Il Sole 24 Ore 15 luglio 2008, Rita Fatiguso, 15 luglio 2008
Il negozio del mondo va in crisi. Il Sole 24 Ore 15 luglio 2008 Il luccichìo delle 50mila vetrine copre a stento la dura realtà
Il negozio del mondo va in crisi. Il Sole 24 Ore 15 luglio 2008 Il luccichìo delle 50mila vetrine copre a stento la dura realtà. Yiwu, il più grande centro all’ingrosso cinese – e del mondo: per visitarlo tutto, con una sosta di 5 minuti a negozio, non basterebbe un mese intero – a giugno ha registrato una battuta di arresto. La prima da trent’anni a questa parte, da quando la città è spuntata nel mezzo della campagna dello Zhejiang, crescendo grazie al commercio delle small commodities. Tutto nacque dall’intraprendenza di un manipolo di ambulanti fermi all’incrocio delle strade polverose con la mercanzia esposta per terra. Yiwu oggi è la mega-vetrina della "fabbrica del mondo", una città commerciale di due milioni di abitanti, per la metà immigrati, suddivisa in 3 distretti a loro volta meticolosamente squadernati in uno sterminato campionario a cielo aperto di chincaglierie. Ironia della sorte Yiwu, che in cinese significa, alla lettera, nulla, è diventata lo scaffale dove mettere tutto: tutto ciò che finisce nei circuiti commerciali mondiali. La crescita si è interrotta nel primo quadrimestre del 2008, quando le esportazioni sul 2007 verso gli Stati Uniti sono calate del 4%. Li Yang, la proprietaria di uno dei negozi di Yiwu, guarda sconsolata i suoi alberi di Natale finti, stipati nel cubicolo standard di quattro metri per tre: «Stiamo perdendo clienti mentre lo yuan cresce di valore - ci dice sospirando -. L’anno scorso di questi tempi non riuscivamo a star dietro agli ordini, oggi non sappiamo che pensare né cosa fare. Chi comprerà i nostri alberi di Natale se gli americani ci voltano le spalle?». Già, chi? I problemi sono noti: la crisi dei mutui subprime, l’apprezzamento del renminbi (o yuan), la bufera di Capodanno e la chiusura per la Festa di primavera. «Il fatto è - spiega Li Jinshan, professore del Dipartimento di public policy and public economy dell’Università di Zhejiang – che questo centro è la cerniera tra luoghi di produzione e di esportazione situati lungo la costa. Se il meccanismo va in tilt, senza canali di sfogo alternativi, i distretti industriali cinesi a monte dell’ingrosso non possono che risentirne. Inoltre, Yiwu è un raro esempio di gestione pubblica di un’iniziativa nata dai privati». «Grazie al potenziamento del mercato - aggiunge Li ”, la comunità locale è riuscita a far pagare le tasse: chi vuole stare qui non può lavorare in nero. Così il centro è diventato quello che è». «La crisi dei mutui sta squassando le città cinesi dell’Est – replica Zhang Xiao, titolare di una grande società di import-export di prodotti tessili -. Già da gennaio i pagamenti americani hanno cominciato a frenare. Prima ci spingevano a inviar loro le merci, oggi non più: la scusa è che hanno abbastanza merce in magazzino». Zhang ce la farà. E i grossisti minori diventati, a loro volta, piccoli produttori? «Si profila un repulisti particolarmente duro», sentenzia Li Jinshan. Dalle paperelle di plastica agli ombrelli tascabili, ai profumi, alle borse, ai coltellini svizzeri, alle valigie, agli occhiali da sole: dietro ogni prodotto, decine di aziende. Sono le minutaglie che finiscono nei negozi e nei mercatini di mezzo mondo, venduti per strada dai nordafricani, la mercanzia delle Chinatown sparse nei cinque continenti. Yao Xianguo è stato advisor del comune di Yiwu. «Per anni la città è stata il ponte tra mondo della produzione e logistica – dice – specie per i porti della costa a Est: oggi ha un suo aeroporto, facilities per i compratori, moschee e scuole coraniche per i clienti islamici, ristoranti con la danza del ventre». «A inizio anno qualcosa si è inceppato – continua Yao – e a catena molti sono andati in sofferenza per il rallentamento dei pagamenti degli americani che non stavano più nelle scadenze. Gli acquirenti avevano iniziato a pagare in ritardo o a non pagare affatto. Però credo che Yiwu abbia gli anticorpi: l’Europa e il Medio Oriente, insieme, possono arrivare al 65-70% del traffico sviluppato». Impazzano viaggi tutto compreso e delivery a prezzi stracciati per nuove destinazioni, l’Europa, specie i Paesi del Sud, con pagamenti in euro. «I clienti fedeli di Yiwu – commenta Yao – faranno il resto: quelli dei Paesi arabi, dell’Oman, dell’Egitto, Pakistan, India, Nordafrica». Nel primo distretto, donne in chador fanno shopping, passano a pettine i filari di negozi con i giocattoli, i Babbi Natale, i braccialetti e i fermacapelli. Sikh longilinei con la testa fasciata in neri turbanti negoziano a oltranza, africani con vestiti etnici si affidano a sciuscià locali. Alla comunità islamica, cresciuta intorno al Kurdistan, il primo hotel "dedicato"; sono arrivati finanziamenti, il supporto dei "cugini" uighuri, aree per lo stoccaggio di merci. Intraprendenti ragazzini cinesi infilano biglietti promozionali con voli scontati soprattutto nelle loro tasche. Segno che Yiwu non intende mollare la presa. Rita Fatiguso