varie, 3 luglio 2008
ROTOLO
ROTOLO Antonino Palermo 3 gennaio 1946. Boss di Pagliarelli, con l’analista Antonino Cinà e il costruttore Franco Bonura formò una Triade a capo della mafia dall’arresto di Bernardo Provenzano (11 aprile 2006) al loro (20 giugno 2006). « Della ”Triade”, quello che ha più carisma e riesce a manovrare uomini e situazioni è Nino Rotolo, un vero genio della cosiddetta ”tragedia”, tecnica collaudata che permette a chi la sa usare di introdurre contrapposizioni tra i vari capifamiglia servendosi di disinformazione e bugie. Dagli accadimenti colti in diretta dai poliziotti, infatti, si coglie la straordinaria abilità di don Nino di condizionare gli atteggiamenti di Cinà che utilizza in chiave anti-Lo Piccolo. Un’attitudine, quella di Rotolo, che lo pone nella condizione di poter persino cambiare la struttura dei mandamenti, modificandoli in modo da realizzare ”maggioranze” più favorevoli alla propria leadership, col chiaro intento sempre di indebolore l’odiato Lo Piccolo. Come nel caso dell0intervento sui mandamenti di Porta Nuova e di Boccadifalco, dove riesce addirittura a destituire il capo senza forzare nessuna regola, anzi dando l’impressione di disporre di un consenso generalizzato e dell’imprimatur di don Binu Provenzano con quale tiene contatti epistolari. Rotolo, dunque, destituisce il capo di Boccadifalco, Enzo Marcianò, perchè non troppo deciso nell’avversare il ritorno dagli Usa degli ”scappati” (la famiglia Inzerillo). Ma lo fa ”strappando” - dopo estenuanti sedute da autentico lavaggio del cervello - il consenso all’autorevole Franco Bonura e persino al fratello del ”destituendo”, anzi manovrando le cose in modo che il ruolo di Enzo Marcianò, alla fine, fosse preso dal fratello di questi, Giovanni, più vicino al ”metodo Rotolo”. C’è un momento in cui don Nino introduce l’ipotesi della destituzione con pochissime parole: ”Lui non deve camminare più”. Poi passa alla prospettiva più cruenta, ma sempre senza forzare: ”Io ho detto l’altra volta che se questo non fosse stato un Marcianò il discorso sarebbe stato diverso”. Che, tradotto, significa che avrebbero pure potuto pensare di sostituirlo ”diversamente”. tanto convincente, don Nino (un passato di killer di di fiducia di Liggio e Riina), che persino Enzo Marcianò accetta la destituzione, dopo aver avuto assicurazioni dal fratello che «”non sarebbe stato umiliato”. Bonura che media tra Rotolo e i Marcianò e spiega come far passare, dentro Cosa nostra, il ribaltone in modo indolore: ”Dopo che parlo con tuo fratello... dovresti dire: ”Dato che è ritornato mio fratello, ora le decisioni li prende mio fratello’. Non so se mi spiego”. Con questa semplice arte del ”convincere”, Rotolo ha guadagnato la leadership senza che nessuno gli abbia conferito i gradi. Così, nei fatti, si è imposto giorno dopo giorno. E infatti il potente Franco Bonura, capo di Uditore, ricco imprenditore oltre che collettore del pizzo, dice a un altro boss: ”Tutto quello che ci combinano a Palermo, fare e dire, è lui! mi sono spiegato?”. Ed anche il capofamiglia della Noce, Pierino Di Napoli, sembra perfettamente allineato alla supremazia non dichiarata di don Nino. Nulla obietta a Rotolo che gli consiglia di consultarsi sempre prima di decidere (’Dico, eventualmente ne puoi parlare con me o con Cinà”), e, anzi, chiede l’autorizzazione prima di verificare la possibilità di promettere aiuti elettorali: ”Glielo posso dire che intenzioni...”. […]» (’La Stampa” 21/6/2006).