Il Sole 24 Ore 7 luglio 2008, Gianni Trovati, 7 luglio 2008
Il conto dei debiti comunali è di 1.542 euro per abitante Il Sole 24 Ore 7 luglio 2008 Complici gli investimenti legati ai grandi eventi, è Torino il Comune più indebitato d’Italia, con 3
Il conto dei debiti comunali è di 1.542 euro per abitante Il Sole 24 Ore 7 luglio 2008 Complici gli investimenti legati ai grandi eventi, è Torino il Comune più indebitato d’Italia, con 3.316 euro di "rosso" per abitante. Segue Milano e, solo terza, Roma, al centro dell’allarme "buco". Su ogni residente dei capoluoghi di provincia pende un debito comunale di 1.542 euro, come mostrano i certificati consuntivi degli enti locali. Nel 2007 l’indebitamento dei sindaci ha frenato, ma durante quest’anno può tornare a crescere. Il caso Roma, con gli allarmi sul possibile dissesto del Comune e l’anticipo-tampone di 500 milioni concesso per decreto dalla Cassa depositi e prestiti, ha riacceso i fari sull’indebitamento degli enti locali italiani. Il "rosso" del Campidoglio viaggia sopra i 6 miliardi e mezzo, a cui si affianca una linea di credito 1,3 miliardi («non ancora utilizzata», ha puntualizzato l’ex sindaco Veltroni). In valore assoluto, ovviamente, si tratta di numeri da primato. Ma la Capitale è anche di gran lunga il Comune più grande d’Italia, e rapportando il debito alle dimensioni dell’amministrazione la situazione cambia. Nell’autodifesa sul suo passato di sindaco dalle accuse del premier e della maggioranza, Veltroni ha reclamato che il debito pro capite dei milanesi è più alto di quello dei romani. Vero, stando ai dati dei certificati consuntivi 2006 (ultimi disponibili) che Il Sole-24 Ore ha utilizzato per fare l’identikit del debito dei sindaci. Ma nemmeno a Milano (dove il debito per abitante è di 2.771 euro, contro i 2.577 di Roma) si raggiunge la vetta del rosso comunale: per cercarla bisogna guardare a Torino, che ha chiuso il 2006 con quasi 3 miliardi di debiti, cioè 3.316 per abitante. Più del doppio rispetto ai 1.542 euro che toccano in media a ogni cittadino di un Comune capoluogo e cifre lontanissime, per restare al Nord, dai 422 euro di Mantova o dai 216 di Modena. Attenzione, però: lo stock del debito in sé non è un termometro automatico della virtuosità della gestione. E la stessa Ragioneria generale nella sua indagine sui conti capitolini ha puntualizzato - mentre le polemiche infuriavano sull’esatto livello del "rosso" - che il problema erano le casse, desolatamente vuote, che mettevano a rischio i pagamenti. Da Taranto a Enna, del resto, la storia recente dei dissesti comunali dimostra che il dramma scoppia sempre nella parte corrente: niente soldi in cassa, niente pagamenti e libri in tribunale. I debiti, ovviamente, sono una parte del problema, con gli oneri di ammortamento che determinano, ma i nodi vanno cercati soprattutto alle voci «sostenibilità» e «gestione» (leggi «swap»). Proprio su questi, infatti, si è concentrata la manovra d’estate, congelando la possibilità per gli enti locali di ricorrere a strumenti derivati (articolo 62 del Dl). La genesi dei livelli attuali di indebitamento comunale, invece, è negli investimenti, in particolare dopo che la riforma del titolo V ha messo in Costituzione il divieto di finanziare con debito le spese correnti. I quasi tre miliardi del debito torinese nascono, per una parte importante, dall’impegno che ha rinnovato la città in vista delle Olimpiadi invernali e degli altri eventi di cui è stata teatro. Uno sforzo che ha finito per penalizzare Torino anche per il rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità, al punto che Letizia Moratti, vista l’esperienza torinese, entrata nella lunga fase preparatoria all’Expo 2015 ha chiesto una disciplina speciale per gli investimenti legati a eventi straordinari. La mole di debito, comunque, non impensierisce Palazzo di Città (S&P e Fitch assegnano a Torino un rating rispettivamente di A e A+) che ha appena lanciato un programma di emissioni per altri 800 milioni: «L’obbligazione – ha spiegato l’assessore al Bilancio Gianguido Passoni riferendosi alla prima emissione da 355 milioni – migliora il profilo di rischio del Comune rispetto agli scenari di rialzo dei tassi». Una dinamica simile, seppure in scala, ritorna a Siena, prima città media nella classifica dei debiti per abitante, a immediato ridosso dei tre colossi di Torino, Milano e Roma. «Negli ultimi anni – dice Massimo Bianchi, assessore al Bilancio – l’impennata degli investimenti è stata forte; sono stati messi in regola tutti gli edifici scolastici, e molti interventi si sono concentrati sul vecchio stadio». Mentre il Siena passava dalla C/1 alla A. Ora però il Comune fa macchina indietro: «Con 500mila euro di avanzo non vincolato finanzieremo l’estinzione anticipata di mutui – sottolinea Bianche ”, e il Comune non farà nuovo debito». L’inversione di marcia del debito comunale del resto è stata una tendenza generalizzata nel 2007; per la prima volta da molti anni il consolidato del comparto Comuni ha chiuso in territorio positivo (+325 milioni, non succedeva dal 1995), l’emissione di Boc è crollata e anche lo stock del debito, volato dai 34,4 miliardi del 1998 ai 49,4 del 2006, si è assottigliato a quota 47,4 (si veda il grafico in basso). I risultati del 2008 per ora si possono solo ipotizzare, ma non mancano gli elementi per indovinare una ripresa del "rosso". In particolare per i meccanismi del Patto di stabilità che, con l’introduzione della competenza «mista», ha lasciato briglia sciolta agli impegni in conto capitale finanziati con il debito. Anche per questo i tecnici che stanno lavorando alla manovra sono tornati a concentrarsi su questo aspetto e stanno studiando meccanismi per frenare la corsa di chi più si è spinto nella strada dell’indebitamento. E uno dei parametri possibili è rappresentato dallo stock di debito in rapporto alle entrate totali (riportato nella tabella a fianco per tutti i Comuni capoluogo di provincia), una sorta di traduzione in chiave locale del rapporto debito/Pil. Anche perché lo impongono gli obiettivi europei, a cui i Comuni devono concorrere. Gianni Trovati