Anna Zafesova, La Stampa 17/7/2008, 17 luglio 2008
Non c’è più speranza per nessuna Anastasia passata, presente o futura: dopo 90 anni, uno dei gialli più torbidi della storia russa, quello sulla morte dell’ultimo zar, sembra trovare definitivamente una soluzione
Non c’è più speranza per nessuna Anastasia passata, presente o futura: dopo 90 anni, uno dei gialli più torbidi della storia russa, quello sulla morte dell’ultimo zar, sembra trovare definitivamente una soluzione. Proprio mentre la Chiesa ortodossa celebra il 90° anniversario della fucilazione dei suoi santi del Duemila, la famiglia Romanov, la procura ha annunciato di aver quasi completato l’identificazione degli ultimi due corpi ritrovati nella foresta di Ekaterinburg un anno fa. Sono la gran principessa Maria e l’erede al trono, lo zarevich Alexey. I lavori sui resti non sono stati ancora completati, ci vorranno ancora mesi di test, soprattutto analisi del Dna, ma il magistrato Vladimir Soloviov, che da anni porta avanti questo «cold case» di un’indagine a ritroso nel tempo, si fida delle conclusioni dei suoi esperti: «Abbiamo prove inconfutabili». Gli scheletri di Nicola II, della zarina Alexandra, delle loro tre figlie e dei servitori che hanno diviso con loro la morte, la notte del 18 luglio 1918, fucilati dai bolscevichi a Ekaterinburg, sono stati ritrovati nel 1991, seguendo la testimonianza lasciata nel memoriale scritto dal capo della squadra dei boia, Felix Yurovsky. Ma mancavano all’appello la quarta principessa, Maria, e l’adolescente erede al trono. Questa, secondo alcuni, era la prova che i resti - identificati con l’aiuto di laboratori internazionali e sepolti nella cripta degli zar nella fortezza di San Pietro e Paolo a Pietroburgo - fossero sbagliati. Un anno fa, sempre in curiosa coincidenza con le celebrazioni per l’anniversario della morte, il ritrovamento di altri due scheletri poco distante: ossa appartenute a due adolescenti, con segni di acido e di bruciature, e pallottole dello stesso calibro di quelle usate dalla squadra di Yurovsky e scoperte negli altri corpi. Tutto corrispondeva alla descrizione di quella notte di sangue, inclusi i tentativi dei bolscevichi di sbarazzarsi dei corpi con il fuoco e l’acido. Ora, conclusa la prima fase dell’analisi antropologica, il centro di medicina forense nazionale russo non ha dubbi: « impossibile pensare a una coincidenza o a una falsificazione», ha dichiarato uno degli esperti al quotidiano Gazeta. Anche il confronto del Dna tra i due scheletri ritrovati un anno fa e quello degli altri corpi ha confermato: gli adolescenti uccisi e sepolti sul ciglio della strada nella foresta sono figli dei due adulti scoperti 16 anni prima nella fossa accanto. Resta un ultimo raffronto, quello con il Dna di discendenti viventi dei Romanov, come il principe Andrey, nipote della sorella di Nicola II, che ha già dato il suo assenso. Anche nelle identificazioni precedenti erano stati usati campioni di sangue di parenti dei Romanov, tra cui membri della famiglia reale britannica, e gli esperti non ebbero dubbi a rilevare una coincidenza del 99,99%. Ma qualcuno i dubbi continua ad averli, e tra questi la Chiesa ortodossa russa, che ieri per bocca del padre Vladimir Vighilyansky ha comunicato di non poter riconoscere i resti - che, in quanto i Romanov sono stati proclamati santi nel 2000, dovrebbero essere reliquie da venerare - fino a che «negli ambienti scientifici resteranno delle divergenze». Il Patriarcato ha sempre contestato l’autenticità dei resti, probabilmente per accontentare le correnti più reazionarie in seno agli ortodossi: qualche anno fa i religiosi inoltrarono ufficialmente un’interrogazione a Soloviov chiedendo se sui corpi erano stati rinvenuti segni di un «omicidio rituale». La leggenda che i Romanov siano stati vittime di un non meglio precisato rituale ebraico (Yurovsky era di origine ebrea) continuano ad alimentare gli ambienti nazionalisti della Chiesa, e l’ovvia assenza di qualsiasi prova in questo senso non ha fatto che confermare i «sospetti» che i corpi non fossero quelli giusti. La situazione si è spinta a un punto di assurdità quando i Romanov sono stati sepolti con una liturgia durante la quale il sacerdote non ha mai pronunciato i loro nomi. Ora questo dibattito ritorna, e il procuratore Soloviov reagisce con la violenza dell’esasperazione: «Adesso diranno di nuovo che si tratta di un complotto giudaico-massonico e che io sono il massone capo», ha sbottato ieri. Aggiungendo di non aver mai visto pareri scientifici opposti: «Gli esperti citati dal Patriarcato sono molto vicini alla Chiesa, ma non ho mai visto una perizia firmata da loro, né li ho mai incontrati durante i test. Ma so che sono andati dal patriarca Alexii II a dirgli che i nostri test sono ”scemenze”. Non capisco perché lo fanno». Comunque per convincere gli oscurantisti Soloviov vuole tentare un ultimo test, raffrontando il Dna del cadavere trovato a Ekaterinburg con l’unico campione esistente di sangue dell’ultimo zar: da giovane, durante un viaggio in Giappone, venne aggredito da un samurai impazzito, e i giapponesi conservano ancora la camicia con le macchie di sangue. Una prova che dovrebbe mettere a tacere tutti. Stampa Articolo