varie, 17 luglio 2008
DI PISA Alberto
DI PISA Alberto Pietrasanta (Lucca) 1 ottobre 1943. Magistrato. In magistratura dal 1971, pretore a Castelvetrano e a Palermo, dove è stato aggiunto pg, dal 2003 ha guidato la Procura di Termini Imerese. Accusato di essere il «corvo» che nell’estate del 1989 scrisse alla Procura di Palermo alcune lettere anonime per screditare il pool antimafia e Giovanni Falcone, fu condannato in primo grado e poi assolto: la sentenza di assoluzione, definitiva perchè non appellata dal pm Marianna Li Calzi, ex sottosegretario nel governo Berlusconi, fu pronunciata dalla corte di appello di Caltanissetta nel 1993. Il 16 luglio 2008 è stato nominato capo della Procura di Marsala (che fu guidata da Paolo Borsellino), 13 voti contro i dodici di Alfredo Morvillo (fratello della Francesca che morì col marito Giovanni Falcone nella strage di Capaci) • «[…] Non se l’aspettava nemmeno Alberto Di Pisa di conquistare la poltrona che fu di Paolo Borsellino. Ma con un colpo a sorpresa il Consiglio superiore della magistratura [...] ha bocciato il favorito, Alfredo Morvillo [...] e promosso a procuratore della Repubblica di Marsala il giudice che passò alla cronaca come il nemico della stesso Falcone, sospettato di avere scritto le famose «”ettere del corvo”, stando ad un’accusa sfumata dopo anni in una sentenza di assoluzione e nelle scuse del Csm. Storie di veleni antichi, anche se Di Pisa, aveva proseguito la sua carriera, da procuratore, a Termini Imerese [...] fino alla vigilia del voto si dava per scontata la vittoria di Morvillo [...] D’altronde, era chiara l’indicazione emersa in commissione incarichi: quattro voti per Morvillo, due per Di Pisa. Poi [...] il ribaltamento con 13 voti per il magistrato che non piaceva a Falcone, contro i 12 raccolti sull’antagonista. Con l’astensione del vicepresidente Nicola Mancino. E con il voto favorevole a Di Pisa di un membro laico del centrosinistra, Celestina Tinelli, avvocato a Reggio Emilia, vicina ai Ds. A scatenarsi contro questa scelta, determinata dai consiglieri di Unicost, di Magistratura indipendente, dai componenti laici di centrodestra e dalla Tinelli, sono i quattro consiglieri togati di Magistratura democratica che siedono a Palazzo dei Marescialli Ezia Maccora, Livio Pepino, Elisabetta Cesqui e Fiorella Pilato. Un coro unico: ”Sconcertante. Anche perché a tutti i procuratori aggiunti di Palermo è stato conferito un incarico di procuratore della Repubblica”. Ma è la Tinelli a replicare dura, sorpresa dal fatto che i critici dimentichino come Mancino, da vicepresidente, avrebbe potuto far prevalere i suoi due voti in caso di parità: ”Eh, no. Non ci sto a passare per la ”tredicesima’. Se c’è qualcosa da dire contro Di Pisa lo si scriva. Non come si fa qui, sussurrando calunnie”. Della scelta della Tinelli, tessera dei giovani comunisti a vent’anni, esperienze di area nei dintorni dei Ds, giura di non aver saputo nulla prima il diretto interessato, Di Pisa: ”Ero convinto che avrebbero preferito l’altro candidato. Ma forse hanno visto che c’erano otto anni di differenza, un curriculum di tutto rispetto e...”. E mette le mani avanti annunciando querele per chi dovesse azzardarsi a tirare fuori la storia del ”corvo”: ”C’è una sentenza inequivocabile”. Resterà una coda polemica per questo incarico su una poltrona bollente. Come fu considerata ai tempi di Borsellino, quando Leonardo Sciascia scrisse l’articolo sui ”professionisti dell’antimafia” criticando il Csm. Dopo vent’anni è come indietreggiare nel tempo, fino all’87, come dice Giuseppe Ayala, autore di un libro appena pubblicato su quegli anni e quelle polemiche: ”Rilevo una ostinata continuità storica. Il mio commento è tutto in un ”no comment’”. la stessa amarezza di Gioacchino Natoli, uno dei pm del processo Andreotti, oggi nella giunta dell’Anm: ”Torna il veleno che sta sulla coda della storia”. Sorpreso da Mancino: ”Non si astenne quando si votò per il procuratore di Palermo, per Messineo contro Pignatone...”. Si accenderà il dibattito? ”Ne dubito. Temo che la questione finirà travolta dall’ordinaria quotidianità”. No, inutile cercare una replica di Morvillo che smussa gli angoli tenendo a non passare per il ”cognato” che non ce l’ha fatta: ”Non ho nulla da dire, rispetto la decisione del Csm e ovviamente non è una questione di parentela”» (Felice Cavallaro, ”Corriere della Sera” 17/7/2008).