Massimo Gaggi, Corriere della Sera 19/7/2008, 19 luglio 2008
NEW YORK
Invecchiata (l’ anno prossimo compie cinquant’anni) in crisi di vendite da quando, nel 2001, sono arrivate le Bratz – bambole più moderne, modaiole, multietniche – la Barbie si è presa ieri la sua rivincita: un tribunale di Los Angeles ha stabilito che le sue concorrenti sono delle «abusive». Carter Bryant, il loro creatore, le ha disegnate quando lavorava per la Mattel, il produttore delle Barbie, e poi ha venduto i prototipi alla Mga. Non poteva: in base al suo contratto tutti i risultati lavoro intellettuale eseguito in quel periodo erano di proprietà della compagnia che lo stipendiava.
Vittoria vera per la Mattel che ora potrà chiedere i danni alla Mga, la società californiana che oggi produce le Bratz. In teoria il gigante americano dei giocattoli potrebbe anche chiedere il ritiro delle bambole del concorrente dal mercato o il diritto di produrre una sua linea di Bratz da affiancare alle stagionatissime Barbie. In pratica la sentenza dell’altra sera fissa solo un principio. Ci vorrà un altro processo che inizierà mercoledì prossimo per definire l’ammontare del danno subito dalla Mattel e decidere come sanarlo.
Secondo gli esperti è probabile che tutto si risolva con un maxi-indennizzo. Un risultato gradito agli investitori – ieri, in Borsa, la Mattel ha guadagnato il 13 per cento – ma che ha il sapore di una vittoria «a tavolino ». Le Bratz, coi loro corpi snelli, le labbra sensuali, gli occhi enormi, il trucco pesante, i mille accessori e i capi alla moda, hanno ormai soppiantato nel cuore delle ragazzine le altissime, biondissime e bianchissime Barbie.
Dal 2001, quando la nuova linea è arrivata sul mercato, le bambole che per mezzo secolo hanno riempito le nostre case hanno cominciato a perdere quote di mercato. Nel 2003 la Mattel provò a contrastare le Bratz con Flavas, una nuova bambola «urban chic». Non funzionò e pochi mesi dopo, ritirato il prodotto dagli scaffali dei negozi, il gigante americano decise di spingere l’acceleratore nella causa contro l’ex dipendente Carter Bryant.
Chi immagina che quello dei giocattoli sia una specie di mondo incantato si ricrederà leggendo dello scontro durissimo, senza esclusione di colpi, che ha portato alla sentenza dell’altra sera: all’inizio Carter Bryant ha sostenuto di aver disegnato le prime Bratz nell’estate del 1998, durante un periodo di aspettativa. Ma, con una sofisticata analisi chimica della carta sulla quale sono stati tracciati i primi schizzi, la Mattel è riuscita a inchiodarlo, dimostrando che quel lavoro era stato eseguito nel 1999, nei suoi uffici.
Braccato, seguito ovunque dagli investigatori privati che spiavano anche i suoi figli, Bryant alla fine ha mollato: prima della sentenza contro la Mga ha sottoscritto un accordo separato con Mattel. Ed ha addirittura raccontato di aver usato pezzi delle Barbie per costruire i primi prototipi delle Bratz.
Ma a suo tempo la cosa non gli impedì di andare tranquillamente a proporre le sue bambole-Frankenstein a Isaac Larian, l’imprenditore di origine iraniana capo della Mga che a quel tempo era un’ azienda abbastanza piccola. Larian ha raccontato che, quando vide i prototipi, non fu affatto colpito. Cambiò idea quando sua figlia, capitata per caso in ufficio, si avventò, entusiasta, sulla nuova bambola. Cominciò così la marcia trionfale delle Bratz. Rigida, sempre uguale a sé stessa, seriosa e impegnata professionalmente (viene venduta con costumi di tutti i tipi, dalla manager, all’infermiera, all’astronauta), la Barbie ha dovuto cedere sempre più spazio alle colleghe più giovani, spensierate, truccate, superaccessoriate: regine dello shopping senza alcuna vocazione professionale.
Ragazzine viziate che a Isaac Larian non piacevano, ma che sono state per lui una vera miniera d’oro. Fino a ieri.
Massimo Gaggi La Bratz
Moderna e provocante: è la Bratz nata dalla matita di Bryant La Barbie
Una Barbie classica: tailleur anni Sessanta e capelli cotonati