La Repubblica 6 luglio 2008, Emanuela Audisio, 6 luglio 2008
La quinta Olimpiade della mamma quarantenne. La Repubblica 6 luglio 2008 «L´età è solo un numero»
La quinta Olimpiade della mamma quarantenne. La Repubblica 6 luglio 2008 «L´età è solo un numero». Sì, se sai giocare. E tenerti a galla sulle onde della vita. Lei c´è l´ha fatta. A 41 anni. Nemmeno un filo di grasso. Da perfetta American Woman. Mamma Dara, tra una poppata e l´altra, andrà a Pechino. Alla sua quinta olimpiade. Nessuno nel nuoto c´è mai riuscito, nessuno che sia così vecchio. Alle sirene la mezza età non è permessa. Dara Torres nei 100 stile libero in 53´´78 ha lasciato indietro molta acqua, molte avversarie, ma non l´illusione. Sei gare in cinque giorni. Il suo corpo ha retto. «Ho pensato a mio padre, Edward, morto più di un anno fa e a come sarebbe stato contento. E poi ho cercato di non piangere». Così Lady Record torna ai Giochi dopo otto anni di assenza. Ha già lasciato tre volte, per poi ripensarci. Non è una schiappa in cerca di una bava di gloria: in 24 anni ha vinto 9 medaglie olimpiche (cinque nel 2000). Il suo primo record mondiale a 14 anni, a Los Angeles nell´84 la sua prima esperienza a Cinque Cerchi, quando Michael Phelps non era ancora nato. «Le avversarie mi guardano strano, devo assomigliare alla loro mamma». Ha dato, ha ricevuto, ha vissuto: tre mariti, una figlia, Tessa Grace, nata nell´aprile 2006, un´operazione alla spalla e una al menisco, a gennaio. E´ tornata in piscina, proprio quando era incinta, per combattere la nausea. «Preferivo vomitare in acqua, dove mi sento a casa, che fuori». Tre mesi dopo vinceva i campionati master. «Competitiva e compulsiva», così la definiscono. Non sopporta la sconfitta, vuole sempre arrivare prima. Dice Mark Schubert, capo della nazionale americana: «Ci sono atleti che amano allenarsi, ma non gareggiare. Lei è all´opposto». Ha mancato solo due olimpiadi nel ”96 e nel 2004. Già, ma quanto costa la mezza età nel nuoto? «Centomila dollari l´anno. E´ quello che pago per mantenere il mio staff». La sua routine prevede: un head-coach, un allenatore della velocità, uno della forza, due fisioterapisti, due massaggiatori, un chiropratico e una bambinaia. Suo marito, David Hoffman, endocrinologo, si lamenta: «Non la vedo mai, e se corriamo insieme lei mi semina». I fisioterapisti, Anne Tierney e Steve Sierra, si sono trasferiti dal Connecticut alla Florida per aiutarla. Lei li considera la sua arma segreta: esercizi a metà tra lo yoga e le Cirque du Soleil, secondo una disciplina perfezionata da Bob Cooleye basata sulla biomeccanica. Dara è ossessiva: si fa trattare due ore al giorno per tre volte a settimana, ma nelle gare la tortura ai muscoli passa a cinque volte al giorno. Cura il suo corpo come un tecnico di Formula Uno prepara la macchina. Fa 60 minuti di palestra quattro volte a settimana dove è seguita da Andy O´Brien, preparatore dei Florida Phanters, squadra di hockey. «La velocità deriva dall coordinazione dei movimenti e dalla fluidità, io insegno esercizi dinamici che stimolano il sistema nervoso centrale. Dara recupera dieci volte più in fretta degli altri, una favola». Che Dara si può permettere, grazie agli sponsor (ne ha anche uno privato) e al suo lavoro, commentatrice in tv e conferenziera. E´ stata la prima atleta a finire come modella nella rivista Sport Illustrated nel numero dedicato ai costumi, una specie di calendario sportivo. Una vita privilegiata. E´ cresciuta a Beverly Hills, quinta di sei figli, in una casa con 10 bagni, ha iniziato a seguire il fratello in piscina e a sette anni è entrata in squadra. Il college lo fa a Mission Viejo in California per allenarsi ai Giochi dell´84. «Fu la mia prima esperienza olimpica, un disastro all´inizio. Volevo vedere la gara del mio amico Rowdy Gaines, sollevai la tenda, c´erano 17 mila spettatori, mai vista tanta gente, mi misi tremare, mi portarono in infermeria dove mi misero del ghiaccio in testa. Un impatto spaventoso, per calmarmi mi misi davanti alla tv e vedere soap operas «. Nell´85 si trasferisce all´università della Florida e lì arriva la parte dura. «Ci pesavano ogni giorno, e se non eravamo nei limiti ci toccava un´altra sessione mattutina, il lavoro raddoppiava. Così diventai bulimica, mangiavo e vomitavo. Non era vita. Nell´88 andai ai Giochi di Seul da numero uno nei 100 metri stile libero. Fui settima, vinsi solo le staffette. La mia rivale, la tedesca est Kristin Otto, dichiarò: mi sarei aspettata più resistenza da parte della Torres. Per me fu una pugnalata, quelle medaglie lì le tengo sotto il letto. A Sydney, a 33 anni, nel Duemila, vinsi tre bronzi nelle prove indivuali e due ori nella staffetta. Ricordo perfettamente la sensazione: ero stanca, ero vecchia, non avevo più nulla da provare. In più qualcuno cominciò ad avere dubbi sulle mie prestazioni». Già i dubbi, l´ombra del doping, la chirurgia estetica dello sport. «Perché ora sei colpevole fino a prova contraria. Così ho parlato con Travis Tygart, capo dell´agenzia antidoping, gli ho detto: voglio essere un libro aperto per voi. Testatemi quando volete: dna, sangue e urine». Lo hanno fatto 12-15 volte. In quattro mesi ha subito più controlli che un giocatore di football americano nella sua intera carriera. E ora con Tessa in braccio nuota verso Pechino. Certe sirene sanno sempre come incantare. Emanuela Audisio