G.Cap., Corriere della Sera 18/7/2008, pagina 13., 18 luglio 2008
MILANO
«Se non sei adeguato nei mezzi e nella preparazione, non solo sei inutile ma diventi anche dannoso. Per questo non possiamo stare indietro rispetto agli altri Paesi». Il generale di squadra aerea Vincenzo Camporini
(foto), capo di Stato maggiore della Difesa, è realista nell’analizzare pregi e difetti del mondo che governa. Oggi la situazione, da anni critica, rischia di peggiorare.
«La ripartizione teorica delle spese – nota – suggerisce un 50 per cento del bilancio per il personale e l’altra metà equamente divisa tra i costi d’esercizio e gli investimenti. Adesso stiamo superando il 70 per cento delle risorse per pagare gli stipendi e ciò che resta non consente di dotarsi dei mezzi necessari e di preparare bene gli uomini». All’amara valutazione aggiunge: «Eppure le forze armate sono l’organizzazione dello Stato che più si è riformata».
Come si riuscirà a mettere in pratica la nuova dottrina del Netcentric Warfare? «La digitalizzazione delle nostre unità è pianificata e occorreranno 6-7 anni per avere una brigata operativa. Qui il problema è culturale perché la tecnologia e la distribuzione dell’informazione costringono a ripensare la gerarchia. I comandanti dovranno accettare una delega più ampia lasciando ai livelli inferiori una certa autonomia di decisione ».
Con le risorse limitate diventa indispensabile stabilire priorità. «Innanzitutto bisogna sviluppare i velivoli senza pilota, gli Uav, per la ricognizione – nota Camporini – perché sono preziosi per valutare le situazioni e accrescere la sicurezza degli interventi. Il controllo dei mari è essenziale non solo per le immigrazioni clandestine ma anche per garantire i traffici commerciali e impedire il traffico d’armi. Altrettanto prioritari sono i veicoli terrestri come Lince e gli elicotteri da cui dipende la mobilità come l’Alleanza sollecita».
Date le carenze quale considerazione abbiamo in Europa? «Mi pare che una risposta sia arrivata proprio dalla Nato che ha scelto l’ammiraglio di squadra Giampaolo Di Paola per la presidenza del Comitato militare. In passato non si consideravano i nostri soldati, oggi cercano i nostri generali».
Nella tecnologia la nostra industria ha sempre cercato di avere un ruolo e in qualche caso è stata criticata per far sentire troppo il suo peso. «Sappiamo fare alcune cose bene e altre non ci dobbiamo vergognare di acquisirle dove ci sono. Tra la Difesa e le industrie c’è un rapporto dialettico e si deve negoziare. Il programma del nuovo addestratore M-346 di AleniaAermacchi- Finmeccanica è stato sviluppato con i finanziamenti pubblici e noi lo sosteniamo nella prospettiva europea».
Ora si aggiunge la tecnologia spaziale. «Dobbiamo collaborare con l’agenzia spaziale italiana Asi e con quella europea Esa. Il nostro programma CosmoSkymed di osservazione radar bene si integra con quello di osservazione ottica della Francia. Per i satelliti di navigazione, quando l’attuale sistema Gps in uso si rivelasse inadeguato allora potremmo guardare con interesse al sistema europeo Galileo».
E nella ricerca militare quanto ci impegniamo? «Spendendo 59 milioni di euro siamo inesistenti: la Francia dedica 700 milioni di euro».
Quale dovrebbe essere la nostra equa percentuale di spesa per la Difesa sul prodotto interno lordo? «Come indicato dal ministro Ignazio La Russa, l’1,25 per cento sarebbe adeguato. Invece non arriviamo all’1 per cento e con il bilancio 2009 scenderemo ancora. Ma le ricordo un dato storico. Il generale Douglas MacArthur stabilì che il Giappone dopo la resa non dovesse superare l’1 per cento del prodotto lordo nelle spese militari per evitare che raggiungesse la minima soglia di capacità difensive. E noi?».
G.Cap.