La Stampa 4 luglio 2008, ANNA ZAFESOVA, 4 luglio 2008
Abramovich lascia il suo gulag di lusso. La Stampa 4 luglio 2008 Erano ormai anni che lo si vedeva più sulle tribune del Chelsea, a seguire gli allenamenti, che a sbrigare i problemi degli allevatori di renne dell’estremo nord
Abramovich lascia il suo gulag di lusso. La Stampa 4 luglio 2008 Erano ormai anni che lo si vedeva più sulle tribune del Chelsea, a seguire gli allenamenti, che a sbrigare i problemi degli allevatori di renne dell’estremo nord. Ma da ieri anche ufficialmente Roman Abramovich non è più governatore del territorio più a nord e più a est che la Russia possieda, letteralmente all’altro capo del mondo rispetto ai suoi interessi, e al parcheggio del suo suo «Pelorus» - che si chiama yacht solo per mancanza di una definizione più adeguata per 115 metri di lusso sfrenato racchiusi in uno scafo futurista di bianco smagliante - sulla Neva, a Pietroburgo, accanto all’incrociatore «Aurora» che segnalò l’inizio della rivoluzione nel 1917. Con una firma del nuovo presidente, Dmitry Medvedev, l’uomo più ricco della Russia (circa 23 miliardi di dollari di patrimonio personale) può ora tornare a godersi la vita a tempo pieno. Finisce così l’alleanza più stravagante tra denaro e Stato in Russia, con un miliardario che governava una regione su ordini diretti del presidente. Abramovich, l’oligarca più misterioso e controverso, e anche quello meno carismatico, si fece eleggere governatore di questo territorio remoto, popolato da 55 mila «chukcha», i cugini degli esquimesi dall’altra parte dello stretto di Bering, nel 2000, in una campagna elettorale fatta di pochissime parole - visto che l’eloquio non è proprio il lato forte del 41enne magnate - e di molti soldi. Le ipotesi sul vero motivo di questa incredibile avventura di Abramovich sono state decine: dall’evasione fiscale alla ricerca dell’oro, al progetto di costruire un tunnel verso l’Alaska sotto lo stretto di Bering. Ma per quanto le tasche di Abramovich non siano mai state trasparenti, sembra proprio che la Chukotka per lui sia stata una sorta di megaprogetto di beneficenza. Del quale si è stufato, facendo filtrare nei media la sua delusione per non essere riuscito a creare in Chukotka un meccanismo di ricchezza che non provenisse dalle sue tasche: «Se me ne andrò tutto tornerà come prima». Già nel dicembre 2006 mise sul tavolo di Vladimir Putin una richiesta di dimissioni. Ma l’allora presidente russo non lo lasciò andare: « stato bravo, non ha peccato di tirchieria», ha commentato il padrone del Cremlino, dando così l’impressione di voler costringere Abramovich a mantenere di tasca sua la Chukotka ancora per qualche anno, forse per fargli espiare l’acquisto del Chelsea, che a suo tempo aveva fatto infuriare Putin. Il nuovo presidente ha probabilmente ritenuto che Abramovich avesse ”pagato” il suo debito. Non dovrà più interrompere i suoi soggiorni in Inghilterra o in Costa Azzurra per volare in un luogo gelido e ghiacciato, inseguito eternamente da un codazzo di questuanti di cui esaudiva sempre le suppliche. La Chukotka ha perso il suo Babbo Natale, che però promette di non dimenticare gli ex sudditi. A Mosca viene visto come un segno del nuovo che avanza: Medvedev si sta disfacendo degli uomini che ha ereditato da Putin per sostituirli, piano piano, con i propri fedelissimi. Il nuovo presidente ieri ha smentito per l’ennesima volta voci di divergenze con il suo premier, parlando di «forze distruttive» che vorrebbero mettere zizzania tra l’ex padrone del Cremlino e il suo successore. Medvedev si prepara al suo esordio al G8, e ieri ha annunciato che si presenterà a Hokkaido con «una serie di proposte per riformare» il meccanismo del vertice e renderlo più operativo. ANNA ZAFESOVA