LiberoMercato 17 luglio 2008, MARCO NICOLAI, 17 luglio 2008
Guardiamo la sorella francese. LiberoMercato 17 luglio 2008 Il dibattito sulla Cassa Depositi e Prestiti ha preso vigore a fronte della recente ipotesi di una riorganizzazione volta a varare la ”Banca dei Comuni”, la farfalla che doveva nascere dalla crisalide che la storia ci ha consegnato
Guardiamo la sorella francese. LiberoMercato 17 luglio 2008 Il dibattito sulla Cassa Depositi e Prestiti ha preso vigore a fronte della recente ipotesi di una riorganizzazione volta a varare la ”Banca dei Comuni”, la farfalla che doveva nascere dalla crisalide che la storia ci ha consegnato. Premetto che non ho visionato questo progetto, privilegio che penso sia stato riservato a pochi, dato che molti addetti ai lavori ed anche parte dell’azionariato non mi risulta ne abbia mai preso visione. Sembrava, comunque, risolto il dilemma sulla vocazione della Cassa, in balia dell’incapacità dei nostri governi di operare una scelta decisa a causa dell’ondeggiare, a volte statalista a volte liberista, degli stessi o delle alleanze trasversali che nel tempo si sono strette. Ma, mi domando se questo stesso progetto, che mediaticamente ha acquisito il consenso dei Comuni (sperando che almeno loro abbiano potuto prenderne visione!) sia veramente risolutivo per la Cassa. Non fosse altro per il rispetto che si deve ai più anziani, la Cassa avrebbe meritato un dibattito più pervasivo sui propri destini. La Cassa Depositi e Prestiti nasce, infatti, prima dell’Unità d’Italia nel 1850 a Torino, allora capitale del Regno di Sardegna, ed è l’istituzione più vecchia del nostro Paese, più vecchia della SIP del 1918 - operativa prima nel settore elettrico poi in quello telefonico e antesignana della Telecom, della RAI, che ha trasmesso per la prima volta nel 1924, dell’ENEL, istituita dal Governo Fanfani nel 1962, dell’IRI, alla cui costituzione partecipò nel 1933 e della Banca d’Italia. La Cassa ha accompagnato la vita del nostro Paese: ha attraversato due guerre e, al servizio del regime del ventennio o dei governi che si sono succeduti in più di un secolo di storia, ha sempre garantito la provvista allo Stato centrale e alle amminitrazioni periferiche. E va ricordato che molte riforme ne hanno più volte ridisegnato i confini e la mission, ma senza mai farne l’equivalente delle cugine d’oltralpe, quali la Caisse des Dépôts et Consignations (CDC) francese, nata all’inizio nel XIX secolo (1816) al fine di riorganizzare il sistema finanziario scosso dalle guerre napoleoniche o la tedesca Kreditanstalt für Wiederaufbau(KfW), nata con la gestione del piano Marshall (1948) per la ricostruzione della Germania post-bellica. Non entro nel merito delle scelte dei partners d’oltralpe sull’orientamento dei loro campioni nazionali, molto dissimili dai modelli anglosassoni, ma devo rilevare che almeno hanno preso una decisione e non hanno piegato gli asset, che questa stanca Europa ha ereditato, ai compromessi quotidiani della politica. Il non scegliere a fronte di tanti rischi garantisce un’unica certezza: quella dell’immobilismo istituzionale, peccato veniale che nella sfida della competizione globale, tutta giocata in risolutezza e velocità, si paga caro. CDC tramite OSEO ha concesso garanzie a 47.580 PMI per circa 6 mld ed è presente nel capitale di circa 250 imprese quotate; risulta, inoltre, primo o secondo azionista di 13 imprese del CAC 40. Dal 1998 l’attività principale di CDC Entreprise, società del gruppo, è la gestione di fondi di fondi, che ammontano complessivamente a 143 (pari a un valore di 5,3 mld), con cui sono finanziate 2.300 imprese. CDC è anche azionista di circa 500 società pubblico-private locali attive nella costruzione, nella gestione di infrastrutture e nel settore immobiliare e gestisce il piano pensionistico degli impiegati del governo nazionale, degli enti locali e dei lavoratori del settore ospedaliero (FRR- Fonds de Réserve pour la Retraite - con 34,4 mld di assets gestiti). A titolo esemplificativo si aggiunga che la Société National Immobilière (SNI), filiale al 100% di CDC, gestisce più di 260.000 alloggi. Insieme a Dexia Crédit Local CDC e SNI hanno creato Exterimmo, per la gestione delle proprietà immobiliari delle collettività locali. KfW, il colosso tedesco con sede a Francoforte e uffici di rappresentanza in 50 Paesi nel mondo, tramite KfW Foerderbank destina circa 44 mld