanti sono i casi di cui vi state occupando?
«Migliaia».
Quali sono le difficoltà in cui vi imbattete?
«Molti fedeli hanno ancora l´abitudine di rivolgersi alla Chiesa invece di andare subito dalla polizia».
E quando chiedono aiuto alle autorità ecclesiastiche?
«Trovano vescovi che hanno la tendenza a svicolare. Per troppo tempo la gerarchia ha coperto gli abusi del clero e questo è inaccettabile. Perché chi si rivolge alla Chiesa è una persona che ha avuto la vita rovinata».
Anche quando si arriva finalmente in tribunale, voi lamentate l´atteggiamento dell´istituzione ecclesiastica.
«Gli avvocati della Chiesa si battono affinché i risarcimenti equivalgano alla somma più piccola possibile. In questo modo la Chiesa si comporta come un´azienda, come una multinazionale e non come un´organizzazione etica e misericordiosa».
Comunque qui in Australia il pontefice ha incoraggiato esplicitamente il ricorsi ai tribunali. Non è un segno di svolta?
«Per ora rimangono parole».
(m. pol.)


LA STAMPA
MARCO TOSATTI
SYDNEY
La Giornata mondiale della Gioventù passa alla storia per l’anatema con cui Benedetto XVI rompe un tabù mandando in tribunale i sacerdoti pedofili. Condanna «inequivocabile» dei preti pedofili, che «devono essere portati davanti alla giustizia», «vergogna» per i loro «misfatti», «condivisione del dolore e della sofferenza delle vittime», che devono ricevere «compassione e cura». Dopo la condanna negli Usa, dove aveva confessato di provare «vergogna», papa Ratzinger ha aggiunto nella cattedrale di Sydney un elemento in più: che i colpevoli siano assicurati alla giustizia. Nel pieno dello scandalo che stava travolgendo la Chiesa degli Stati Uniti, Giovanni Paolo II aveva rafforzato nel 2002 il ruolo della Congregazione per la dottrina della fede, guidata dall’allora cardinale Ratzinger, nell’individuare e reprimere i casi di preti pedofili, al fine di cercare la verità e punire i colpevoli. Adesso quel cardinale, diventato papa, formalizza la richiesta alla Chiesa di collaborare con la giustizia. Un orientamento raccomandato dalla Santa Sede all’episcopato statunitense, che lo aveva faticosamente accolto. Nessuna reticenza né nella giustizia ecclesiastica né in quella civile è la linea scelta da Benedetto XVI contro quei preti che hanno fatto tanto male. In Australia, dove i casi sono numerosi, le associazioni di abusati hanno chiesto con insistenza che il Papa chiedesse scusa per le colpe dei preti pedofili, come fatto lo scorso aprile negli Usa.
Benedetto XVI ha ora scelto di pronunciarsi in una sede solenne, alla conferenza episcopale al completo. Dopo aver auspicato una «ri-dedicazione e rinnovamento» dell’intera Chiesa in Australia, ha proseguito: «Desidero qui fare una pausa per riconoscere la vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni sacerdoti o religiosi della nazione». A questo punto, integrando il testo del discorso scritto, il Pontefice ha aggiunto: «Sono profondamente addolorato per il dolore subito dalle vittime e assicuro loro che come loro pastore anche io condivido la loro sofferenza». Tali misfatti «costituiscono un così grave tradimento della fiducia e devono essere condannati in modo inequivocabile». Essi hanno causato dolore e danneggiato la testimonianza della Chiesa. «Chiedo a tutti voi di assistere i vostri vescovi e di collaborare con loro per combattere questo male - raccomanda il Papa -. Le vittime devono ricevere compassione e cura, e i responsabili devono essere giudicati». La priorità, secondo il Papa, è quella di promuovere un ambiente più sano per i giovani. Nei giorni scorsi sono arrivati a Sydney da Londra i genitori di due bambine stuprate da un sacerdote di Melbourne, padre O’Donnell, tra il 1988 e il 1993, e hanno chiesto che il Papa le ricevesse. La coppia accusa l’arcivescovo di Sydney, George Pell, di aver insabbiato l’inchiesta. «Si doveva favorire l’incontro - riconosce l’associazione ”Papaboys” -. Capiamo la rabbia delle famiglie. Abbiamo avuto due anni di tempo per cercare la verità e decidere di incontrare queste persone che dicono di aver subito violenze da parte di religiosi, oppure, se fossero tutte macchinazioni e non ci fosse verità, c’era tutto il tempo per denunciarlo, ed a voce forte»./

Il giro di vite di Benedetto XVI piomba come una mannaia sugli episcopati GIACOMO GALEAZZI
