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 2008  luglio 11 Venerdì calendario

A Torino spunta il tesoro di Saddam. La Stampa 11 luglio 2008 Fine 2002: il governo iracheno di Saddam Hussein affida agli svizzeri il compito di stampare milioni e milioni di banconote

A Torino spunta il tesoro di Saddam. La Stampa 11 luglio 2008 Fine 2002: il governo iracheno di Saddam Hussein affida agli svizzeri il compito di stampare milioni e milioni di banconote. una delle ultime mosse degli oligarchi di Baghdad. Siamo vicini all’ora zero, Stati Uniti e Inghilterra stanno per muovere guerra al regime, che cadrà, ufficialmente, il primo maggio del 2003. E così, nei forzieri delle banche elvetiche resta un tesoro colossale, mai quantificato esattamente. Sono le banconote emesse tra il 1990 e il 2003, che hanno sopra incisa l’immagine del dittatore. Le svizzere, denominate Swiss dinar, per la provenienza, sono quelle più pregiate. Quelle prodotte in Iraq o in Cina sono soggette a un rapido degrado per la pessima qualità dei materiale utilizzato nella stampa. Dopo la fine di Saddam Hussein, tutte le monete e banconote che ancora circolavano in Iraq sono state convertite nel nuovo dinaro, a partire dal 2004, sotto il diretto controllo della Banca Centrale dell’Iraq. Premessa forse un po’ complicata, ma necessaria per raccontare un segmento dell’indagine «White Horse», o meglio, la caccia alla tranche italiana del tesoro di Saddam Hussein, rimasto in Svizzera e - a quanto pare - polverizzato in migliaia di rivoli, e disperso in tutto il mondo. Gli inquirenti svizzeri stanno indagando da anni ormai, per cercare di ricostruire i movimenti e il traffico illegale dei vecchi dinari. Tra colpi di scena, indagati eccellenti, compresa l’immancabile l’ombra dei servizi medio-orientali. C’è il sospetto, infatti, che il colossale traffico di denaro sia legato al finanziamenti ad organizzazioni terroristiche. A ottobre il processo In Italia, ha indagato la Dda (direzione distrettuale antimafia) di Torino. Il neo coordinatore Sandro Ausiello e il sostituto Enrica Gabetta, hanno chiuso le indagini, avviate nel 2005 e indagato 19 persone. Prima udienza del processo ad ottobre. Coinvolti, tra gli altri, un alto dirigente della banca Credem di Parma, due funzionari dello stesso istituto di credito, l’ex presidente di un ente pubblico di Torino e una lunga serie di broker, italiani e stranieri. Non solo Swiss dinar, detti anche «cavallini». Anche pesos argentini, dinari croati, marchi ex Ddr, persino vecchie lire italiane, da molto tempo fuori corso. Ma questa è ancora un’altra storia. I magistrati torinesi procedono per i reati 81 e 110 del codice penale, art. 132 ddl 385/93: «...In concorso tra loro... agendo quali intermediari di coloro che avevano la disponibilità di dinari iracheni detti Swiss dinar o ”cavallini” o simili per la ricerca di persone interessate all’acquisto e a corrispondere il controvalore in valuta diversa, dollari o euro, svolgevano... intermediazioni in cambi, senza essere iscritti nell’apposito elenco e segnatamente offrivano in forma professionale, costante e garantita, le loro attività nella cessione della predetta valuta ma anche di valute diverse, tra cui dinari croati, pesos e lire...per qualche milione di pezzi...». Milioni di pezzi. Il rivolo italiano del tesoro di Saddam viaggia su cifre da capogiro: 32 milioni di banconote, per un valore «facciale», osservano i pm, di 800 milioni di dinari. Ogni banconota da 25 Swiss dinar, può essere convertito in 150 nuovi, con data 2004. Il cambio, all’epoca dell’inchiesta (2005-2007), era, rispetto all’euro, di 0,0005703. A conti fatti, una conversione, almeno in teoria, pari a circa 30 milioni di euro. Ma è un dato tutt’altro che certo. I trafficanti offrivano il denaro a costi variabili, comunque in grado di assicurare agli acquirenti la possibilità di forti speculazioni. Banchieri e denaro sporco La Dda ha indagato sull’aspetto più misterioso e inquietante della vicenda. Chi sono gli uomini d’oro che, dai forzieri svizzeri, hanno manovrato il flusso di denaro? Agli indagati viene anche contestato l’art. 648 bis del codice penale: «...compivano attività dirette al trasferimento di denaro che per le modalità dell’offerta (quantitativi esorbitanti, anche in giacenza estera) è di origine non documentata ovvero artefatta attraverso una documentazione appositamente predisposta al fine di attestarne l’origine lecita e della riservatezza delle trattative, non potevano che provenire da un delitto...». Tra gli indagati italiani: Carlo Monteverdi, di Parma, alto dirigente della Banca Credem; Riccardo Orani e Enrica Mondino, entrambi di Cuneo, funzionari dello stesso istituto di credito. Poi l’italo-svizzero Daniele Cestagalli, originario di Novara, residente a Melide, in Svizzera; Egidio Alagia, di Potenza; Santo Colletta, di Diano D’Alba (Cuneo): Giuseppe Africani, Giulianova, e Mario Maletti, di Torino. Quindi Carlo Di Giacomo, Torino, e Antonio Mazzei, di Napoli. Infine un altro gruppo di acquirenti-mediatori: Ataydes Dutra Lobagni, detto «Jacques p «Jack», brasiliano residente a Pordenone; Giulio Cesare Valente, di Felizzano (Alessandria), Saverio Loria, Oppido Mamertina (Rc) e residente a Bari; Alberto Garavaglia, Bernate Ticino e il cuneese Lorenzo Dutto. Carlo Di Giacomo, ex presidente dello Csi di Torino, si difende: «Non so nulla di questo traffico così rilevante di denaro iracheno. A me era stato detto che si trattava di banconote fuori corso, con un modesto valore. Non ho nulla da temere dall’inchiesta, non ho commesso alcun reato. Lo dimostrerò». Scambi in Piazza San Carlo A Torino, uno dei «passaggi» di Swiss dinar, avvenne in circostanze da film noir, in un elegante ristorante di piazza San Carlo. Gli investigatori, in quel momento, ebbero la prova che le banconote sequestrate agli intermediari al centro della trattativa provenivano dai caveau svizzeri. Originali. I pm della Dda torinese entrano nei dettagli: i contatti tra gli emissari (che avevano la disponibilità diretta del denaro) sono avvenuti tra Torino, Milano, Lugano e Zurigo, in lungo arco di tempo. Ad Antonio Mazzei, in particolare, venivano sequestrate 28 mila 879 in tagli da 25 dinari. Circolavano anche dinari croati, marchi tedeschi ex Ddr. Poi una seconda tranche, gestita in modo diretto dai funzionari di banca. Prima 60 mila tagli, poi 400 mila. Alla fine, decine di milioni. Massimo Numa