Alessandro Barbera, La Stampa 15/7/2008, 15 luglio 2008
ALESSANDRO BARBERA
ROMA
Tempi lunghi per le gare di affidamento dei servizi idrici, deroga per le grandi municipalizzate che potranno mantenere la gestione dei servizi nei rispettivi Comuni e allo stesso tempo partecipare a gare altrove. In un blitz consumato nella notte di domenica, la Lega modifica la riforma del governo sui servizi pubblici locali e vanifica il tentativo di introdurre più concorrenza in uno dei settori chiave delle tariffe, ovvero la distribuzione di acqua, gas, gestione del trasporto pubblico locale e dei rifiuti. L’emendamento votato dal governo dopo tre ore di discussione - il 23.011, primo firmatario Maurizio Fugatti - non nega in linea di principio «la diffusione della concorrenza», ma introduce una serie di eccezioni che di fatto permetteranno alle grandi società «a partecipazione mista, anche quotate in borsa», di ottenere la gestione dei servizi negli stessi Comuni azionisti tagliando fuori i potenziali concorrenti.
E’ più o meno lo scenario di fronte al quale nella scorsa legislatura, per via di un veto di Rifondazione Comunista, l’allora ministro Linda Lanzillotta si vide affossare il suo progetto. Qualcosa in più rispetto ad allora il governo Berlusconi lo ottiene solo per la gestione dei servizi idrici: se allora Rifondazione ottenne di stralciare la norma, ora si dice che entro fine 2010 le concessioni decadranno automaticamente; il governo si prende però sei mesi di tempo per i regolamenti attuativi. La novità è stata accolta da una selva di critiche: dell’opposizione di Pd e Udc, dei sindacati, della Lega delle Autonomie, di Confservizi. Il deputato milanese Udc Bruno Tabacci, che pure non si può definire un nemico delle municipalizzate, è durissimo: «Un passo indietro persino rispetto alla riforma Lanzillotta. La Lega e il governo si fanno portatrici degli interessi delle grandi società pubbliche contro ogni tentativo di introdurre più concorrenza».
E’ possibile che in sede di approvazione in aula, magari attraverso il maxiemendamento, il governo tenti di ritoccare la norma. Per il momento il governo tenta di far rientrare la protesta delle forze dell’ordine e delle Regioni, irritate per la riscrittura del budget 2009-2011 della sanità. Per le Forze dell’ordine arriveranno almeno 300 milioni di euro per il rinnovo dei contratti e il rafforzamento dei controlli nelle città. A questi, spiega il sottosegretario Giuseppe Vegas, «vanno aggiunte le risorse derivanti dalla vendita dei beni sequestrati alla criminalità organizzata». In tutto, dice Vegas, «più di 500 milioni di euro per il solo 2009». Il ministro della Difesa La Russa si dice insoddisfatto ma, spiega, «il comparto fa i conti come tutti gli altri con la situazione di bilancio».
Un emendamento dell’ultim’ora da 400 milioni di euro arriverà invece per le Regioni, che si vedono così dimezzare il maggior onere derivante dalla abolizione del ticket nazionale sulla diagnostica. Ma ancora non basta: «Lo stanziamento è insufficiente», dice il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani. «Se il governo non approverà scelte migliori sarà inevitabile lo scontro istituzionale». Le Regioni insistono nel chiedere più fondi e non plaudono nemmeno alla norma, introdotta ieri, che impone una stretta sui falsi esenti per le prestazioni diagnostiche: le Asl non pagheranno più a «pié di lista» ma potranno introdurre autorizzazioni preventive e bloccare i pagamenti che superano una certa soglia. Dovranno controllare almeno il 10% delle cartelle cliniche (anzichè il 2%) e in alcuni casi fare controlli a tappeto.
La dura manovra di risanamento, come previsto, incontra parecchie resistenze. Alla lista di doglianze si aggiungono gli statali. Il primo incontro all’Aran per il rinnovo del contratto si è chiuso male: «O il governo cambia linea, o temiamo una stagione di conflitti», dice il numero uno della Fp-Cgil Carlo Podda. Gli statali lamentano le scarse risorse per il rinnovo, il basso tasso di inflazione programmata e l’annuncio di un prossimo «federalismo contrattuale»: una volta approvata la riforma, ha detto il ministro della Funzione pubblica Brunetta, gli stipendi «verranno pagati dalle Regioni».
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