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 2008  luglio 03 Giovedì calendario

Da Ilona all’altro Silvio. La Stampa 3 luglio 2008 Meglio le luci rosse che i fondi neri», diceva Giovanni Spadolini (in un’epoca in cui veniva considerato birichino che Forattini lo ritraesse col pisello piccolo e il pancione)

Da Ilona all’altro Silvio. La Stampa 3 luglio 2008 Meglio le luci rosse che i fondi neri», diceva Giovanni Spadolini (in un’epoca in cui veniva considerato birichino che Forattini lo ritraesse col pisello piccolo e il pancione). «Meglio una spogliarellista di un ladro», diceva Leonardo Sciascia quando Cicciolina entrò in Parlamento, 1987. Siamo nella «pornopolitica», accusa ventun anni dopo il Cavaliere. Non è una scoperta, ma bisogna intendersi. Cos’è infatti «pornopolitica», semplicemente la presenza in politica di star, divette e a volte dive, talora davvero provenienti dal cinema porno, o qualcosa di diverso e di più? Gli ultimi due anni molto hanno mutato, rispetto agli ottanta di Cicciolina, Riccardo Schicchi, le ammiratrici di Craxi, le notti di De Michelis a Punta de l’Este con Deborah Caprioglio, allora reduce da Paprika di Tinto Brass. Quella era politica con un po’ di porno, qualche moralismo, lamenti curiali e attrazioni fatali. Cicciolina nei suoi diari scrive che «Andreotti era il più gentile, missini e comunisti i più ipocriti: riprovazioni pubbliche, e inviti privati. Arrivava il commesso con la busta chiusa e una proposta per la cena, e magari veniva da un deputato che mi aveva appena offesa. Anche democristiani, certo». L’ultima «pornopolitica» sembra invece qualcosa di infinitamente più cupo, torvo. Non è vero che colpisca solo il Cavaliere: è l’acqua in cui nuotano tutti, la minaccia della rivelazione piccante, dell’intercettazione imminente, della telefonata scottante. La «pazza» aspirante attrice che minaccia di rivelazioni sessuali; le presunte intercettazioni di Napoli sulle ministre berlusconiane e il trattamento da riservare al Capo; la foto col trans; la rassicurazione alla Elisabetta Gregoraci di turno, che rischia di restare senza lavoro in Rai dopo lo scandalo-Sottile. Pornopolitica, già, ma più come il caso Montesi che come lo slogan di Ilona Staller (a suo modo allegro, «vota vota, poi ti svuoti»). Quando Wilma Montesi fu trovata morta sulla spiaggia di Capocotta nel ”53, nei paraggi della casa del marchese Montagna - teatro di leggendarie orge, festini a base di droghe aurorali - aveva in tasca un bigliettino col nome di Piero Piccioni, figlio di Attilio, potente ex segretario Dc. L’effetto fu paragonabile a quello di certe intercettazioni di adesso, urla, isteria, Pajetta che in aula grida ai democristiani «Capocotta! Capocotta! Voi siete gli amici del marchese Montagna!». Mino Pecorelli, un professionista nel genere, scrisse 25 anni dopo dei racconti più o meno minatori intitolati proprio Pornopolitica, che avevano a tema certi sussurrati intrecci omosessuali a sfondo curiale. Allora però era tutto molto coperto; oggi si scopre tutto, e quasi in diretta. E finiscono insieme cose molto diverse. Cosimo Mele, onorevole Udc, in un festino-coca con Francesca Zenobi, aspirante-qualcosa in tv. Oppure l’affare Sircana; all’allora portavoce del premier Prodi toccò un’esperienza pornopolitica che legava fotografie scottanti e intercettazioni degradate. Il Giornale, nel marzo 2007, pubblica la foto della sua macchina che alla Acqua Acetosa a Roma, sei mesi prima, avvicina un trans. Pochi ricordano che anche lì c’era un’intercettazione, dietro: il 14 settembre 2006, mesi prima dell’uscita delle foto, il paparazzo Max Scarfoni che parla con l’amico Fabrizio Corona ed esulta, «aho, c’ho lui con la zoccola vicina, con le tette così, col transessuale tutta nuda, vicino alla macchina sua!». E Corona: «Sale?». «...e te pare che si se vedeva che saliva stavo qui?... stavo già co’ lo champagne in mano». Sempre in quella stagione si vociferò di foto di Maroni sotto casa della sua segretaria; o del Cavaliere che paga ventimila euro per togliere dalla circolazione certe foto estive della figlia giudicate «volgari». Eliminare tutto questo sarebbe come nuotare controcorrente alle cascate del Niagara. E bisognerebbe eliminare un sacco di cose, oltre le telefonate: persone, comportamenti. Salvo Sottile, allora portavoce di Fini, che al telefono discetta di «una porcella doc» e di «carne fresca». Vittorio Emanuele che «voglio una bella pucchiacca, o almeno una suora». Ricatti, ammiccamenti, machismi. Raccomandazioni. Paparazzi che inseguono Casini nudo, o Fini eccitato. La pornopolitica s’è ormai inestricabilmente avvinta alla politica; come direbbe Alexander, il protagonista del Lamento di Portnoy, che nel romanzo è un rampante politico newyorchese, «perché incatenarmi a una tazza di gabinetto per l’eternità? Per aver amato una ragazza allegra?» Jacopo Iacoboni