Ettore Livini, la Repubblica 20/7/2008, 20 luglio 2008
LONDRA
Heinrich Z., 41 anni, svizzero dei Grigioni, è l´incubo degli italiani alla pompa del distributore e lo spettro che turba i sonni sempre più agitati di Ben Bernanke, il presidente della Fed, e di George Bush. Lui è una persona tranquilla («mi creda, con il lavoro che faccio è necessario»). Sul biglietto da visita - oltre al suo nome e a quello della banca d´affari dove lavora a Londra («le parlo volentieri, ma la prego di tenerli riservati, deve capirmi...») - c´è anche la sua professione: Commodity Trading Desk. Tradotto: team operativo sui mercati delle materie prime. Fino a qualche anno fa una sorta di noiosa Caienna dove le merchant bank anglossassoni confinavano i loro trader meno talentuosi. Da qualche mese a questa parte invece, a dar retta ai critici, una specie di Tortuga popolata di pericolosissimi pirati in cravatta. Una Spectre telematica dove speculatori con tanto pelo sullo stomaco giocano sui future del petrolio (e sulla pelle della gente) spingendo il barile verso i 200 dollari e il mondo verso il baratro.heinrich, nel suo piccolo, è alla guida di un centinaio di questi filibustieri finanziari del terzo millennio. Se Giulio Tremonti ha ragione - «la speculazione è la peste di questo secolo» sostiene il ministro al Tesoro - lui è l´untore. Uno (tra l´altro uno dei più importanti) delle migliaia di anonimi operatori che ogni giorno si scambiano sul mercato dei derivati milioni di barili di petrolio immaginari. Scommettendo - al rialzo o al ribasso, vale in tutte le direzioni - sul futuro del prezzo dell´oro nero e dando un contributo fondamentale, dicono in molti, a gonfiare i prezzi del greggio e a far correre l´inflazione in tutto il globo.
Un identikit che non va giù ad Heinrich: «I pirati lasciamoli ai Caraibi. Qui a Londra in ufficio con me c´è solo gente perbene, normale. Certo, oggi qui lavorano cento persone contro le cinquanta di un anno fa. E ogni giorno compriamo e vendiamo nella nostra sala trading circa trenta milioni di barili virtuali. Ma questo è il mercato. Noi portiamo liquidità, stabilizziamo i prezzi, smorziamo i picchi. Altro che speculatori. Se il pieno degli italiani costa 80 euro e se Wall Street va a catafascio la colpa non è nostra. la legge della domanda e dell´offerta. Il mondo consuma sempre più petrolio e sottoterra se ne trova sempre meno. Tutto qui».
Un´autoassoluzione che pecca un po´ di modestia. I numeri raccontano una storia più complessa: dai pozzi mondiali si estraggono ogni giorno 86 milioni di barili di greggio (con una domanda pericolosamente vicina agli 84). Sul mercato dei future, invece, passano di mano ogni ventiquattr´ore contratti per un miliardo di barili. Petrolio di carta. Una marea nera che allaga i circuiti telematici della finanza mondiale ma che non esiste nei giacimenti dell´Opec. Buona solo, come ormai ha teorizzato anche il Congresso Usa, a drogare artificiosamente il prezzo della materia prima e le bollette dei consumatori. «Questa è una leggenda metropolitana», risponde Heinrich. «Vuole la prova? Le scorse settimane le posizioni "lunghe" al Nymex di New York, quelle che puntano sul rialzo del greggio tanto care ai presunti speculatori, erano ai minimi da dieci mesi. Eppure il mercato ha continuato a bruciare record un giorno dopo l´altro».
I pirati in cravatta, insomma, si chiamano fuori. Il copione del caro-greggio però ha tante somiglianze con l´imbroglio maledetto dei subprime, quelle strane alchimie per cui la finanza inventa prodotti sempre più sofisticati e lontani dalla realtà in grado (nascono per questo) di garantire alle banche commissioni sempre più grasse. Bombe ad orologeria che finiscono per scoppiare - basta leggere le cronache di questi giorni - nei portafogli degli investitori o delle banche travolgendo in un perverso effetto domino le Borse e le economie di interi Paesi. «Anche questa è una lettura fuorviante», si arrabbia Heinrich dal quartiere generale della sua banca. «Noi non giochiamo alla roulette. Abbiamo modelli economici precisi, algoritmi sofisticati che guidano i nostri investimenti partendo dalla realtà, non dal nulla! E poi la gran parte delle operazioni sui future sono solo "polizze", ordini dei nostri clienti che si assicurano bloccando il prezzo di acquisti reali che dovranno fare più avanti. Se la prendono con noi perché siamo l´anello più debole della catena...».
