La Repubblica 8 luglio 2008, RENATA PISU, 8 luglio 2008
E Mao sparì dalla banconota. La Repubblica 8 luglio 2008 Resisterà il vecchio Mao? O la sua immagine onnipresente rischia di sparire? Non da piazza Tiananmen, ovvio, ma si teme per i biglietti di banca dove finora ha imperversato come mai al mondo nessun altro condottiero, imperatore, sovrano, artista, scienziato, santo e navigatore
E Mao sparì dalla banconota. La Repubblica 8 luglio 2008 Resisterà il vecchio Mao? O la sua immagine onnipresente rischia di sparire? Non da piazza Tiananmen, ovvio, ma si teme per i biglietti di banca dove finora ha imperversato come mai al mondo nessun altro condottiero, imperatore, sovrano, artista, scienziato, santo e navigatore. E adesso il suo primato vacilla, la sua effigie sparisce dal biglietto verdolino da dieci yuan, un euro, sostituita dalla raffigurazione del "nido d´uccello", lo stadio olimpico che si pone come uno dei simboli della Pechino 2008. La Banca centrale della Repubblica Popolare cinese sta infatti stampando sei milioni di nuove banconote senza Mao, già se ne vedono in circolazione, e chi riesce a mettere le mani sui biglietti nuovi fiammanti, preferisce, se può, non spenderli subito: magari acquisteranno valore sul mercato numismatico, magari potranno essere incorniciati e conservati come souvenir, se mai le massime autorità dovessero fare marcia indietro e tornare a Mao, unico dio della moneta. Di banconote con la faccia di Mao ce ne sono da uno yuan, da venti, da cinquanta, da cento, talmente tante sue facce sono in circolazione che non si esauriranno in fretta, anche se le autorità dovessero decidere di cancellarlo da tutte le banconote sulle quali impera, unico e incontrastato simbolo di una Cina che non potrebbe essere più diversa da quella in cui lui visse e morì, dopo aver fatto una rivoluzione e aver emesso banconote sulle quali non erano raffigurati i potenti, i grandi capi, ma le classi sociali all´arrembaggio: operai, contadini e soldati che alzavano il pugno vittorioso su uno sfondo di spighe di grano, di trattori, di bandiere rosse, di soli che sorgono, di ciminiere di fabbriche. Così, i primi grandi business della Cina che da rossa stava diventando rosa, si sono svolti a suon di banconote inneggianti alla lotta di classe, i primi capitalisti si sono arricchiti accumulando denaro che, a guardarlo, strideva con il nuovo spirito imprenditoriale. Ma poco importava, nessuno stava lì a guardare cosa c´era raffigurato sopra i soldi, i soldi si contavano a mucchi, a mazzette. Poi, nel 1990, un primo colpo di scena: sui tagli più piccoli rimangono le classi lavoratrici, gli sfondi si ingentiliscono con paesaggi campestri, montagne e pagode, ma sul bigliettone, quello da cento yuan, appare per la prima volta Mao assieme ad altri tre leader della rivoluzione, considerati suoi pari: quattro profili, il suo per primo e poi quelli di Zhou Enlai, di Liu Shaoqi e di Zhude. Forse il segnale che si volle dare era che i nuovi ricchi, gli unici che maneggiassero con disinvoltura i biglietti da cento, non dovevano preoccuparsi, sentirsi in colpa, il Partito approvava. Ma poi, altro colpo di scena, nell´emissione del 1999 e in quella successiva del 2005, le uniche oggi in circolazione, spariscono gli altri padri della patria e rimane soltanto Lui. Come mai? Forse la spiegazione è che gli altri tre rimandavano troppo apertamente al passato rivoluzionario, Mao era invece diventato l´icona buona per tutte le stagioni, un santino, l´immaginetta che i tassisti cinesi attaccavano allo specchietto retrovisore perché portava fortuna. Dunque, se si calcola sia pure approssimativamente quante banconote di varia pezzatura circolano oggi in Cina con l´effigie di Mao, bisogna convenire che di sicuro ci sono più Mao oggi che all´epoca della Rivoluzione culturale, quando furono stampati oltre tre miliardi di manifesti con il suo ritratto. Solo che oggi il Mao che passa di mano in mano è utile, serve: e per di più non si è mai dato il caso che un´economia crescesse a ritmo tanto vertiginoso come quella cinese basandosi su di una moneta che più stabile e fortunata non potrebbe essere. I superstiziosi dicono che è tutto merito di Mao, del suo faccione benevolo che presiede a tutti i traffici, leciti o illeciti. Così finora i timidi tentativi di sostituire la sua effigie con quella di altri personaggi, come Sun Yat-sen o Deng Xiaoping, sono stati respinti e la decisione di immettere in circolazione biglietti da dieci yuan senza Mao, rappresenta una svolta storica per celebrare i fasti delle Olimpiadi. Ma i cinesi non sembrano molto convinti, temono che l´innovazione offenda la memoria del Grande Antenato. E se dovesse vendicarsi mandando gli affari a rotoli? RENATA PISU