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 2008  luglio 18 Venerdì calendario

ROMA – C’era una volta il Crediop. Il mitico Consorzio per il credito alle opere pubbliche fondato da Alberto Beneduce con l’obiettivo di finanziarie le grandi infrastrutture: una banca pubblica il cui ruolo venne pian piano ridimensionato e che in epoca di privatizzazioni finì ingoiata da quelli di Dexia

ROMA – C’era una volta il Crediop. Il mitico Consorzio per il credito alle opere pubbliche fondato da Alberto Beneduce con l’obiettivo di finanziarie le grandi infrastrutture: una banca pubblica il cui ruolo venne pian piano ridimensionato e che in epoca di privatizzazioni finì ingoiata da quelli di Dexia. Francesi, come è francese la Caisse des Dépôts, di cui la sua cugina italiana, la Cassa depositi e prestiti, è già socia nel Club degli investitori di lungo periodo, un sodalizio che ha già partorito il Fondo Inframed. E come era francese Jean-Baptiste Colbert, al quale spesso vengono associate in una nemesi storica le idee e le azioni di Giulio Tremonti. Che dietro il nuovo progetto del ministro dell’Economia sulla Cassa depositi e prestiti si veda ora riapparire l’ombra di Beneduce, filtrata attraverso una lente transalpina, non sembrano davvero esserci dubbi. Come non c’è alcun dubbio che il risultato, una specie di Crediop moderno, ma dotato di una solida mente strategica, frutto dell’alleanza con i grandi investitori e magari di un nuovo patto con le fondazioni bancarie, sarà qualcosa di molto ma molto diverso rispetto a un classico fondo per le infrastrutture, come quel F2i guidato da Vito Gamberale nel quale il ruolo della Cassa depositi e prestiti si è progressivamente marginalizzato. Il caso (ma è stato soltanto il caso?), per esempio, ha voluto che alla presidenza della Cassa arrivasse, durante il governo di Romano Prodi e per iniziativa di Tommaso Padoa- Schioppa, Alfonso Iozzo, che dopo la fusione fra Banca Intesa e San Paolo Imi si era visto la strada sbarrata da Corrado Passera e Pietro Modiano. Iozzo è considerato uno dei massimi esperti del finanziamento delle infrastrutture: non a caso Banca Opi è stata una sua creatura. Ma siccome negli ultimi due anni l’idea di utilizzare la Cassa depositi e prestiti per rilanciare le grandi opere era finita in un cassetto, anche lui era finito in un cono d’ombra. Senza mai, tuttavia, abbandonare un’idea sulla quale la sintonia con Tremonti si è dimostrata niente affatto impossibile. Iozzo e il ministro dell’Economia hanno avuto ripetuti contatti anche attraverso l’Aspen institute, e hanno avuto evidentemente modo di verificare questa sintonia. Il presidente della Cassa depositi e prestiti, per esempio, è convinto che le norme attuali consentano di impiegare nel finanziamento delle infrastrutture la raccolta postale, che è la principale fonte di provvista della banca controllata dal Tesoro e dalle fondazioni bancarie. Si tratta di una massa imponente di denaro, con uno stock che ha ormai raggiunto 157 miliardi di euro, e un flusso annuale che si aggira sui 10 miliardi. Nella Cassa, del resto, non mancano nemmeno le risorse umane per un progetto del genere. C’è per esempio un consigliere economico che risponde al nome di Edoardo Reviglio: figlio dell’ex presidente dell’Eni ed ex ministro delle Finanze, Franco Reviglio, che è ritenuto uno dei maestri di Tremonti, ha già lavorato a stretto contatto di gomito con il responsabile dell’Economia. E fra i consiglieri di amministrazione c’è Gianfranco Imperatori, ex presidente del Mediocredito centrale nonché massimo teorico del project financing: da ricordare uno studio del Mediocredito datato 1998 sul finanziamento privato del ponte sullo Stretto di Messina. Senza considerare Massimo Varazzani, ritenuto discepolo del capo carismatico del-l’Imi, Luigi Arcuti, già fra i massimi dirigenti proprio del gruppo San Paolo Imi ai tempi di Iozzo, collocato da Tremonti alla guida dell’Enav e poi disarcionato dai politici che si opponevano alla sua intenzione di restituire 800 miliardi di lire al Tesoro. Insomma, tutto congiura a favore del nuovo Crediop. Anche se restano da sciogliere molti interrogativi. Il primo: in questo disegno quale sarà il ruolo del Cipe? Oggi il Comitato interministeriale per la politica economica ha rilevanti poteri in materia di opere strategiche. Difficile pensare che possano essere ridotti alla semplice ratifica di decisioni prese magari in una banca pubblica. Tanto più che oggi il Cipe è saldamente nelle mani della presidenza del Consiglio: più precisamente, del potente leader siciliano di Forza Italia Gianfranco Micciché. Con cui inevitabilmente, se già non li ha fatti, il progetto dovrà fare i conti. Sergio Rizzo