varie, 11 luglio 2008
ARZU
ARZU Raffaele Lanusei (Ogliastra) 27 ottobre 1979. Bandito. Arrestato nel 1995 per furto aggravato di un’auto, una prina condanna a 8 mesi per ricettazione, condannato dal tribunale militare per diserzione, nel 2001 compì una nuova rapina a Castelraimondo, provincia di Macerata. Fatte perdere le sue tracce, fu condannato a 3 anni. Altra rapina ad Arezzo nel 2004, ebbe un’altra condanna: 11 anni. Oltre a questo, puntualizza il suo legale, non ha ricevuto altre contestazioni o avvisi di garanzia. Inserito nella lista dei 30 ricercati più pericolosi d’Italia, fu infine catturato il 9 dicembre 2009 • «[…] la ”primula rossa” delle rapine, il capo di una banda specializzata in colpi militari a grande effetto scenografico, come se dovesse scriverli per il cinema, mica per la cronaca. Uno di Talana, Nuoro, che a chi non lo conosce bene, a guardarlo soltanto dalla sua foto segnaletica, può pure sembrare un coglionazzo vestito a festa, sbattuto lì, nella bacheca dei latitanti, in mezzo a sguardi rapaci e vecchie lenze, con la sua faccina da studentello. Lui e la sua banda hanno riempito le cronache dal ”99, da quando aveva 20 anni. Con una caratteristica: grandi colpi, azioni militari, quasi perfette, ma soldi non sempre tanti. Come se contasse più l’effetto estetico del bottino, l’aspetto cinematografico, appunto. La polizia scopre Arzu nel 2002, assalti e rapine in Gallura. Sempre lo stesso stile: blitz da commando, armi da guerra ed esplosivo. Anche i lacrimogeni, qualche volta. Per attaccare le banche e gli uffici postali usano auto lanciandole come bombe contro le vetrine. Mai che facciano una cosa semplice. Gli investigatori hanno pure un sospetto: che da quella data, dal 2002, abbiano cominciato a spostare il raggio d’azione in ”continente”. Il 26 luglio 2002 un portavalori è assalito a Castiglioncello, in Toscana. Anche lì c’è una macchina bruciata e i banditi tirano lacrimogeni per coprirsi la fuga. Il bottino questa volta è buono: 500 mila euro. Il 2 agosto 2003 attaccano un blindato a Gonnesa, in Sardegna, coi kalashnikov Ak47 e portano via 473 mila euro. Il 21 ottobre, sull’autostrada a Pisa, le solite macchine che bruciano e il furgone speronato come in un film: 300 mila euro. Il 24 agosto 2004 colpo in provincia di Siena, 400 mila euro. La sera grande festa a Venezia: ricca cena e serata al night. Il giorno dopo di nuovo al lavoro a Subbiano (Arezzo): 327 mila euro. Possibile che sia sempre lui? Il dubbio è che Arzu abbia imitatori, o che abbia diviso la banda in gruppi. In quell’anno, però, lascia la sua firma in uno dei colpi realizzati in Toscana. Il 7 settembre ci avevano provato ad Arezzo: grande scenografia, ma neanche un euro. Un mese dopo, ancora Arezzo, il 7 ottobre. I vigilantes reagiscono e i banditi arraffano in fretta e furia due scatole delle Poste prima di scappare via. Ma hanno preso soltanto valori bollati difficilmente riciclabili. In compenso hanno lasciato uno zainetto sul posto. Proprio attraverso quello la polizia risale alla banda: sono loro, gli uomini di Arzu. Nello zaino ci sono kit di sopravvivenza: ”Servivano ai rapinatori per restare nascosti in anfratti e boscaglie per giorni e giorni”. Gli inquirenti fermano Marco Pili, 28 anni, di Lanusei, e Stefano Arzu, cugino di Raffaele. Lui, la primula rossa, è riuscito a scappare. Sono passati quattro anni e ha continuato la carriera come prima, tra la Sardegna e il ”continente”. Sempre allo stesso modo, effetto cinema, come a Chieti nel novembre 2005, con più di cento colpi sparati in aria: un concerto. E così il 31 marzo 2008: assalto al portavalori tra Monteriggioni e Colle Val d’Elsa, nel Senese, grandi fuochi d’artificio e 500 mila euro in buoni pasto, quasi tutti inutilizzabili. Bottino zero, come poco dopo, ancora in Toscana: fuoco a un camion Iveco rubato a Bologna, blindato speronato da un suv, lacrimogeni, mitra e grande scenografia. Ma arriva la polizia e devono scappare senza niente. Sull’A4 Milano-Venezia, il 9 giugno, vicino a Bergamo, assalto in stile Far West: cinque auto che rallentano il traffico alle spalle del furgone e due che lo bloccano, mettendosi di traverso. Raffiche di mitra, fiamme ossidriche, viaggiatori bloccati sotto la minaccia dei kalashnikov e un bel falò di macchine. Poi fuga a 200 all’ora inseguiti dalla stradale. Questa volta il bottino è consistente. Ma conta davvero? In mezzo, fra un colpo e l’altro, ci sono anche dei morti, come a Massa Marittima, 7 gennaio 2008, quando una guardia giurata cade sotto i proiettili dei banditi. [...]» (Pierangelo Sapegno, ”La Stampa” 2/7/2008). Si dice che attraverso la fidanzata (25 anni nel luglio 2008) starebbe trattando la resa: «[...] credo in lui. Nel gruppo si distingueva più per quello che non faceva che per quello che faceva. Dal non bere al non fumare, al non dire parolacce. [...] quando veniva accusato di avere commesso qualcosa proprio in un giorno in cui io ero stata con lui, mi chiedevo: ma come avrà fatto? [...] Non è ipocrita, ama vivere, persona superonesta, non è un assassino. [...] L’impalcatura che gli hanno costruito addosso non ha nulla a che vedere con lui. Perché non si costituisce? Perché loro non vogliono. [...] Le forze dell’ordine, che così non si sforzano di andare a cercare chi veramente commette i reati. A me sembra che abbiano trovato il colpevole di tutto e lo rendano più grande di quello che è. Noi vorremmo incontrare le famiglie della guardia giurata e del carabiniere morti. Sappiano che se un tribunale condannerà Raffaele loro non avranno avuto giustizia e i mariti si rivolteranno nella tomba. [...] Quando sono successe cose che gli addebitano, io so che lì non poteva esserci. [...] Se mi dicessero rimani in carcere per tutta la vita che liberiamo lui, accetterei» (Carmelo Abbate, ”Panorama” 17/7/2008).