La Repubblica 9 luglio 2008, MARIO CALABRESI, 9 luglio 2008
L´auto di Detroit verso l´abisso. La Repubblica 9 luglio 2008 Per capire l´umore è sufficiente la vignetta pubblicata dal Detroit Free Press, quotidiano della città dell´auto americana: si vede il presentatore di un gioco a premi mostrare ai due concorrenti, un uomo e una donna, una gigantesca auto a quattro ruote motrici
L´auto di Detroit verso l´abisso. La Repubblica 9 luglio 2008 Per capire l´umore è sufficiente la vignetta pubblicata dal Detroit Free Press, quotidiano della città dell´auto americana: si vede il presentatore di un gioco a premi mostrare ai due concorrenti, un uomo e una donna, una gigantesca auto a quattro ruote motrici. «Uno di voi due questa sera tornerà a casa con questo nuovo Suv!». «E il vincitore invece cosa prende?», chiede preoccupata la donna. Il Suv, l´auto a otto cilindri simbolo della potenza americana su strada, fino ad un anno fa era l´oggetto dei desideri dei cittadini a stelle e strisce, oggi, con la benzina che ha superato i 4 dollari a gallone, è considerato una punizione per quanto consuma, tanto che nell´ultimo mese le vendite sono precipitate del 54% e il valore dell´usato è sceso in modo drammatico. Il crollo dei Suv, dei pick-up - i furgoncini che fanno il paesaggio americano - e della grosse cilindrate stanno trascinando nel baratro le tre grandi case automobilistiche di Detroit: in giugno il mercato ha perso il 18% e la parola "bancarotta" non è più un tabù. Il titolo di General Motors si è dimezzato nelle ultime otto settimane, dodici mesi fa era 43 dollari e ora è sotto i 10, un valore che aveva all´inizio degli Anni Cinquanta, quando presidente era il generale Eisenhower. Tanto che la banca d´affari Merrill Lynch la settimana scorsa ha gelato gli investitori affermando che per GM «la bancarotta non è impossibile se il mercato continua a deteriorarsi». La compagnia ha reagito sostenendo che ha abbastanza liquidi per arrivare almeno alla fine dell´anno. «La risposta di GM sembra quella di un dottore che - ha scritto ieri il Wall Street Journal - cercando di rassicurare la famiglia di un malato gli dice che arriverà almeno alla fine della settimana». Nell´analisi di Merrill Lynch si sostiene che la compagnia guidata da Richard Wagoner ha bisogno di 15 miliardi di dollari di nuovi capitali ma la domanda è dove possa trovarli una compagnia che oggi capitalizza un terzo di quella cifra. Ma l´aria che si respira nelle strade, dai venditori di auto usate e nelle concessionarie racconta molto più dei dati. Il domenicano Luis, da dieci anni a New York dove fa l´autista, possiede una Chevrolet Suburban: «Quest´auto è un killer, mi sta uccidendo: il pieno costa ormai 130 dollari, faccio 11 miglia con un gallone (4,6 chilometri con un litro) e vorrei liberarmene, ma non trovo nessuno che la voglia o che mi paghi almeno le rate che mi sono rimaste». Un Hummer rosso, l´immensa jeep militare della Prima Guerra del Golfo riadattata per il brivido di automobilisti in abiti civili, avanza in mezzo ad un bosco a nord di New York. Improvvisamente si ferma per chiedere un´informazione. La guidatrice nota lo sguardo di disapprovazione e si sente in dovere di spiegare: «Consuma moltissimo è vero, ma è di mio marito che vende motoslitte e in inverno deve guidare sul ghiaccio». Le vendite di Hummer in giugno sono scese del 60% e la GM sta pensando di liberarsene, ma anche lei deve trovare chi se la prenda. Il petrolio a 140 dollari al barile e la benzina a quattro dollari al gallone sono stati capaci di cambiare con una velocità sorprendente la testa degli americani, la loro scala di valori e desideri e di sprofondare in una crisi ancora più profonda le case automobilistiche statunitensi. Nelle sue «lezioni americane» Italo Calvino aveva suggerito la leggerezza come valore da coltivare nel nuovo secolo. A Detroit non l´hanno ascoltato e oggi pagano le conseguenze della pesantezza che rende ogni giorno più difficile la concorrenza. Non sono solo i giapponesi, con le loro auto a bassi consumi, non sono solo quelle piccole e buffe macchinette che stanno prendendo piede nelle grandi città, le Smart che con le Mini sono diventate fenomeni di moda, sono perfino i treni, gli scooter, le metropolitane e le biciclette i vincitori di questa partita. E´ la grande umiliazioni per i giganti dell´auto americana, per