La Stampa 11 luglio 2008, Vittorio Sabadin, 11 luglio 2008
Il mondo dopo la crisi. La Stampa 11 luglio 2008 Quando la crisi che sta colpendo le economie occidentali finirà e comincerà un nuovo ciclo positivo, il mondo sarà molto diverso da come lo avevamo lasciato
Il mondo dopo la crisi. La Stampa 11 luglio 2008 Quando la crisi che sta colpendo le economie occidentali finirà e comincerà un nuovo ciclo positivo, il mondo sarà molto diverso da come lo avevamo lasciato. Costretti a inseguire i crolli quotidiani delle Borse, ad annotare il prezzo del petrolio che sale e la produzione industriale che scende, corriamo il rischio di non prestare attenzione agli scenari globali che ci attendono: nel giro di pochissimi anni, l’Occidente perderà il suo potere economico a vantaggio dell’Asia, dove due miliardi di persone entreranno a fare parte della classe media e vivranno come viviamo noi oggi. La brutta notizia è che noi non lo potremo più fare. Uno studio della banca d’affari Goldman Sachs ha provato a proiettare gli attuali trend macro economici verso il 2050, scattando una fotografia del futuro: in termini di prodotto interno lordo, i Bric (Brasile, Russia, India e Cina) occuperanno quattro delle prime cinque posizioni, con gli Stati Uniti secondi dietro ai cinesi. Seguiranno Indonesia e Messico, mentre la Turchia supererà il Giappone e la Francia. L’Italia, che nel 2007 era in settima posizione, precipiterà al 17° posto, dopo la Nigeria, le Filippine e il Canada e prima di Corea, Iran e Arabia Saudita. Già nel 2003 due economisti, Dominic Wilson e Roopa Purushothaman, avevano pubblicato uno studio dal titolo «Sognando con i Bric» che annunciava questo nuovo ordine: la novità è che le previsioni sono state accelerate dalla crisi che stiamo attraversando e che porta capitali cinesi, indiani, russi e fondi sovrani a «salvare», acquistandole, molte banche e industrie occidentali in difficoltà. Secondo Goldman Sachs, la Cina raggiungerà in termini di ricchezza gli Stati Uniti nel 2025 e li supererà poco dopo. Nel giro di 40 anni, i cinesi avranno uno standard di vita uguale o leggermente migliore di quello che gli inglesi hanno oggi; gli indiani vivranno come si viveva a Londra vent’anni fa e gli iraniani saranno simili agli italiani di questi anni. Il cambiamento che ci attende avrà una portata uguale alla formazione nel diciottesimo secolo della classe media nordamericana ed europea, che cambiò l’economia del mondo. Mezzo secolo fa, 6 abitanti della Terra su 10 vivevano con meno di mille dollari l’anno, oggi sono 15 su 100. Ma mentre adesso i poveri si dividono equamente tra Asia e Africa, la crescita dei paesi orientali farà in modo che già nel 2030 le popolazioni più povere si concentreranno per il 90% in Africa, dove forse i cinesi (che stanno acquistando in quel continente, il paradiso delle materie prime, tutto quello che possono) procureranno loro un lavoro dignitoso. Se non sarà così, l’unica speranza per milioni di persone resteranno i barconi diretti in Europa. La creazione di un nuovo ordine economico mondiale che avrà spostato il suo baricentro in Asia non sarà ovviamente priva di conseguenze per il mondo occidentale e per la nostra vita quotidiana. Se lo standard della maggior parte della popolazione del mondo diventerà quello della classe media attuale, resta da risolvere il problema di dove si troveranno le risorse energetiche e alimentari necessarie per tutti. La classe media dominante sarà in Asia e imporrà le proprie idee e le proprie scelte al resto del mondo, come ha fatto l’Occidente per qualche secolo. E per permettere che si accendano più lampadine in Cina, India e Russia, dovremo spegnerne alcune delle nostre. Le previsioni degli esperti, in tutti i campi, non sono mai sicure perché non possono tenere conto delle variabili che non conoscono. Può darsi che qualcosa, come i mutamenti climatici o altri imprevedibili eventi fermino la crescita dei Brics. Può darsi che la scienza inventi nuove fonti di energia e nuovi modi di produrre più cibo. Ma se questo non avverrà, le nostre idee e i nostri modelli conteranno sempre meno, e l’Occidente dovrà rassegnarsi a non essere più il padrone del mondo. E non c’è più niente che possiamo fare per impedirlo. Vittorio Sabadin