La Repubblica 10 luglio 2008, LUIGI BIGNAMI, 10 luglio 2008
Se 500mila anni di chiacchiere possono bastare. La Repubblica 10 luglio 2008 La parola non fu prerogativa dell´Homo sapiens, la specie a cui tutti noi apparteniamo, ma potrebbe già essere nata nel periodo del Neanderthal
Se 500mila anni di chiacchiere possono bastare. La Repubblica 10 luglio 2008 La parola non fu prerogativa dell´Homo sapiens, la specie a cui tutti noi apparteniamo, ma potrebbe già essere nata nel periodo del Neanderthal. O addirittura ancor prima, quando sulla Terra viveva una specie di ominide noto come Homo heidelbergensis, da cui il Neanderthal è disceso. Se così fosse, i primi colloqui scambiati tra ominidi risalirebbero a 530mila anni fa e non a 50 o 60 mila anni or sono, come si è sempre creduto. La ricerca è stata condotta da Ignacio Martinez dell´Università di Alcala in Spagna e pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences e divulgata al recente convegno "Acustic 08". Lo studio ha seguito una strada diversa da molte altre che hanno cercato di capire se i nostri predecessori fossero in grado di parlare o meno. Di solito, infatti, le altre ricerche puntavano sulla scoperta diretta o indiretta della presenza di corde vocali, ma poiché sono tessuti assai delicati scompaiono quasi subito alla morte di un individuo e quindi è quasi impossibile che lascino tracce in un reperto fossilizzato di decine di migliaia di anni. Martinez e colleghi, invece, sono andati a verificare se l´orecchio dei nostri progenitori fosse in grado di udire suoni emessi dalla bocca. Hanno ricostruito in dettaglio l´intera parte interna dell´orecchio di un Homo heidelbergensis scoperto in una località nota come Sima de Huesos, che si trova vicino ad Atapuerca, in Spagna. «Ricostruendo il canale auditivo e gran parte dell´orecchio attraverso tecniche di tomografia computerizzata, abbiamo messo in luce che già l´Homo heidelbergensis poteva udire frequenze molto simili a quelle che percepisce il nostro orecchio e che è ovviamente in grado di ascoltare le parole che emettiamo. Perché l´orecchio di tali ominidi avrebbe dovuto specializzarsi alla captazione di tali frequenze se non per ascoltare i suoni emessi dalla loro bocca?", afferma Rolf Quam, coautore della ricerca e paleoantropologo all´American History Museum di New York. In realtà se si esegue lo stesso lavoro sulla struttura interna dell´orecchio di uno scimpanzè, l´essere vivente geneticamente più vicino all´uomo, ci si accorge che la capacità di percepire le frequenze tra i 2.500 e i 4.000 hertz (tipiche della parola dell´uomo) è assai inferiore a quella dell´Homo sapiens, del Neanderthal e dell´Homo heidelbergensis. Significa, allora, che gli ominidi di 500 mila anni fa si parlavano tra loro? Spiega Quam: «La scoperta non conferma in modo assoluto che quegli esseri erano in grado di parlare e di produrre discorsi, ma ciò che abbiamo trovato può avere solo due significati: la modifica dell´orecchio ha facilitato lo sviluppo del linguaggio che, almeno negli ultimi Neanderthal, si deve essere in qualche modo sviluppato oppure che la capacità di linguaggio ha fatto modificare l´orecchio per ascoltare meglio quanto emesso dalla bocca. Ora, poiché un tale sistema sensoriale è assai dispendioso dal punto di vista neurologico, non avrebbe senso che questa capacità si fosse evoluta senza un motivo specifico, che è proprio quello di ascoltare al meglio le parole». A dar manforte a questa scoperta vi è un altro lavoro apparso su Molecular Biology and Evolution, secondo il quale due geni trovati del genoma di un Neanderthal sono del tutto simili a quelli implicati nel linguaggio dell´uomo e sono molto diversi da quelli dello scimpanzè. LUIGI BIGNAMI