nazionali e in Vaticano dove la «tolleranza zero», finora,
L’esempio più clamoroso è la chiamata a Roma del personaggio-simbolo della valanga-pedofilia che ha mandato sul lastrico diocesi e comunità religiose. Nella bufera per i casi di pedofilia, infatti, il cardinale Bernard Law è passato dall’onta delle dimissioni da arcivescovo di Boston alla promozione ad arciprete di Santa Maria Maggiore a Roma, una delle quattro basiliche patriarcali. Tre anni fa ha persino ricevuto un ulteriore onore ed è stato designato ad essere uno dei porporati che hanno celebrato il funerale per Giovanni Paolo II. La decisione della Santa Sede di promuovere Law è stata accolta come «un affronto alla sensibilità della Chiesa americana» ed è anche stata stigmatizzata dal «New York Times», con tanto di sfogo del gesuita Keith Pecklers, docente all’Università Gregoriana a Roma: «Si riaprono ferite che avevano appena cominciato a rimarginarsi». Da allora non si sono mai placate le polemiche per la discutibile parabola del cardinale Law, che, arrivato in Vaticano dopo il fango piovutogli addosso in America, è stato accolto dalla Curia a braccia aperte. E oltre a un incarico di prestigio, gli è stata concessa una sontuosa residenza. Eppure l’ex arcivescovo di Boston porta sulle spalle un accusa gravissima e il peso di aver tollerato la presenza di preti pedofili nella sua diocesi.
Un «doppio registro», una consuetudine a coprire gli scandali cui pone fine adesso la linea dura di Benedetto XVI. Per lungo tempo, ai presuli venne ordinato di smussare, di tenere sotto traccia le voci, di nascondere gli abusi. Un documento «confidenziale» redatto negli anni Sessanta in Vaticano consigliava ai vescovi di tutto il mondo come comportarsi per limitare i danni e coprire gli abusi sessuali commessi dai religiosi. Il testo è una sorta di «vademecum» anti-scandali nel quale si indicano «le procedure da seguire in caso di crimini di istigazione», cioè quelli in cui un religioso tende «a sollecitare e provocare il penitente ad atti impuri ed osceni». In particolare, ci si preoccupa di evitare polveroni su «azioni nei confronti di giovani di ambo i sessi».
La Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles ha confermato l’autenticità del documento, che doveva «essere diligentemente conservato negli archivi segreti delle diocesi, rimanendo rigidamente riservato». Il sospetto è che le indicazioni siano servite a trasferire da una città all’altra, in segretezza, i religiosi incriminati. Con «pastorale prudenza» si raccomanda di mantenere la massima segretezza sulle accuse di abusi fornendo indicazioni su come «ammonire, correggere e, se il caso lo richiedesse, sospendere» i sacerdoti sotto accusa. La priorità è che tutti i prelati «devono gestire questi casi con la massima segretezza e vincolati al silenzio perpetuo». Secondo le associazioni dei familiari delle vittime, non è altro che la trascrizione di una prassi consolidata negli anni e la prova della «doppia morale» praticata dalla Chiesa «per coprire gli abusi sessuali e nascondere attività criminali».
Prima del «mea culpa» di Joseph Ratzinger già si erano levate nel mondo cattolico voci di pentimento. Il Centro studi teologici di Milano, per esempio, traccia da tempo un quadro preoccupante: «Preti confusi sessualmente, impreparati a gestire emozioni e sentimenti, senza capacità di sublimare affetti e pulsioni, immaturi affettivamente». La maggioranza dei preti, oggi più anziana, è «cresciuta in seminari o conventi costituiti da comunità esclusivamente maschili, fin dalla tenera età, con una assoluta negazione di relazioni affettive». E’ stato proprio Benedetto XVI, ricevendo i vescovi irlandesi in visita «ad limina» nell’ottobre del 2006 ad affermare che un crimine sessuale se commesso da un prete era ancora più grave proprio per le responsabilità che il sacerdote ha verso la comunità. Un ragionamento che capovolgeva la linea difensiva classica dei Sacri Palazzi: nel clero, spiegavano in Vaticano, ci sono peccatori, ma si tratta di numeri circoscritti e comunque altrettanti reati vengono commessi nelle altre categorie della società. Insomma da parte dell’opinione pubblica c’era accanimento ideologico. Il Papa stabiliva, invece, la grave e particolare responsabilità di chi vestiva l’abito talare. Ora ha compiuto un altro, storico passo.

