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 2008  luglio 05 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 7 LUGLIO 2008

La prigionia di Ingrid Betancourt, dal 23 febbraio 2002 nelle mani dei guerriglieri colombiani delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia), è finita mercoledì scorso. L’esercito colombiano l’ha liberata insieme a un gruppo di altri 14 ostaggi (tre contrattisti americani sequestrati anni fa quando i guerriglieri li raccolsero nella foresta dopo un atterraggio di emergenza più undici militari). [1] La Betancourt si è congratulata con l’esercito colombiano e con il presidente Alvaro Uribe non solo per l’impeccabile riuscita dell’operazione che l’ha portata in salvo ma soprattutto per aver osato decidere un’azione militare che rischiava di concludersi con l’uccisione degli ostaggi (meglio «un secondo di libertà» mortale che un’eternità di servitù). [2] Da subito, molti si sono fatti una domanda: «Come ha potuto la Betancourt essere così in forma?». [3]

Quella che in 2321 è diventata l’«ostaggio più famoso del mondo» [4], nacque a Bogotà il giorno di Natale del 1961, figlia di Gabriel Betancourt, un tempo ministro dell’educazione colombiano (sotto la dittatura del generale Gustavo Rojos Pinilla) e di Yolanda Pulecio, regina di bellezza della provincia di Cundinamarca. Gran parte dell’adolescenza a Parigi (il padre fu funzionario e poi ambasciatore presso l’Unesco), conobbe in quel periodo molti intellettuali amici del padre (Pablo Neruda ecc.). Dopo gli studi all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi, sposò in prime nozze l’ambasciatore francese Fabrice Delloye, da cui ebbe i figli Melanie e Lorenzo. Dopo il divorzio (1990), decise di tornare a Bogotà, dove cominciò a lavorare al Ministero delle Finanze. [5]

Tornata in patria, la Betancourt scrisse un testamento, La rage au coeur (La rabbia nel cuore), libro che la rese famosa in Francia, molto meno in Colombia. [6] Nel 1994 fu eletta in parlamento con un suo gruppo politico ambientalista e movimentista, il Partido Verde Oxígeno. Guadagnata popolarità e attenzione «con una intensa campagna contro i malaffari d’una amministrazione governativa accusata di complicità più o meno clandestina con quei cartelli del narcotraffico che dominavano la vita pubblica, e l’economia, della Colombia» (Mimmo Cándito) [7], decisa a presentare la sua azione politica come «un preservativo contro la corruzione», prese ad andare per le strade della capitale per regalare ai passanti confezioni di profilattici. Risultato: alle elezioni del 1998 nessun eletto al Senato prese più preferenze di lei. [6]

Pacifista, la Betancourt si convinse che i vecchi politici colombiani erano del tutto incapaci di dialogare con una guerriglia decennale germinata e cresciuta nello scontro tra Stato e contadini comunisti. Omero Ciai: «Lei, invece, forse poteva farlo. Certa di questo partì per quello che si sarebbe rivelato il suo inferno». [6] Nel febbraio 2002, quando si interruppero i rapporti tra le Farc e le autorità di Bogotà, il presidente Andres Pastrana diede all’esercito l’ordine di riprendere il controllo dei 42 mila chilometri quadrati di territorio in mano ai ribelli. Candidata alle imminenti presidenziali e decisa a raggiungere San Vicente per sostenere un membro del suo partito, nonostante gli avvertimenti delle autorità la Betancourt si incamminò lungo una strada controllata dai ribelli. Il viaggio finì a Paujil (Caquetà), dove fu presa prigioniera. Bernardo Valli: «Da quel momento la donna appassionata che voleva cambiare il mondo, comunque pacificare il suo martoriato paese, vive sepolta nella foresta». [5]

«Mi alzavo sempre alle quattro del mattino. Pregavo con il rosario ed aspettavo le notizie attraverso la radio, i messaggi di mia madre e quelli dei miei figli. Alle cinque mi toglievano le catene che mi mettevano tutte le sere e aspettavo il mio turno per andare in bagno. Andare in bagno nella selva significava andare dietro un albero dove i guerriglieri avevano scavato delle buche che poi riempivano di terra. Poi bisognava aspettare il turno della colazione che di solito era un’arepa (un panino di mais) oppure un pezzo di cioccolata o un brodino. Dopo non c’era niente da fare fino alle 11 e mezza del mattino. In un sequestro, dopo un po’, nessuno ha più nulla da dirsi. Se uno arriva da fuori quello che vede sono persone che stanno nel proprio spazio in silenzio. Alcuni dormono, altri meditano, altri ascoltano la radio», ha raccontato la Betancourt appena liberata. [8]

Durante la prigionia, la Betancourt ha subìto ogni tipo di sevizie. «Ci sono tante cose che non racconterò perché me ne vergogno, preferisco tenerle per me. Ci sono stati anche momenti in cui i guerriglieri cercavano di mostrare un altro volto perché la situazione era così mostruosa che loro stessi ne sembravano disgustati. Bisogna conservare una grande spiritualità per non scivolare nell’abisso. Ho pensato a tante cose spaventose durante la prigionia. La morte è il più fedele compagno di un ostaggio. La tentazione del suicidio era sempre con noi. Mi è successo anche di provare sentimenti molto violenti. Credevo che in vita mia non avrei mai potuto provare il desiderio di uccidere qualcuno, invece durante il sequestro mi è successo». [8]

