pietro saccò (scheda lunga, da tagliare), 14 luglio 2008
GNUTTI
Emilio. Nato a Brescia il 6 agosto 1947. Un’infanzia difficile: inizia a lavorare presto, i genitori fanno i sarti, lui cuce le fodere dei pantaloni e consegna in bicicletta ai clienti gli abiti realizzati dal padre. Quando Emilio ha 13 anni la madre si ammala di tubercolosi, dopo tre anni si ammala anche il padre: i soldi sono pochi e lui si arrangia qualche soldo organizzando piccole lotterie, vendendo rami d’ulivo per la Domenica delle Palme e organizzando un sistema di vendita di libri usati nel periodo delle superiori. Nel ”66 si diploma come perito elettrotecnico e trova i primi impieghi veri, prima venditore di fotocopiatrici poi come operaio in una fabbrica di motori elettrici. Nel frattempo studia Economia e Commercio a Parma, anche se poi si laurea in Lettere e Filosofia. Nel 1969, poco più che ventenne, si mette in proprio fondando, assieme a un amico e al suo datore di lavoro (che ci mettono i soldi) la Gi-Em, piccola azienda che produce resistenze elettriche. La ditta ha successo, tanto che dopo due anni è in grado di acquistare, con un mutuo, il suo primo stabilimento a Cazzago San Martino, nel bresciano. Nel ”71 si sposa, l’anno dopo ha il primo figlio, quello dopo ancora una figlia. Prende una Mercedes in leasing, ma quando si rende conto di quanto gli costi il prestito decide di aprirsi la sua agenzia di leasing personale. Assieme a Mauro Ardesi, erede di un’antica impresa edile, fonda Fin-Eco Leasing, società che si occupa di locazione finanziaria, un mercato ancora molto giovane in Italia. Il progetto funziona, tanto che all’inizio degli anni ”80 la Banca Popolare di Brescia, guidata da Bruno Sonzogni, prima entra nel capitale del gruppo poi compra una quota di controllo. Con questa operazione Gnutti entra nel comitato esecutivo di Bipop: ci resterà fino al 1992, quando l’alleanza con Sonzogni si guasta per questioni di rivalità personale. La situazione si risolve con Bipop che compra tutta Fin-Eco Leasing. A Gnutti vanno 70 miliardi di lire, soldi che lui mette in un sistema di scatole cinesi creato nel frattempo: Fingruppo (fondata nel 1988) controlla Hopa (del ”90) che controlla Fin-Eco holding. All’interno di queste holding convergono una settantina di medio-grandi imprenditori del bresciano, tra i quali i Lonati e i Lucchini, e grandi investitori italiani e internazionali: Comit, Banca agricola mantovana (passata poi a Monte dei Paschi), Antonveneta, Unipol, Chase Manhattan Bank. Hopa acquista nel ”92 la Colmark, catena di supermercati che fatturava 240 miliardi, la porta a 1.200 miliardi di ricavi in quattro anni e poi la vende alla Rinascente, nel ”96, per 500 miliardi. In quel periodo conosce Roberto Colaninno, amministratore delegato di Olivetti (gruppo De Benedetti), i due diventano soci e amici. E decidono di scalare Olivetti. Iniziano a comprare azioni della compagnia nel ”97, l’anno dopo decidono di costruire la Bell, finanziaria lussemburghese controllata al 56,6% da Hopa e Fingruppo, a loro volta partecipate da Colaninno, Gnutti, Antonveneta Finsthal di Falk, Unipol e Francesco Gazzoni Frascara, Banca di Roma, Monte dei Paschi, Comit, Mediobanca, Chase Manhattan Bank. Colaninno, Gnutti, Chase Manhattan e Antonveneta sono legati da un patto di sindacato blindato per tre anni. Bell ottiene una quota sufficiente a controllare Olivetti(l’8%) a inizio ”98, a fine anno la holding ha messo assieme il 22% del capitale. A quel punto Gnutti e Colaninno decidono di vendere Omnitel e Infostrada (per superare possibili ostacoli Antitrust) e tentare l’Opa più grande della storia del capitalismo italiano, quella su Telecom. Riescono a raccogliere 120 mila miliardi (100 sono di debiti) per lanciare la scalata, delegano la piccola Tecnost di Colaninno. Superato un primo altolà della Consob, e nonostante la resistenza dei vertici di Telecom, a giugno l’Opa va in porto. I ”capitani coraggiosi” (come li definisce Massimo D’Alema, l’allora presidente del Consiglio) rastrellano il 51% delle azioni di Telecom spendendo 61 mila miliardi di lire, in gran parte (40 miliardi circa) finanziati attraverso obbligazioni della stessa Tecnost. Alla fine dell’operazione gli equilbri tra i due soci principali sono suddivisi così: Colaninno tramite Omniaholding ha il 5,689% di Fingruppo Holding che ha il 30% di Hopa cui fa capo il 50,1% di Bell proprietaria del 19,6% di Olivetti. Omniaholding ha anche il 3% diretto in Hopa. Gnutti attraverso Gp Finanziaria ha il 7,7% di Fingruppo, il 3,6 di Hopa e l’ 1,8% di Bell. La nuova gestione di Telecom non ha successo. L’unica iniziativa di rilievo della coppia Gnutti-Colaninno è l’acquisizione di Seat Pagine Gialle per 12 mila miliardi, operazione che si porta dietro lo strascico legale di un’indagine della Procura di Torino su 250 miliardi piazzati in società off-shore dell’isola portoghese di Madeira. Dopo solo due anni i due lasciano. Il 27 luglio 2001 Gnutti incontra Marco Tronchetti Provera, che si candida ad acquisire la quota di controllo