Corriere della Sera 9 luglio 2008, Alessandra Farkas, 9 luglio 2008
Reality proletari. Corriere della Sera 9 luglio 2008 Sono l’antidoto a Paris Hilton, Gossip Girls e The O
Reality proletari. Corriere della Sera 9 luglio 2008 Sono l’antidoto a Paris Hilton, Gossip Girls e The O.C. in un’era che ha riscoperto i lavori umili e la working class come modelli da ammirare ed imitare. Dopo la pluriennale scorpacciata di ricchi, famosi e debosciati, la tv Usa adesso rilancia i colletti blu. Camionisti, boscaioli, spazzacamini: nuovi, virtuosi eroi di un’America Obamiana e democratica, alle prese con la guerra e la recessione economica, che riscopre la propria anima proletaria, dopo otto anni di George W. Bush. Il padre incontestato del nuovo trend è Thom Beers, il producer americano che dalla metà degli anni ’90 ha firmato oltre 40 serie tv, prima di inventare ciò che il New York Times ha ribattezzato «la tv virile dei lavori estremi e pericolosi», un genere che sta battendo ogni record d’audience, ispirando persino Hollywood. E’ lui l’anima dietro Black Gold (Oro Nero) la nuova serie di truTV (oltre 1,6 milioni di fan) che racconta il duro lavoro di alcuni cercatori di petrolio. Il documentario-reality segue tre team che hanno solo 50 giorni per cercare di estrarre l’«oro nero» del West Texas: un’impresa pericolosissima, data anche la natura estremamente competitiva del settore. Targato Beers è anche Deadliest Catch (Pesca estrema) su Discovery Channel, che segue i capitani e gli equipaggi di sei pescherecci in un viaggio tra i ghiacci del mare di Bering, in lotta contro insidie per guadagnarsi da vivere e mantenere una tradizione familiare di generazioni. Poi c’è Ice Road Truckers (I camionisti dei ghiacci), anche questo prodotto e narrato da Beers, su un gruppo di camionisti di mostri a 18 ruote che attraversano le lande più gelate del Canada per portare rifornimenti e materiali ai minatori che lavorano nella tundra a nord-ovest del paese. Il programma, il più seguito nella storia di History Channel (4 milioni di spettatori) ha attirato l’attenzione della 2oth Century Fox, che ha acquistato i diritti per girarne una versione cinematografica. La conferma che il trend è ormai un’inesauribile gallina dalle uova d’oro, come ha scritto un critico, viene da Ax Men, un documentario-reality sul rischiosissimo lavoro dei taglialegna delle foreste dell’Oregon e Washington, altro campione di incassi per History Channel. Lo show è stato salutato come «la celebrazione degli eroi che proseguono sulle orme dei pionieri». Già approdato in Italia – su SkyTV – è poi Dirty Jobs (Lavori sporchi) che svela i segreti dei mestieri peggiori al mondo. Ogni settimana il 46enne presentatore Mike Rowe si cimenta come assistente al fianco di lavoratori professionisti pescatori di ostriche, spazzacamini, addetti alla fossa biologica, esperti della disinfestazione da ratti e insetti che quotidianamente vincono la paura, il pericolo ed il disgusto per eseguire i lavori «più sporchi». L’avvento di questi eroi proletari – Reality TV’s Working Class Heroes, li ribattezza il settimanale Time, ’ è stato salutato come un gradito ritorno al passato. «L’ironia è che la tv americana snobba la working class da anni», teorizza Time, secondo cui «Oggi drammi e sitcom si sono tutti imborghesiti». Tanto che «per attrarre gli yuppies hanno sfrattato meccanici e scaricatori di porto ». Eppure un tempo i colletti blu dominavano il piccolo schermo Usa. Basta pensare ad eroi come Ralph Kramden, il conducente di autobus protagonista del popolarissimo "Honeymooners", negli anni ’50. Ma a differenza d’allora, i nuovi reality attraggono un’audience quasi esclusivamente maschile. Non a caso, visto che i suoi ruvidissimi eroi sono solo uomini. O meglio omaccioni che sudano, bestemmiano, tracannano birra e pasti ciclopici, prima di rischiare la vita ed operare su macchinari letali. Assente del tutto dai nuovi show, è invece il conflitto di classe. «Beers si rifiuta di sfruttare le tensioni tra lavoratori e padroni», scrive il New York Times, «Nel suo mondo si è solo vagamente consapevoli di chi viene sfruttato e chi invece ci guadagna». «Questa è una televisione solo di eroi, senza vittime», gli fa eco il Chicago Tribune, secondo cui «la Working-class TV incolla lo spettatore al piccolo schermo con la promessa sensazionalistica del pericolo. Ma invece di commiserarli, celebra i suoi eroi, sopravvissuti ad un capitalismo sfrenato e senza reti di salvataggio ». Uno degli aspetti più autentici del genere è che le star di Beers non sono affatto tali. «Non vanno in tv per soldi – spiega il producer ”. Hanno tutti accettato di farsi filmare senza alcun compenso». Alessandra Farkas