Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 20/7/2008, 20 luglio 2008
RYE BROOK
(Stati Uniti)
Secondo Aristotele i contratti a opzione, in cui si acquista oggi il diritto di poter acquistare («call») o vendere («put») domani un certo bene a un certo prezzo, erano già usati nell´antica Grecia. Non sono però diventati popolari fino in tempi recenti, a causa della difficoltà di determinare il prezzo da pagare nel presente per un´opzione futura.
La situazione è cambiata drasticamente nel 1973, con la pubblicazione da parte di Fischer Black e Myron Scholes della celeberrima «Formula di Black e Scholes», che ha risolto il problema e viene da allora usata regolarmente in tutti i mercati finanziari. La formula è poi stata generalizzata in vari modi da Robert Merton, che per questo ha condiviso nel 1997 il premio Nobel per l´economia con Scholes (Black era invece prematuramente morto nel 1995).Per Scholes e Merton fu il coronamento non soltanto del successo intellettuale, ma anche di quello economico: insieme all´agente di borsa John Meriwether essi avevano infatti fondato nel 1994 la LTCM, Long Term Capital Management (Gestione di capitali a lungo termine), racimolando con la loro fama miliardi di dollari da investire per conto terzi e arrivando a produrre profitti astronomici, ma anche ad esporsi per più di un trilione di dollari.
Con la crisi economica iniziata nel 1997 in Thailandia e culminata nel 1998 in Russia, la LTCM incominciò però a perdere denaro al ritmo di centinaia di milioni di dollari al giorno e fallì in qualche mese, minacciando di trascinare con sé il mercato finanziario mondiale. Fu necessario un intervento governativo della Federal Reserve dell´ordine dei tre miliardi e mezzo di dollari, che costò caro a molti (ad esempio, alla Banca d´Italia, che perse 200 milioni di dollari in fondi pensionistici).
Sull´ascesa e la caduta di Scholes sono stati scritti libri come Anche i Nobel perdono di Nicholas Dunbar (Egea, 2003) e prodotti documentari come La scommessa da un trilione di dollari della Pbs, o La formula di Mida della Bbc. Noi siamo andati a sentire la sua storia nel suo ufficio di Rye Brook, vicino a New York.
Dove stava il problema, per quanto riguarda le opzioni?
«Nel fatto che non si riusciva a calcolarne il valore senza fare assunzioni arbitrarie. Black e io invece trovammo un´equazione per trovare il valore previsto dell´opzione: un´equazione che in seguito scoprimmo essere come quella per il trasferimento del calore. Ma non riuscimmo subito a risolverla, e la cosa ci richiese molto tempo».
vero che aveste problemi a pubblicare il vostro lavoro?
«Sì, per un paio d´anni. Black ed io lo facemmo nel 1970, ma sia il Journal of Political Economy che la Review of Economics and Statistics lo rifiutarono, perché era "troppo ristretto e senza applicazioni economiche". I recensori pensarono che doveva esserci qualcosa di sbagliato, in una formula che risolveva cosí precisamente un problema tanto complicato: era una cosa troppo nuova, e troppo diversa da tutto ciò che era stato tentato fino ad allora».
Un cambiamento di paradigma?
«Sì, ma un cambiamento che agli inizi fu rifiutato! Fummo percepiti come dei giovani turchi, che non avevano niente da perdere e volevano distruggere lo status quo: eravamo come intrusi che cercavano di penetrare nel sistema, e la vecchia guardia si difese dicendo che erano tutte cose senza senso».
Dopo un po´, invece, la vostra formula fu addirittura inserita nei calcolatori tascabili.
«E non solo non ci diedero dei diritti, perché la formula era di pubblico dominio, ma la Texas Instruments non ci regalò neppure un calcolatore: mi dissero di comprarmelo, se ne volevo uno».
Perché non avevate brevettato la formula?
«All´epoca non si poteva».
Oggi si potrebbe, invece?
«Credo di sì, visto che ormai si sono brevettate le cose più strane».
Potevate non pubblicarla, però, e usarla per conto vostro.
«Se uno sa che c´è una formula del genere, e lo sa perché l´ha trovata, sa anche che qualcun altro può trovarla: alla fine qualcuno la pubblicherà, e chi non l´ha fatto rimarrà a bocca asciutta. Dopo il nostro articolo, c´è stato chi ha effettivamente detto che la nostra formula la conosceva già: ma peggio per lui se non l´aveva pubblicata, appunto».
A proposito di applicazioni, ha voglia di parlare della LTCM?
«La sua richiesta mi fa venire in mente la storia, pubblicata nei giornali locali, di una tale che nel 1944 era stata falsamente accusata di aver assassinato il marito con un´ascia: recentemente ha fatto una festa per alcuni amici, e nonostante fossero passati sessant´anni, si è ancora parlato di quell´evento. Io avevo deciso che non avrei risposto a domande sul crac della LTCM prima di cinque anni, ma ormai sono passati: dunque, dica pure».
Sarebbe lei, a dover dire!
«Allora dico, anzitutto, che il fallimento della LTCM non ha niente a che vedere non solo con la formula di Black e Scholes, ma nemmeno con le opzioni! E se anche fosse, le domando: se qualcuno si schianta guidando una macchina da corsa, una Ferrari ad esempio, questo significa che l´auto non è buona?»
Nemmeno se a guidarla è il signor Ferrari?
«Nemmeno, perché lui non era appunto un pilota. Comunque sia, non ero io che guidavo la LTCM: erano Meriwether e il suo gruppo».
Lei era solo un consulente?
«No, ero direttamente coinvolto. Ma l´organizzazione era strutturata in maniera tale che la gente non stava a sentire, o non voleva stare a sentire, perché intendeva fare le cose a modo suo. E visto che non stavano a sentire, sia io che Merton ci defilammo sempre più: soprattutto quando, dopo il premio Nobel, incominciammo a girare il mondo per fare conferenze ovunque».
Pensa che vi avrebbero dato il premio ugualmente, se il crac fosse successo un anno prima?
«Questo non lo so, perché ci sarebbero stati effetti psicologici. Ma il testamento di Nobel parla del valore applicativo delle scoperte o invenzioni da premiare, e la nostra teoria ha stimolato un numero enorme di lavori e di applicazioni, e continua ad essere usata in maniera incredibile anche oggi».
Nella sua lezione Nobel lei citò Un canto di Natale di Dickens, dicendo che non voleva però suggerire, come Mr. Scrooge, che «il passato brilla di speranze e innocenza, il presente è buio e pieno di cattivi presentimenti, e il futuro si presenta tetro». Non è stato proprio così, invece?
«Certamente allora non avevo cattivi presentimenti, e comunque vorrei dire chiaramente una cosa: l´episodio della LTCM è stato soltanto un intoppo nella mia carriera, in seguito ho continuato a fare ricerca e affari con successo. Nella vita ci sono sempre cose che funzionano meglio e altre peggio, o cose che funzionano e altre no».
Non le sembra di sminuire un po´ troppo, però, le enormi proporzioni di quell´episodio?
«Ma non ero io il responsabile! E non ho problemi a dire che molte delle cose fatte da chi prendeva le decisioni erano sbagliate, sia in teoria che in pratica».