una società costruita sulle quattro ruote. A questo ritmo le previsioni dicono che nel 2008 si venderanno quasi due milioni di veicoli in meno rispetto ai 15, 7 del 2007. Nel mese di giugno la Chrysler ha perso il 35,9%, la Ford il 27,8 e General Motors il 18,2. Le tre grandi di Detroit sono in crisi da otto anni a causa del costo del lavoro e degli oneri sociali (sanità e pensioni) che hanno garantito agli operai per mezzo secolo. Le ristrutturazioni messe in campo negli ultimi anni stavano cominciando a dare frutti quando la crisi finanziaria prima, poi il prezzo del greggio alle stelle e infine il raddoppio in sei mesi del prezzo dell´acciaio hanno quasi annullato i risultati di tagli e sacrifici, così non resta che accelerare e inasprire i processi e cercare di sopravvivere. La meta è il 2010 quando entreranno in produzione i nuovi modelli più efficienti e andranno a regime gli accordi sindacali firmati negli ultimi anni che liberano le aziende dalle spese mediche dei dipendenti. Intanto la Chrysler, dopo gli ultimi dati, ha mandato a casa 2400 operai chiudendo lo stabilimento di St. Louis dove produceva minivan. La condanna per Detroit sono quei veicoli grossi e pesanti che per dieci anni sembravano il nuovo Eldorado. Ma ora l´americano medio si è reso conto che per andare al lavoro o portare i figli a scuola non ha bisogno di un veicolo che pesa 36 quintali. Tanto che la regina del mercato nei primi sei mesi dell´anno è l´Honda Civic (36 miglia con un gallone), che ha visto le vendite crescere del 18%. La Honda, che ha una quota di mercato del 12% (quarta in America) è l´unica a non avere il segno meno: a giugno mentre tutti sprofondavano è cresciuta dell´1,1%. La casa giapponese è in grado di costruire 400mila Civic all´anno (solo a maggio ne ha vendute 53mila) e ha l´elasticità per convertire secondo i bisogni le sue linee di produzione dai minivan alle piccole auto, una cosa che i tre di Detroit non sono in grado di fare. Tanto che Gm riesce ad assemblare solo 250mila Chevy Cobalts, anche se il mercato ne chiederebbe di più, e la Ford ha dovuto chiudere il suo impianto di Suv a Wayne in Michigan per nove settimane, mentre la fabbrica dove produce la Focus - che è poco distante - faceva i turni anche la notte. Il crollo di giugno viene infatti spiegato non solo con la recessione e le difficoltà economiche delle famiglie americane ma proprio per la mancanza di modelli che soddisfino le richieste. Le auto di cui avrebbe bisogno la Ford le possiede, ma le produce e le vende in Europa e spedirle in America sarebbe folle vista la debolezza del dollaro sull´euro. Così dovrà aspettare il 2010 per vedere i suoi impianti americani capaci di sfornare piccole auto dai bassi consumi come la Ford Focus. La ricetta per uscire dalla crisi però non è quella di andare verso veicoli spartani senza optional ma di produrre automobili che consumino meno, mantenendo però tutti i comfort dei Suv: dai sedili in pelle ai navigatori satellitari. Ora si vuole un motore a soli quattro cilindri montato sulla carrozzeria del passato, è questo il nuovo lusso. Eric Peterson, portavoce della Ford, spiega che «ora c´è un cambiamento nella mentalità del consumatore con cui dobbiamo fare i conti: vogliono consumare meno ma avere tutto quello a cui erano abituati». Così la nuova Ford Escape offrirà una versione a quattro cilindri anziché sei ma per il resto sarà identica. Naturalmente c´è anche chi festeggia: durante il fine settimana del 4 luglio alla Mini di Manhattan trattenevano a stento la loro soddisfazione: gli affari vanno a gonfie vele, nessuno aveva immaginato che la piccola inglese di proprietà della Bmw potesse sfondare in America: più 24,8% solo a giugno. In vetrina e su ogni macchina un grande cartello: 37 miglia con un gallone il triplo di strada di un Suv «Quando nel 2002 siamo entrati nel mercato americano - racconta Andrew Cutler, portavoce della Mini Usa - la benzina costava un dollaro e mezzo al gallone e la metà del mercato era occupato dai Suv, tutti pensavano che eravamo dei pazzi, ma la storia ci ha dato ragione». E ironia della sorte, a vendere bene non sono solo le macchine piccole, ma anche quelle piccolissime che non consumano neanche una goccia di benzina: i modellini. Tanto che nell´ultimo mese la Mattel ha superato in capitalizzazione di borsa la General Motors. MARIO CALABRESI