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 2008  luglio 04 Venerdì calendario

Gli aiuti dell’Europa ci costano tre miliardi di euro. Libero 4 luglio 2008 Bel lusso nascere cittadini europei

Gli aiuti dell’Europa ci costano tre miliardi di euro. Libero 4 luglio 2008 Bel lusso nascere cittadini europei. Un lusso che si paga, a caro prezzo: ogni italiano deve alle istituzioni di Bruxelles 232 euro. Obolo che tocca a tutti e 59 i milioni di italici, neonati compresi. Anno dopo anno. Cosa rimediano in cambio? La moneta unica, per esempio. O la libera circolazione nei paesi di Eurolandia. Ma anche fondi strutturali e trasferimenti di altra natura. Non tutti li ricevono in eguale misura, però. Le regioni del Sud Italia, quelle che appartengono al programma del cosiddetto Obiettivo 1, si prendono la fetta più grande in quanto aree economicamente disagiate. Le altre, quelle del Centro-Nord che aderiscono all’Obiettivo 2, s’attaccano. Esi accontentano delle rimanenze. Ricapitolando: da una parte i cittadini pagano, e caro, la permanenza dell’Italia nelle istituzioni comunitarie. Dall’altra, però, l’Unione europea restituisce sotto forma di contributi allo sviluppo delle Regioni. Tutto sommato, ci si potrebbe anche stare. E invece no. Perché l’Italia, come spiegano le relazioni sui flussi finanziari trimestrali della Ragioneria generale dello Stato, è un "contribuente netto" dell’Ue: dà più di ciò che piglia indietro in termini di fondi strutturali e versamenti di altro tipo. Dati 2007: Roma ha versato alle istituzioni di Bruxelles 13,8 miliardi di euro (il sistema di finanziamento è complesso: dazi, Iva, aliquota di un 1 per cento sul Pil). In cambio ha ricevuto 10,1 miliardi, rimettendoci 3,7 miliardi di euro. E il nord paga Nel dettaglio, le Regioni che si ingrassano con i fondi Ue sono Campania, Sicilia, Sardegna, Calabria pur contribuendo meno al Pil nazionale. Ciò perché Bruxelles le considera, probabilmente a ragione, le più "sfigate", quelle che sono più meritevoli di sostegno economico. Al Nord, dove si produce buona parte della ricchezza del Pese, tocca una fetta molto misera dei fondi Ue. Il che significa che quasi tutti i soldi che i padani spediscono a Bruxelles per il funzionamento delle istituzioni europee hanno un biglietto di sola andata. O tornano, ma per arricchire il Mezzogiorno. Ancora dati: nel 2007 la regione Campania ha ricevuto un assegno, firmato Ue, di 943 milioni di euro. La Sicilia, invece, somme per 823 milioni. Ed è andata parecchio bene anche a Puglia (498 milioni di euro), Sardegna (329 milioni), Calabria (250 milioni). I sostegni europei hanno una composizione articolata. Ci sono i fondi strutturali e il Feaga. Quest’ultimo eroga risorse destinate alla politica agricola comune. I primi, invece, finanziano la politica delle Regioni con il Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale), il Fse (Fondo sociale europeo), il Feoga (Fondo europeo agricolo sezione orientamento), lo Sfop (Strumento finanziario di orientamento per la pesca). Sigle buffe, ma che significano soldi. Molti soldi. Un filone d’oro per le Regioni del Sud, molto meno per quelle settentrionali. Che, fatti due conti, devono accontentarsi del fondo del barile. La Lombardia, per esempio. Che, pur essendo la prima regione come prodotto interno lordo, dà fiumi di soldi all’Ue e in cambio riceve appena 174 milioni di euro. Casi analoghi di disparità tra uscite ed entrate riguardano anche il piemonte (187 milioni di euro) e il Veneto (141 milioni di euro). Nella corsa tra più piccoli si fa notare il caso del Molise. La minuscola regione viene gratificata dall’Unione europea con 42 milioni di euro, mentre il Friuli Venezia Giulia riporta in patria poco più della metà: 27 milioni. Robin Ue Una fregatura, insomma. A maggior ragione se si considerano i criteri alla base del finanziamento dell’Ue. Concorrono varie voci. Le principali sono parametrate sulla ricchezza e sui consumi. E non ci vuole un economista per comprendere che, nel primo e nel secondo caso, è il Nord ad essere il più spremuto. Funziona così: l’Italia finanzia Bruxelles anzitutto con "risorse proprie tradizionali". Cosa sono? Quelle che derivano dall’esistenza di uno spazio doganale unificato dell’Ue, dove i paesi membri riscuotono oboli e li girano alla Comunità. E ancora: i prelievi sulle importazioni di prodotti agricoli e quelli sulla imposizione di diritti alla produzione dello zucchero. Le risorse proprie tradizionali sono solo una voce marginale, però. Quelle più onerose derivano dal prelievo di una quota dell’Iva e da un 1 per cento calcolato sul Prodotto nazionale lordo. Il resto è aritmetica. Che va tutta a discapito degli italiani che producono ricchezza e che alimentano i consumi. la logica di "Robin Ue": l’Europa che leva ai ricchi per dare ai poveri. O presunti tali. Salvatore Dama