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DAI GIORNALI DEL 21

Corriere della Sera 21/7/2008
DAL NOSTRO INVIATO
SYDNEY – E infine l’incontro con le vittime degli abusi sessuali c’è stato. Alle sette del mattino di Sydney (le 23 in Italia), poco prima di prendere l’aereo che lo avrebbe riportato in Vaticano, Benedetto XVI ha celebrato la sua ultima messa in terra australiana nella cappella della residenza, nella Cathedral House, alla presenza di un gruppo rappresentativo di vittime: due uomini e due donne. Al termine della celebrazione, i quattro hanno potuto parlare singolarmente con il Pontefice, che ha ascoltato le loro storie, li ha consolati e ha assicurato la sua assistenza spirituale, promettendo di continuare a pregare per loro e per le loro famiglie. A differenza degli Stati Uniti, dove il 17 aprile scorso aveva incontrato cinque vittime di abusi sessuali, qui c’è stato anche il momento della messa, come espressione della sollecitudine pastorale del Papa nei confronti di coloro che hanno subito quelli che il Pontefice aveva definito «misfatti».
Ieri, invece, alla messa conclusiva della Gmg nell’Ippodromo di Randwick, Joseph Ratzinger ha invitato i giovani a ribellarsi al «cieco conformismo» del nostro tempo, che sarebbe caratterizzato da un «deserto spirituale » sempre più vasto, per costruire un «mondo nuovo» che «accolga » la vita, dove l’amore sia «fedele» e i rapporti umani siano «senza veleno». Ai 200 mila che avevano passato la notte nell’ippodromo in mattinata si erano uniti altri 150 mila cattolici, sia adulti sia giovani, venuti da varie città dell’Australia, portando il totale delle presenze a 350 mila. Il risultato numerico è ottimo, se si tiene presente la lontananza dell’Australia e il fatto che i cattolici locali sono appena sei milioni. Favorevole il tempo, benché sia inverno: l’altro ieri notte nel campo dove dormivano i ragazzi, con sacchi a pelo e piccole tende, la temperatura non è scesa sotto i 9 gradi.
Il Papa ha retto bene alle fatiche di queste giornate ed è apparso meglio a suo agio con i ragazzi rispetto alla precedente Giornata, che si tenne a Colonia a quattro mesi dall’elezione. Questi raduni sono stati inventati da Giovanni Paolo e Benedetto se ne è fatto continuatore prima esitante e ora entusiasta. «La forza dello Spirito Santo non cessa mai di riempire di vita la Chiesa », ha detto nell’omelia, spiegando che lo Spirito è «l’amore di Dio per noi» e a tale amore «noi dobbiamo permettere di penetrare nella dura scorza del nostro cieco conformismo allo spirito del tempo». Un’altra indicazione riguarda i rapporti tra le persone: «Una nuova era in cui l’amore non sia avido ed egoista, ma puro, fedele e aperto agli altri, che promuova il loro bene e irradi gioia e bellezza. Una nuova era nella quale la speranza ci liberi dalla superficialità». Benedetto ha continuato a lungo con il suo linguaggio ispirato: «Il mondo ha bisogno di questo rinnovamento! In molte nostre società, accanto alla prosperità materiale, si sta allargando il deserto spirituale: un vuoto interiore, una paura indefinibile». Alla fine della celebrazione il Papa ha salutato i giovani «pellegrini» in varie lingue, iniziando dall’italiano, con un riferimento ai nostri immigrati che ha provocato un lungo applauso. Alla fine della celebrazione il Papa ha annunciato che la prossima Giornata si farà a Madrid.
L. Acc.