A Washington non la pensano così. Nei mesi scorsi Capitol Hill ha avviato un´ampia indagine per capire la ragione dei rialzi del petrolio. E il risultato è impressionante: nel 2000 la quota di mercato dei derivati del greggio in mano a operatori finanziari (gente che opera quindi quasi solo in modo virtuale) era pari al 37 per cento. Oggi questa percentuale è salita al 71. Il peso della speculazione secondo un decano di Wall Street, Fadel Gehit di Oppenheimer, ascoltato dal Congresso, «è oggi stimabile in 50 dollari sui 140 del greggio». E anche in questo caso attorno ad Heinrich e ai vari commodity trading desk c´è puzza di bruciato. La partita di giro è semplice - è la teoria del Parlamento Usa -: gli hedge fund, i fondi sovrani e gli speculatori hanno perso miliardi in Borsa per la bufera dei subprime. E per rifarsi, forti della loro massa d´urto, sono entrati in forze sul mercato delle materie prime spingendo artificiosamente in alto i prezzi non solo del petrolio ma anche dell´oro, del frumento, dello zolfo e dell´alluminio. E finché speculi e perdi sulla finanza, per dirla con Tremonti, «sono affari tuoi», ma se per speculare fai volare il prezzo della benzina, del pane e della pasta «a pagare il conto è tutto il mondo».
«Il boom degli scambi è inevitabile», si difende Heinrich. «Lo ripeto. Noi con il caro-greggio non c´entriamo. Se vuole glielo dico anche in tedesco. A me non va di passare come l´uomo che toglie il cibo di bocca ai Paesi più poveri. Le teorie di trame organizzate sui future sono roba da fanta-finanza». E allora da dove arrivano questi volumi impressionanti sul mercato? «Semplice. Sarò crudo. Lo speculatore non sono io. Magari è lei. Magari sua moglie, o i suoi fratelli...». Difficile a dire il vero, ad occhio e croce, siamo tutti indebitati... «Ma è così. Una volta questo mercato era un clan esclusivo, riservato ai professionisti. Oggi la volatilità del petrolio ha attirato tanti nuovi attori. Ci sono tanti ordini che arrivano pure dal Golfo, proprio dagli stessi Paesi che sul caro-petrolio hanno costruito la loro fortuna. Ci sono i fondi pensione, molti privati mettono soldi negli indici che riproducono il grafico del greggio o di altre materie prime. Roba che chiunque può acquistare in banca e dove ormai sono investiti oltre duecento miliardi di dollari».
Il problema, dicono i critici, è che per comprare un future sul petrolio non bisogna pagare l´intero importo per l´eventuale acquisto reale (peraltro quasi impossibile, l´unico porto Usa disponibile per consegne fisiche è quello di Cushing in Oklahoma con una capacità di venti milioni di barili, 40 volte in meno degli scambi giornalieri a New York). Il deposito in contanti per acquistare il barile di carta è pari solo al 5 per cento del valore totale. Con cifre irrisorie, insomma, si possono comprare intere petroliere - fantasma, va da sé - grondanti greggio. E i contraenti del future, in genere, compensano al saldo solo la differenza tra il prezzo previsto dal derivato e quello reale. Senza che una goccia d´oro nero passi di mano.
Non a caso il primo giro di vite anti-speculazione in arrivo dal Congresso Usa (a parte alcuni limiti al trading) dovrebbe essere una norma che alza il costo della speculazione. Ipotesi cui stanno lavorando anche la politica e i mercati del Vecchio Continente. «Cosa crede che cambi? Poco o niente», minimizza Heinrich. «Su questi mercati operano persone con le spalle grosse. E non è certo portando i margini anche al 50 per cento che si calmiererà il mercato».
Tra l´incudine della speculazione e il martello della carenza di greggio, però, alla fine a rimanere fregati sono i consumatori. Pagano di più la benzina, vedono salire l´inflazione e i tassi d´interesse dei loro mutui. Ma dove si fermerà davvero la corsa del petrolio? « una domanda da un miliardo di dollari», conclude Heinrich. «Le ripeto che i nostri clienti, gente che di oro nero ne capisce qualcosa, pensano che non si possa scendere molto dai livelli attuali. Comunque non sono un astrologo e non voglio sbilanciarmi. difficile, con un mondo come quello di oggi, leggere il futuro». In teoria, a voler essere sinceri, lo pagano fior di quattrini per fare proprio questo. «Il mio stipendio? Cosa c´entra? alto, ma alla mia banca ho fatto guadagnare una valanga di soldi. Il bonus 2007? Non lo confesso nemmeno sotto tortura. L´unica cosa che posso dirle è che è a sei cifre (in sterline, ndr)». Capire il futuro del petrolio sarà forse difficile, ma giocare sui suoi future - se si è dalla parte giusta della barricata - rende di sicuro molto bene.