Federico Rampini, la Repubblica 15/7/2008, pagina 32, 15 luglio 2008
la Repubblica, martedì 15 luglio All´estremità meridionale della Cina l´isola di Hainan ama definirsi "la Bali del ceto medio cinese", ha costruito la sua reputazione come meta turistica
la Repubblica, martedì 15 luglio All´estremità meridionale della Cina l´isola di Hainan ama definirsi "la Bali del ceto medio cinese", ha costruito la sua reputazione come meta turistica. Grazie al clima tropicale si possono fare i bagni quando Pechino è sotto la neve. A Capodanno ospita regolarmente Miss Cina e altri concorsi per reginette di bellezza. Adesso il nome di quest´isola è diventato famoso all´estremo opposto del pianeta per ragioni ben diverse. Hainan è un incubo per gli strateghi del Pentagono. Il comando militare americano scruta i rilievi fotografici satellitari che ricostruiscono mese dopo mese i progressi nella costruzione di una nuova base navale. Per la Repubblica Popolare l´isola meridionale è in una posizione strategica. Partendo da lì le sue navi militari possono arrivare rapidamente al largo del Vietnam, puntare verso le Filippine, la Malesia o la Thailandia, l´Indonesia o Singapore. Sono zone che pullulano di nazioni alleate con gli Stati Uniti. Sono mari dove la U.S. Navy era abituata a esercitare un dominio incontrastato, eredità dell´impero britannico. E sono rotte commerciali - in particolare lo stretto di Malacca - affollate da un traffico cruciale per l´economia globale, dalle superpetroliere alle navi portacontainer cariche di computer. Fino a ieri gli unici "poliziotti" che vigilavano sulla sicurezza di queste autostrade del mare battevano bandiera americana. Ma l´egemonia Usa nel controllo strategico degli oceani ha gli anni contati. Le due nuove potenze dell´economia globale, Cina e India, hanno varato ambiziosi piani per dotarsi di "flotte di ampio raggio", armade navali capaci di intervenire a grandi distanze dalle proprie acque territoriali. Per l´India è una novità assoluta. Per la Cina è un ritorno ai fasti di un passato remoto, nientemeno che al Quattrocento: l´ultimo secolo in cui l´Impero Celeste fu una potenza marittima capace di esplorazioni e missioni politico-commerciali in terre lontane. In seguito le dinastie cinesi perseguirono strategie da potenza continentale, e la Cina si ritirò dai mari per mezzo millennio. Ora si chiude quella lunga parentesi. L´International Institute for Strategic Studies di Londra rivela che la Cina ha avviato la costruzione della sua prima flotta di portaerei, una scelta che l´America considera come una sfida diretta al suo predominio. I mezzi finanziari non mancano a Pechino, dove il budget della Difesa cresce a ritmi del 20% annui. I progressi tecnologici nel settore bellico sono spettacolari, anche grazie all´aiuto della rete di spionaggio dispiegata da Pechino negli Stati Uniti; e all´import di apparecchiature made in Russia. La strategia cinese non guarda più soltanto allo scenario di una guerra con gli Stati Uniti su Taiwan. Ora la missione affidata alla flotta militare è molto più ambiziosa, quasi speculare a quella americana: difendere gli interessi cinesi nel mondo, garantire una navigazione sicura sulle rotte essenziali per gli approvvigionamenti di energia e materie prime. Ormai gli interessi economici della Repubblica Popolare spaziano dall´Australia al Golfo Persico, dal sud-est asiatico all´America latina. La missione per le flotte "di acque profonde" - come si chiamano in gergo militare le armade capaci di proiettarsi a grandi distanze dalla madrepatria - non ha più limiti. La marina militare cinese ha già 74 cacciatorpedinieri e fregate, 50 navi da trasporto anfibie, 41 vedette lanciamissili. Poi ci sono i sottomarini, l´incubo più serio per l´America. «Gli Stati Uniti sentono una forte minaccia dall´aumento dei sottomarini cinesi - dice Andrei Chang, esperto di strategie militari cinesi e direttore della rivista Kanwa Defence Review - . Ormai la Cina ha più sottomarini della Russia e la velocità con cui li stanno costruendo è stupefacente». Gli analisti militari americani e di altri paesi occidentali stimano che la Cina oggi ha più di 30 sottomarini "invisibili" a tecnologia avanzata, oltre a molte decine di sottomarini vecchi. Entro la fine del decennio, secondo questi esperti, la Cina avrà più sottomarini degli Stati Uniti. Gli analisti del Pentagono ritengono che i sottomarini invisibili sono una diretta minaccia al dispiegamento di flotte di portaerei americane. In una chiara dimostrazione della vulnerabilità delle portaerei americane, uno dei nuovi sottomarini cinesi Song è stato capace di seguire a lungo la Kitty Hawk al largo di Okinawa, in Giappone, ed è stato avvistato solo quando è emerso alla superficie. L´India non sta ferma di fronte all´intraprendenza di Pechino che costruisce porti in Birmania, Pakistan e Sri Lanka. New Delhi teme l´accerchiamento e reagisce con la stessa determinazione. Visto che i cinesi si insediano in alcuni sbocchi strategici dell´Oceano Indiano, il governo Singh contraccambia investendo in un porto nel Vietnam. L´India ha già tre portaerei: ha eguagliato la flotta inglese, un traguardo che un tempo sarebbe sembrato irraggiungibile per la ex colonia di Sua Maestà. La sfida diretta fra i due giganti asiatici non è il motivo dominante di questa corsa al riarmo navale. Anche l´India in prospettiva punta a garantire la sicurezza dei suoi armatori mercantili che invadono il Golfo Persico e il Corno d´Africa. Cinesi e indiani non esibiscono ambizioni neoimperiali. Nel costruire le nuove flotte a lungo raggio dicono di volersi attrezzare anzitutto per mantenere l´ordine, combattere il terrorismo e la pirateria sui mari. Nella storia è sempre così che si giustifica l´espansionismo delle potenze più giovani: con la difesa di interessi vitali. Federico Rampini