a settori quali: l’edilizia, la protezione del clima, l’istruzione, le infrastrutture e le politiche sociali per l’area pubblica e per le imprese; con KfW IPEX-Bank supporta i players nazionali nell’export e nell’internazionalizzazione, con un impegno di 16 mld e tramite KfW Mittelstandsbank sostiene lavoratori autonomi, start-up e PMI con prestiti a lungo termine, mezzanine finance, private equity e servizi di consulenza. Vedere un gruppo da 220 mld di asset come CDC che mette tutta la sua potenza di fuoco nel promuovere infrastrutture, piccole e medie imprese oltre che nell’alimentare il welfare nazionale - dall’housing alla previdenza- in alcuni casi in barba anche alle riserve comunitarie, o la KfW con 354 mld di patrimonio alimentare una piattaforma delle più vaste d’Europa per la cartolarizzazione del credito alla piccola e media impresa e sostenere la propria rappresentanza imprenditoriale, come la competitività delle infrastrutture sociali, induce a chiedersi cosa impedisca una azione più proattiva del nostro campione nazionale. In fondo non gli mancano gli assets, quasi 200 mld di attivo di bilancio, né il management, che mi risulta sappia utilizzare con perizia la strumentazione finanziaria. La presenza poi nell’azionariato delle fondazioni bancarie, che, hanno accettato nella consapevolezza di poter orientare risorse ai rispettivi bacini territoriali, dovrebbe aver eliminato il pericolo dell’auto referenzialità dei sistemi pubblici. Forse il vizio non va cercato nella Cassa, che come il cavallo va dove il padrone lo conduce, ma nell’azionista, che non riesce a tracciare secondo una logica bipartisan le linee strategiche dell’intervento pubblico. In una elaborazione del piano industriale del 2004, relativamente al periodo 2004-2007, si ipotizzava una crescita dei finanziamenti della gestione separata, gestione tradizionale della Cassa che finanzia, con provvista della raccolta postale (libretti di risparmio e buoni fruttiferi), gli interventi del settore tipicamente pubblico ed una crescita della gestione ordinaria, soprattutto nell’ambito delle opere infrastrutturali destinate ai servizi di pubblica utilità e alle grandi opere di interesse nazionale. Quindi oltre ad un consolidamento dell’attività di finanziamento degli enti pubblici, ambito in cui la Cassa vanta uno storico vantaggio competitivo, il business plan immaginava l’acquisizone della leadership a livello di mercato domestico, nell’ambito delle infrastrutture per i servizi pubblici locali e prevedeva l’impegno a rendere possibile la realizzazione delle grandi opere. In realtà, gli impieghi nei confronti degli enti territoriali della gestione separata sono cresciuti in dimensione modesta per effetto delle risorse lasciate a disposizione della tesoreria del Governo, tanto che nel 2007, della crescita significativa del margine d’interesse (+24%) solo una minima parte è dovuta all’incremento delle masse intermediate (+2%). Nello stesso tempo, l’attività di finanziamento degli Enti Locali e degli altri enti pubblici della gestione separata rappresenta ancora una quota quasi totalitaria pari, con 2,415 milioni, al 99,6% del margine d’intermediazione, a dimostrazione che il posizionamento nel settore infrastrutturale della gestione ordinaria è ancora modesto e quasi irrilevante. I risultati economici e patrimoniali della gestione ordinaria sono stati, infatti, nettamente inferiori a quanto preventivato: nel 2007 i crediti verso la clientela hanno di poco superato il miliardo di euro, a fronte di una stima per lo stesso anno di 7 mld e a fronte di circa 18 mld delle grandi opere. I dividendi incassati per l’esercizio 2007 sono stati, invece, pari a circa 997 mln (+ 10% rispetto al 2006), imputabili principalmente alle partecipazioni detenute in Eni S.p.A.( 500 mln) ed Enel S.p.A ( 307 mln). E così torniamo all’interrogativo iniziale sulla vocazione della Cassa: holding di partecipazioni? banca degli enti locali forte di 14.000 sportelli delle Poste Italiane? finanziaria degli investimenti infrastrutturali del nostro Paese? In attesa della farfalla e delle riforme annunciate sembrerebbe prevalere la funzione di generatore di cassa per lo Stato centrale, scelta compensata dall’attività di gestione delle partecipate statali. Di questo passo rimane crisalide non solo la Cassa, ma anche l’ipotesi federalista con cui questo Governo ha aperto le danze. MARCO NICOLAI