di Bell. Il finanziere bresciano si prende una notte per dirgli di sì, e poi cede, nonostante il parere contrario di Colaninno. Gnutti incassa 18 mila miliardi, ottenendo una plusvalenza di 1,5 miliardi (4 anni dopo l’Agenzia delle entrate accuserà Bell di non avere pagato le tasse dovute per la cessione, diatriba risolta con una multa di 156 milioni di euro). Soldi che pochi mesi dopo Gnutti rimette in Olimipia, la cassaforte di Tronchetti Provera, acquisendone un 18%. Gli investimenti di Gnutti puntano da quel momento sul fronte bancario. Intesse relazioni con Giampiero Fiorani, amministratore delegato della Popolare di Lodi e Giovanni Consorte, alla guida di Unipol. In particolare lui e Fiorani sono i protagonisti, il 2 febbraio 2002, di una storica passeggiata a quattro per le vie di Lodi dopo la riunione del Forex con il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e Cesare Geronzi, presidente della Banca di Roma. Passeggiata storica perché emblema di un nuovo ordine di poteri all’interno del mondo della finanza italiana. Lo stesso anno Gnutti è condannato per insider trading in Telecom, Unipol e anche per corruzione, nell’ ambito di una inchiesta su di una tangente a uomini della Finanza, per una verifica fiscale «morbida» alla Pineider, ditta fiorentina del lusso controllata da Hopa. A inizio 2005 Gnutti, con Hopa, si trova ad avere partecipazioni rilevanti in Bnl, Antonveneta, Mps (della quale dal 2003 è vicedirettore), Popolare di Lodi, Unipol. I quattro principali soggetti delle scalate bancarie di quell’estate. Gnutti, Unipol, Mps sono i protagonisti dell’attacco a Bnl, Gnutti, Bpi (la ex Popolare di Lodi) e ancora Unipol sono al centro della scalata ad Antonveneta. Le due banche sono, nello stesso tempo, rispettivamente nelle mire del Banco Bilbao Vizcaya Argentaria e di Abn Amro, che avevano lanciato le loro Opa nella primavera del 2004. Gnutti riesce così a porsi come trait d’union tra il mondo della finanza cattolica (Lodi) e quella di sinistra (Unipol). Ma lo fa nel momento sbagliato, dato che la realtà che emerge e un ”concerto”illecito che sostiene entrambe le scalate. Intercettati al telefono Gnutti e Fiorani spiegano la collaborazione di Fazio (che ostacola le Opa straniere e facilita quelle italiane) e il tentativo di ingannare la Consob. «Oggi la Consob inizia la commissione, noi siamo pronti con i bazooka,non vogliamo sorprese» dice Fiorani a Gnutti in una celebre intercettazioni. Il finanziere bresciano è considerato dalla procura di Milano – che indaga sulle operazioni con le accuse di aggiotaggio, associazione a delinquere e appropriazione indebita – il «complice rassicurante e fidato» di Fiorani. Nei progetti di Gnutti, Hopa si sarebbe fusa conla Popolare di Lodi. «Noi aiutiamo Fiorani a scalare Antonveneta – spiegava testualmente il finanziere – e lui poi compra il 100% di Hopa: ci dà un terzo per cassa, due terzi con azioni e obbligazioni convertibili della Lodi, è tutto già stabilito ». Ma l’inchiesta segna xl’inizio della fine della parabola di Gnutti: il 28 dicembre 2005 il finanziere lascia i consigli di amministrazione di Unipol, Montepaschi, Asm Brescia, a gennaio dà l’addio a Olimpia e Hopa, e lascia anche un posto nel cda dell’Università di Brescia. Lo stesso mese, al Tribunale di Brescia, contro di lui scatta un’indagine per falso in bilancio. Gnutti inizia ad essere costrettoa vendere. Il suo patrimonio immobiliare (che vale 250 milioni di euro) va a Zunino. Ad aprile 2007 il finanziere riesce a gestire, con un blitz, la fusione tra Fingruppo e la banca d’investimento vicentina Palladio, evitando così un’intesa tra Hopa e l’altra holding bresciana Mittel. Ma nemmeno quest’operazione riuscirà: a settembre Palladio si ritira, dato che Hopa riceve una multa da 1,2 miliardi legata all’evasione per l’affare Telecom. l’ultimo capito per la holding(guidata da Lonati dopo l’addio di Gnutti): il 3,6% di Telecom ancora in mano a Hopa, a maggio 2008, è sequestrato da Royal Bank of Scotland, al quale era stato dato in garanzia (valeva quasi 1 miliardo di euro). Gli scozzesi hanno chiesto un pagamento che la holding non è più in grado di risarcire, perché le casse sono vuote: dei 150 soci, alcuni medi industriali falliscono e le banche svalutano. Il 26 giugno 2008 il Tribunale di Brescia chiede il fallimento di Fingruppo: la holding ha 410 milioni di euro di debiti con le banche, di cui 284 a vista. I creditori sono la Popolare Italiana con 154 milioni, Monte dei Paschi con 101 milioni, Unipol (16 milioni), Banca Intesa (9 milioni in A2a) e Banca di Roma (8 milioni circa). C’è anche un finanziamento strutturale da 93 miioni da restituire a Morgan Stanley. Hopa, che come ultimo tentativo tenta invano la fusione con Sopaf, ora va verso la liquidazione. Gnutti, malato, decide di abbandonare la finanza e darsi alla sanità, e lo fa a fine giugno 2008: lascia il 50% della holding Gp ai figli, e sottoscrive il 30% di Medicalspa, una società che gestisce una struttura sanitaria per terapie estetiche e cura del corpo.