La Stampa 3 luglio 2008, MARCO ZATTERIN, 3 luglio 2008
Schiavi nell’hotel delle mille e una notte. La Stampa 3 luglio 2008 La principessa aveva quattro figlie e diciassette schiave
Schiavi nell’hotel delle mille e una notte. La Stampa 3 luglio 2008 La principessa aveva quattro figlie e diciassette schiave. Pare si chiamasse Raouada. Viveva al quarto piano dell’albergo più lussuoso di Bruxelles, spendendo la fortuna lasciatale dal defunto marito, un emiro di Abu Dabhi. Vita da nababbi carichi di petrodollari, fra suite e ristoranti con ogni ben di Dio sceso sulla terra e strapagato, per esempio 11 euro e mezzo per una bottiglia d’acqua. Poi una delle «serve» è fuggita, e allora s’è scoperto che nel paradiso c’era anche l’inferno. Martedì, nel cortile del rifugio di ricchi e rockstar, fra le limousine sono sfilate le volanti della polizia belga. L’incubo è finito. Dai corridoi vellutati sono emersi i volti provati di chi non usciva da settimane, uomini e donne sfruttati. Gli agenti non hanno avuto dubbi: sui verbali hanno scritto «Tratta di esseri umani». Sembra un castello, l’Hotel Conrad di Bruxelles, sull’Avenue Louise. Ha persino due torri disneyane che affacciano su un sobrio piazzale, sul quale si alternano custodi in livrea, sempre attenti agli occhi indiscreti. E’ il loro mestiere, di qui sono passati presidenti americani e capi di Stato europei, l’ultimo è stato Berlusconi. Un posto più che raccomandabile, con un curriculum sinora immacolato, capace di garantire comfort e privacy. Fin troppa. La principessa aveva preso il quarto piano per un anno. Più fonti raccontano che s’era presentata a Bruxelles con un ampio seguito, persone di ogni nazionalità e credo religioso, filippini, indiani, egiziani, turchi, iracheni e siriani. Evidentemente, non si fidava del personale qualificato offerto dalla sua nuova residenza. «Ero in Marocco quando mi hanno proposto un lavoro come cuoca in una famiglia di principi di Abu Dhabi - ha raccontato una delle schiave liberate, nome in codice Jamila -. Mi sembrava un contratto interessante, così ho accettato. Salvo scoprire sul posto che le cose erano ben diverse». Dopo cinque mesi negli Emirati, la giovane è volata in Belgio con la principessa. Jet privato, ovviamente. «Nessuno mi ha controllato perché era una missione diplomatica». Arrivare al Conrad deve esserle sembrata una fortuna. «La famiglia occupava numerose suite. Noi vivevamo in otto per camera, cattolici da una parte, musulmani dall’altra». Erano a disposizione giorno e notte. Mangiavano poco e male. Il resto era peggio. «Quando le principesse erano nelle loro camere, noi dormivamo nei corridoi, sempre pronte a servirle». Impossibile uscire, impossibile fuggire. «Avevano i nostri passaporti - racconta Jamila -. Chi ha provato è stato inseguito e bloccato per le scale». Ma il 24 giugno quattro filippine superano la vigilanza. Tre vengono recuperate dalle guardie della principessa, una quarta ce la fa e si rivolge alle forze dell’ordine, che avviano l’inchiesta. Adesso le principesse sono state prese in consegna dall’ambasciatore di Abu Dhabi. Il personale del Conrad nega di avere mai avuto sentore di quanto succedeva. Jamila giura il contrario: «Alcuni ci hanno anche offerto aiuto». Prendeva 150 euro al mese. Racconta che una compagna «è stata picchiata per aver rotto un vaso». Ora salterà qualche testa. Anche se molti temano che la misteriosa Raouada possa sparire da un attimo all’altro. Ha i soldi e il lasciapassare diplomatico. MARCO ZATTERIN