Gianfranco Quaglia, La Stampa 20/7/2008, 20 luglio 2008
Ho lasciato l’Arma per amore di Flora e meno male che c’è lui che ci aiuta, devo riconoscerlo, perché altrimenti non so come avremmo fatto»
Ho lasciato l’Arma per amore di Flora e meno male che c’è lui che ci aiuta, devo riconoscerlo, perché altrimenti non so come avremmo fatto». Il carabiniere che ha preferito congedarsi per «ragione di cuore», piuttosto che infrangere la regola dell’«uso obbedir tacendo» è il maresciallo capo Alessandro Scognamiglio di Verbania. «Lui» è l’ex marito di Flora D’Amato, al secolo Luciano Lutring. E basta declinare nome e cognome per vedere scorrere i titoli di cronaca, già passati alla storia: il «solista del mitra», il bandito che faceva tremare i cassieri delle banche quando estraeva dalla custodia l’arma, intimando «Fuori i soldi», il fuorilegge più noto in Italia negli Anni Cinquanta e Sessanta. Mai sparato a nessuno, ci tiene a dirlo oggi che ha cambiato vita e ha scelto il «buen retiro» di Massino Visconti, sulle alture del Lago Maggiore in provincia di Novara, dove dipinge, scrive le sue memorie e ogni tanto va in tv a rievocare il mondo della mala di ieri e prendere le distanze da quella di oggi, che non condivide né capisce. Una vita rocambolesca, la sua, anche negli affetti. Giocata tutta sul filo del rasoio, perché il rischio lo porta nel sangue. Ha compiuto i 70 e quando ne aveva 47, uscito dalle galere francesi (cinque anni e otto mesi nel braccio della morte) per doppia grazia ricevuta da Pompidou e Leone, se ne andò con Flora, che allora di anni ne aveva appena compiuti 17, guadagnandosi una denuncia per sottrazione di minore. Una fuga sulle colline liguri, in attesa del diciottesimo compleanno della ragazza, poi le nozze. Due figlie, Katiuscia e Natascia, oggi maggiorenni. Un matrimonio felice, poi l’incantesimo si è rotto. «E abbiamo divorziato pur rimanendo in ottimi rapporti» dice Lutring. Flora nel frattempo conosce Alessandro Scognamiglio, maresciallo dei carabinieri. Si innamorano, vanno a vivere insieme a Verbania, ma non è facile conciliare il «menage» matrimoniale con i doveri dell’Arma che pretende rigore e non guarda certo con benevolenza a quell’unione nata tra il sottufficiale stimato e l’ex consorte di Luciano Lutring. Il quale ha espiato, è stato graziato, ora è amato dalla gente tanto da essere premiato dal sindaco di Massino Visconti con «L’ombrellino d’oro», ambito riconoscimento assegnato a chi si è distinto per opere e benemerenze. Fino al punto da essere invitato a inaugurare l’apertura di nuovi sportelli bancari della zona, lui che le banche le assaltava. Tutto quello che si vuole, ma è difficile togliersi di dosso quella patente di «solista del mitra». Nel fascicolo personale qualcuno scrive che il rapporto con Flora «ha generato sfavorevoli commenti» e che quella donna è di «dubbia moralità». Tanto basta perché il maresciallo capo Scognamiglio venga trasferito a Borgo San Dalmazzo (nel Cuneese), oltre duecento chilometri dal Lago Maggiore: «Bei posti, ma troppo lontani - ricorda Alessandro - era impossibile. Flora, in attesa di un bambino, stava male. Più di una volta, tornando a casa, l’ho trovata svenuta sul pavimento. Aveva bisogno di essere assistita. Ho chiesto un avvicinamento, tutto inutile. Alla fine ho preferito congedarmi lasciando un mondo che ho tanto amato, ma ha vinto il buonsenso e soprattutto l’amore per Flora. Era l’unica soluzione possibile». Alessandro Scognamiglio oggi è un cittadino comune che vive con la moglie Flora e la figlia di due anni. «Non è stato facile, faccio il rappresentante di un’azienda chimica ma non sempre mi pagano. E devo ancora ricevere la liquidazione dall’Arma. Finora mi è arrivata soltanto la croce d’argento per anzianità di servizio, almeno quella. Flora lavorava in una ditta addetta alle pulizie, poco tempo fa è caduta ed ora è in malattia, non percepisce né indennità né assegni. Abbiamo avanzato richiesta di invalidità civile, ma nel frattempo è Luciano ad aiutarci in ogni modo. Un vero amico». L’ex solista del mitra scende quasi ogni giorno dalle alture di Massino Visconti, un balcone sul Lago, che dista una quindicina di chilometri da Verbania e si riunisce con quella che lui definisce «la mia famiglia allargata. Ogni tanto vado da loro, cucino, spesso sono loro a venire da me. Per la piccola Serena, nata dal loro matrimonio, io sono lo zio. Ma chi l’avrebbe detto che finissi la mia vita ad aiutare un carabiniere, io che per tanti anni sono stato inseguito proprio dai caramba? Ma sono felice. Siamo un po’ come i Cesaroni, quelli della Tv». Stampa Articolo