Il Sole 24 ore 15 luglio 2008, Cristina Casadei, 15 luglio 2008
C’è un’Italia con il rating 6 A. Il Sole 24 ore 15 luglio 2008 A vocazione industriale, ma con un terziario in grande crescita
C’è un’Italia con il rating 6 A. Il Sole 24 ore 15 luglio 2008
A vocazione industriale, ma con un terziario in grande crescita. Bisognoso di manodopera, almeno di 36mila nuovi lavoratori per reggere i ritmi richiesti dalla competizione internazionale, ma anche di "mentedopera" e cioè di lavoratori molto qualificati. il nuovo Nord-Est che sfugge agli stereotipi con cui è stato raccontato fino ad oggi. Nel rapporto 2008 della Fondazione Nord Est, presentato ieri a Venezia, è stato ribattezzato Pluri Nord-Est per riassumerne la complessità, con il suffisso pluri applicato a diversi ambiti. Pluri-culturale per la presenza progressiva di immigrati, ben integrati nella società ma ancora visti dai locali come una minaccia. Pluri-generazionale per la convivenza di più generazioni nella popolazione e nelle imprese. Ma anche pluri-settoriale per la coesistenza delle filiere e delle reti d’impresa, per la crescente commistione tra industria e terziario.
Ai lavori hanno partecipato Andrea Tomat, presidente della Fondazione Nord Est, il direttore scientifico Daniele Marini, il segretario alla ricerca Silvia Oliva, Franco Antiga, presidente di Veneto Banca, Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento, Giancarlo Galan, presidente della Regione Veneto, Renzo Tondo, presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
Per comprendere il Nord-Est servono nuove categorie che consentano di leggere i fenomeni da cui è stato attraversato. «La società e l’economia nordestina declinano sulla base delle proprie specificità le regole e le indicazioni fornite per rimanere al passo con i tempi - spiega Marini -. emblematico il caso dei processi di delocalizzazione e internazionalizzazione che sono stati accelerati con l’ingresso dei nuovi paesi emergenti, come Cina, India ma anche Russia, e delle loro ricadute sul nostro sistema produttivo».
Dall’elegia della media impresa si è passati a preconizzarne la fine, ma le fosche previsioni non si sono realizzate e una parte significativa delle Pmi sembra conoscere una nuova fase di sviluppo. Diversa, molto diversa, dal passato, ma che parte da un’ossatura imprenditoriale dove nove aziende su 10 hanno meno di 10 dipendenti. A partire dalla fine degli anni 80 molte imprese di grandi dimensioni, nel tessile così come nel legno, hanno iniziato a spostare parte della loro produzione a minore valore aggiunto in paesi dove il costo della manodopera è più basso. La delocalizzazione ben presto si è trasformata in internazionalizzazione perché le stesse imprese hanno usato quei territori come trampolino verso nuovi mercati. anche così che sono riuscite a mantenere le proprie posizioni sui mercati internazionali e hanno consentito ai piccoli fornitori e ai subfornitori di fare un salto di qualità. «Dopo un momento iniziale di disorientamento - continua Marini - molte delle imprese più piccole si sono inserite in questa strategia e oggi stanno andando al traino delle grandi dopo avere riorganizzato il modo di produrre ed avere elevato la qualità dei prodotti e dei servizi». Tradotto in percentuale il risultato è che dalla fine del 2006 aumenta la quota delle imprese più piccole con una proiezione sui mercati esteri e il tasso di disoccupazione nel Nord est si ferma al 3,3 per cento.
Riorganizzazione produttiva, riposizionamento del prodotto e selezione del mercato sono le tre direttrici che fanno del Nord Est un territorio che merita un rating che scavalca il limite massimo delle 3 A. Quest’area ha attraversato un cambiamento strutturale . La crescita rallentata che nel 2007 ha raggiunto l’1,8%, ma che con difficoltà nel 2008 raggiungerà l’1%, appare un orizzonte con il quale abituarsi a convivere perché le carenze del sistema produttivo e dell’intero Paese si sposano con scenari internazionali mutati per la presenza di nuovi competitor, della crisi economica e finanziaria statunitense e mondiale, di costi dell’energia sempre più alti. Il risultato finale per il Nord-Est è pur sempre positivo e questo mostra «che il tessuto produttivo regge», commenta Marini. E regge grazie a un rating da 6 A e una E. La A di ambivalenza per cui i fenomeni sociali vanno interpretati ponendo attenzione al loro valere doppio e valutando le diverse declinazioni che assumono. La A di anticipatore perché il Nord est è un laboratorio che ha anticipato i fenomeni di delocalizzazione prima e di internazionalizzazione poi. La A di acquisitivo perché la società nordestina ha saputo accrescere il proprio benessere e gli indici europei lo collocano al di sopra della Ue a 15 e a 27 con un tasso di occupazione femminile che rasenta la soglia indicata dal trattato di Lisbona. La A di attonito per la velocità con cui il territorio è cambiato. La A di astigmatismo per la difficoltà di mettere a fuoco l’oggetto, il fenomeno che si ha di fronte e così se guardiamo alle prospettive economiche esiste un gap tra le aspettative espresse nei confronti dei mercati, tendenzialmente negative e le performance previste per la propria impresa, generalmente positive. La A di aperto perché il Nord-Est è un sistema aperto dove merci, ma anche risorse umane arrivano attraverso un continuo viavai con il resto del mondo. Infine la E che sta per Euroregione perché le prospettive del Nord-Est si giocano oltre il suo territorio che è diventato una piattaforma di scambio con la nuova Europa allargata. «L’Euroregione è una grande opportunità per fare crescere una macroarea - hanno detto i governatori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia Giancarlo Galan e Renzo Tondo -, cerniera tra l’Europa tradizionalmente intesa e le repubbliche dell’ex Urss. Il problema è far conoscere quest’area e armonizzare l’erogazione di servizi e potenziare la rete infrastrutturale».
Cristina Casadei