Il 28 aprile di un anno fa l’intelligence militare colombiana, dotata di strumenti di intercettazione forniti dagli Usa, captò una rara comunicazione radio dei ribelli: «Il pollo è uscito dal recinto». Guido Olimpio: «Il ”pollo” è Frank Pinchao, un sottufficiale prigioniero delle Farc che è riuscito a scappare. Quel frammento di comunicazione, unito alle informazioni del fuggiasco sulla Betancourt, aiutano a restringere il campo delle ricerche. Ma la missione non è facile perché i guerriglieri sono cauti. Uno dei loro capi più feroci, ”Mojo”, ha ordinato di limitare al minimo l’uso di telefoni e trasmittenti. Solo messaggi via corrieri. Un ”silenzio radio” che non è totale, ci sono in ballo le trattative sugli ostaggi. E seguendo le tracce elettroniche – di nuovo con l’aiuto dei consiglieri americani e israeliani – le autorità scoprono che Ingrid, con un buon numero di prigionieri, è gestita dal responsabile del Frente Primero, Gerardo Antonio Aguilar, alias Cesar, alias Geronimo. Quarantenne, coinvolto nel traffico di droga e armi, è un duro, temprato da anni nella giungla». [9]

A gennaio gli uomini dell’esercito catturarono Doris Adriana, la moglie di Cesar. A quell’epoca risale l’avvio dell’operazione che ha ridato la libertà alla Betancourt. Ciai: «L’intelligence colombiana si convinse che la prigione di Ingrid si trovava nell’area di San José del Guaviare, dove un parroco sosteneva di aver ricevuto in confessione la notizia che fosse stata curata in un piccolo pronto soccorso. Doris Adriana, probabilmente, confermò. Così nella zona non si mosse l’esercito ma selezionati gruppi di agenti segreti - quelli addestrati in Israele e dalla Cia - armati anche di dollari per rompere a poco a poco il cerchio di protezione della guerriglia intorno agli ostaggi. Poi, qualche settimana fa, fu lo stesso presidente colombiano Uribe ad annunciare che alcuni comandanti intermedi delle Farc avevano offerto la consegna dei sequestrati in cambio di un salvacondotto e dell’esilio. Non potevano essere Gerardo Aguilar (Cesar) e il suo braccio destro Alexander Suarez (detto ”Gafas”, occhiali), questi capi? O qualcun altro al di sopra di loro?». [10]

Secondo la versione ufficiale, gli infiltrati sono riusciti a far credere che il capo delle Farc, Alfonso Cano, aveva ordinato lo spostamento degli ostaggi, forse in vista di uno scambio di prigionieri. [11] Secondo una versione ancora più affascinante, tecnici statunitensi avrebbero ricostruito elettronicamente la voce di Cano usandola poi per ingannare i carcerieri. [12] Secondo i maligni (non solo la radio della Svizzera romanda), la Adriana sarebbe stata rilasciata per offrire a Cesar 20 milioni di dollari in cambio della libertà degli ostaggi, questi avrebbe accettato e il resto sarebbe nient’altro che una messa in scena (compresi i festeggiamenti di Betancourt&C. una volta scoperta in elicottero la vera identità dei loro accompagnatori). Ciai: «Come nei migliori film dove il traditore dei cattivi si accorda con i buoni ma deve ricevere un bel cazzotto in faccia per far vedere che non è stato lui a vendere i compagni». [10]

Blitz perfetto o meno, si tratta di dettagli: l’opinione pubblica colombiana approva a larghissima maggioranza (oltre il 90%) qualsiasi cosa abbiano fatto ministro della Difesa, Presidente e generali per raggiungere l’obiettivo. [10] Per la gente la liberazione della Betancourt costituisce un momento storico «che viene paragonato al netto 5 a 0 inflitto dalla nazionale di calcio all’Argentina a Buenos Aires nelle eliminatorie del mondiale del 1994. Paragone calcistico che non deve sorprendere a queste latitudini e che dà l’idea di una gesta eroica, irripetibile». [13]

Mercoledì sera non è apparsa in televisione solo una donna rapita che era stata liberata, ma il Nelson Mandela della Colombia. Il venezuelano Moises Naim, direttore della rivista Foreign Policy: «Come Mandela, dopo anni di sofferenze, fu capace di uscire dal carcere senza rancore e si dedicò a pacificare il Sudafrica, così la Betancourt, che è stata torturata e umiliata con crudeltà, appena liberata ha parlato di pace e di riunificazione della Colombia. Il suo discorso al popolo, alla guerriglia e la richiesta a Chavez e al presidente ecuadoriano di rispettare la democrazia colombiana sono stati fortissimi, e ora lei mescola la sua passione politica ad una popolarità incredibile». [14]

Nei prossimi mesi il presidente colombiano Alvaro Uribe dovrà decidere se candidarsi nel 2010 per un terzo mandato. Lo scrittore Jorge Franco: «La sua popolarità era già altissima dopo il colpo inflitto alla guerriglia con l’uccisione del numero due Raúl Reyes. Nonostante la crisi diplomatica con l’Ecuador che ne è seguita, i consensi per il presidente avevano raggiunto l’84% e certo saliranno». Per un terzo mandato servirebbe però una modifica della Costituzione. «Già alcuni sostenitori stanno raccogliendo le firme per un referendum. L’opposizione insiste che si pronunci, immagino che ora lo farà». La Betancourt potrebbe mettersi di traverso, o comunque diventare un temibile rivale: «Certo lei ha fatto un discorso da leader. Gran parte dei sequestrati una volta liberati tornano alla precedente occupazione. In questo caso, la politica». [15]