Alessandro Barbera, La Stampa 13/7/2008, 13 luglio 2008
Le Regioni si lamentano, l’opposizione insorge, i sindacati paventano la chiusura di decine di ospedali
Le Regioni si lamentano, l’opposizione insorge, i sindacati paventano la chiusura di decine di ospedali. Ministro Sacconi, arrivano tagli anche nella Sanità? «Tagli? Solo sentire questa parola mi viene l’orticaria. Ma che significa? Nel 2008 la spesa complessiva è pari a 99 miliardi, nel 2009 sale a 102, nel 2011 sarà di 106». Le Regioni chiedono conto del taglio alla spesa tendenziale: ai maggiori costi dovuti dall’inflazione o dal crescere degli immigrati. «Quel tendenziale se lo sono inventato, visto che il Patto sulla Salute firmato con Padoa-Schioppa scade nel 2009. Se aumentassimo la spesa a quel ritmo nel 2050 salirebbe a più di 200 miliardi annui. Rammento che il bilancio italiano ne vale 630, e che un pezzo è impegnato per pagare le pensioni». Un emendamento alla manovra dice che, nel caso in cui le Regioni sforassero dal budget sanitario, scatteranno i ticket. Intanto i manager delle Asl in Campania si alzano lo stipendio senza ritegno. Non è che come al solito l’inefficienza la paga Pantalone? «Premesso che la manovra taglia del 20% gli stipendi dei manager, quello della Campania è il chiaro segnale di una lacerazione. Nella sanità italiana si può trovare il meglio ed il peggio di quanto si possa avere nel mondo industrializzato. Dare un significato alla parola solidarietà significa aiutare i cittadini del sud a conquistare una sanità che non li obblighi, come spesso accade, a fare centinaia di chilometri per essere curati adeguatamente. Ora abbiamo una sola strada: non aggiungere soldi al pozzo di San Patrizio e mettere in moto strumenti di deterrenza che inducano le Regioni ad essere virtuose». Proprio in questi giorni al Lazio avete erogato altri cinque miliardi di euro. Dov’è il meccanismo virtuoso? «Di quattro quinti di quella cifra risponde direttamente al governo il presidente Marrazzo. E lui dovrà operare secondo i 12 punti stabiliti con il tavolo tecnico». E se non lo farà? «Non accadrà. Ma se accadesse saremmo costretti a revocare il commissariamento con conseguenze politiche devastanti sulla Regione». Quattro Regioni - Campania, Sicilia, Calabria e Abruzzo - sono in deficit cronico. Come pensate di agire? «Se la verifica dei conti che stiamo facendo darà esito negativo, non potremo far altro che applicare la stessa cura imposta al Lazio, ovvero commissariare». Se il problema è al sud, perché in prima fila contro la Finanziaria ci sono i presidenti di due Regioni del nord, ovvero Errani e Formigoni? «Capisco che vogliano esercitare una leadership. Ma se invece di muoversi secondo logiche sindacal-corporative accettano la sfida che ci porterà al federalismo, tutto il sistema ne avrà un beneficio». E cosa dovrebbe significare accettare la sfida? «Per far funzionare la sanità al sud ci vuole uno spirito un po’ coloniale. Sistemi come quelli emiliano o lombardo dovrebbero aiutare le Regioni più arretrate a costruire sistemi più efficienti condividendo criteri di responsabilità. Aiutarle ad esempio a capire che avere sotto casa l’ospedale poco attrezzato - ovvero pagare per migliaia di posti letto inefficienti - non è un modo per curare meglio la gente ma spesso per condannare a morte i malati gravi. Nella mia provincia, Treviso, in vent’anni sono stati chiusi cinque piccoli ospedali. E oggi il sistema è fra i migliori». Insisto: non c’è il rischio che i problemi ricadano solo sui cittadini, magari con nuovi ticket? «Anche il ticket è un fallimento politico per chi lo impone. Quando ci sarà il federalismo la gente chiederà conto delle scelte anche agli amministratori locali». A proposito di sindaci. Perché avete usato il 20% dei loro stipendi per rimpinguare il fondo da 800 milioni saltato con l’abolizione del ticket nazionale sulla diagnostica? «Abbiamo voluto provocare il sistema delle autonomie locali perché cerchi con noi soluzioni e non scarichi i problemi sui cittadini». E che c’entrano i sindaci con la sanità? «Concorrono alle attività di indirizzo delle Asl. E, indirettamente, hanno un ruolo molto importante. Non sono loro a mettersi spesso alla testa dei comitati che dicono no alla chiusura degli ospedali più piccoli?». Stampa Articolo