Luciano Nigro, la Repubblica 20/7/2008, 20 luglio 2008
LUCIANO NIGRO
DAL NOSTRO INVIATO
CHIANCIANO - «Alè, abbiamo vinto un´altra volta. Ne dubitavate?». Alfonso Pecoraro Scanio si materializza come un fantasma sul palco alle 21,20 quando ancora la presidenza non ha proclamato Grazia Francescato nuova coordinatrice dei Verdi. Urla, fischi, applausi, insulti. Una bolgia. «Mafioso, buffone!», gridano gli sconfitti. «Pecora, vattene, vergogna». Ma la maggioranza è con lui: «Al-fon-so, Al-fon-so», gridano come allo stadio, travolgendolo di abbracci. Se ne era stato lontano dall´assemblea infuocata di Chianciano per non indebolire la sua candidata offrendo un facile bersaglio agli oppositori, quelli lo accusano di aver provocato il «suicidio politico del partito degli ecologisti». Ricompare, il convitato di pietra, mentre il Sole che Ride affida a Francescato il tentativo di indicare una strada ai sopravvissuti al diluvio del 13-14 aprile, da ieri spaccati in tre parti contrapposte. A lei, 61anni portati benissimo, "ecologista da 38", lunga storia nel Wwf, già alla guida del partito dal ´99 al 2001 quando traghettò i Verdi da Luigi Manconi alle mani di Pecoraro Scanio, il vecchio gruppo dirigente consegna "per un anno" la missione di non scomparire.
«Siamo stati spazzati via dal Parlamento dopo 20 anni – scandisce la neo coordinatrice promettendo che governerà per tutto il partito – ora dobbiamo dimostrare che non siamo stati spazzati via dalla storia». E mentre sta per essere incoronata arriva ad abbracciarla Pecoraro Scanio, padre padrone dei Verdi per 7 anni, fragorosamente caduto con le elezioni politiche che hanno cancellato la sinistra Arcobaleno e con loro i Verdi dal Parlamento. E´ stato lui l´unico vero oggetto di dibattito in tre giorni di scontro tra continuisti e rinnovatori. I fedeli dell´ex presidente, forti di una maggioranza di partenza del 55% schierati con Francescato e le opposizioni divise in cinque mozioni che fino alla fine hanno tentato di presentare un candidato alternativo. Anche gli oppositori, però, si sono divisi in due tronconi. Una parte con Marco Boato che accusa la vecchia guardia di aver deragliato dallo spirito ecologista originario e di aver trasformato i Verdi in un partito di «estrema sinistra, centralista, autoritario, fondato sulla compravendita delle tessere». Un´altra con il toscano Fabio Roggiolani, per niente pentito dell´esperienza dell´Arcobaleno, che avrebbe voluto lanciare Monica Frassoni, co-presidente dei Verdi europei con Cohn-Bendit, l´unica che avrebbe potuto sparigliare una partita altrimenti scontata. Risultato? «Un´assemblea sfilacciata e triste – sospira Frassoni - non all´altezza della sconfitta». Un congresso, aggiunge Anna Donati, battagliera ex presidente della commissione Lavori pubblici, «nella nebbia, senza una rotta, né un proposta su come affrontare un anno cruciale, quello che ci porterà alle Europee dove la politica delle alleanze sarà decisiva e non un dettaglio».
Francescato si tiene le mai libere. «Non è questo il momento delle alleanze» dice. E mette in campo un poker di colonnelli della vecchia guardia: Angelo Bonelli, Paolo Cento, Paola Balducci e Daniele Guerra. Quando li annuncia, il congresso scoppia in un sonoro "buh buh". Come fischiare Pecoraro, ma qui Francescato, accusata di essere ostaggio di una parte, ha sussulto: «Basta con gli insulti ad Alfonso – scandisce – gli attacchi si fanno quando uno comanda, non aspetti che uno sia a terra per sputargli addosso». Due terzi dei delegati in piedi battono le mani. E´ qui, in fondo, che Grazia ha vinto il congresso con il 60% dei voti. A Boato appena il 22%, a Roggiolani il 13%. Gli altri alla finestra.