La Stampa 2 luglio 2008, ANTONELLA AMAPANE, 2 luglio 2008
La favola del muratore in passerella. La Stampa 2 luglio 2008 E’ il più acclamato del momento, tutti gli occhi sono puntati su di lui
La favola del muratore in passerella. La Stampa 2 luglio 2008 E’ il più acclamato del momento, tutti gli occhi sono puntati su di lui. Il trentatreenne Riccardo Tisci, direttore creativo di Givenchy, è arrivato al top in soli 4 anni. E il patron di Lvmh, Bernard Arnault gli ha appena rinnovato il contratto. Ricco e famoso, una storia triste alle spalle, non si è montato la testa. «Sono rimasto il ragazzo in jeans e maglietta di sempre». Nato a Como da una modestissima famiglia di Taranto - padre fruttivendolo, morto quando lui aveva sei anni, madre casalinga, otto sorelle - prima di diventare quel che è oggi ha fatto mille mestieri: «Stuccatore, commesso, fioraio, Babbo Natale. Ho persino aiutato a vestire i morti nella camera ardente di un ospedale. Stiravo i vestiti, ricordo ancora quando ad alcuni cadaveri rompevano le gambe per farli entrare nella bara. Avevo 17 anni e un disperato bisogno di soldi. Eravamo molto poveri, ci dividevamo la micchetta», dice senza vergogna. Collezionista di ossa La moda e l’arte lo intrigavano, leggeva tutti i giornali che le sue sorelle parrucchiere portavano a casa dalla bottega. A Londra ci arriva con una borsa di studio, si diploma nel 1998 alla Saint Martin School facendo l’assistente di Antonio Berardi. L’anno dopo, in Italia, realizza una linea con il suo nome. Dal 2005 crea le collezioni donna di Givenchy a cui da due settimane si è aggiunta quella maschile. Religiosissimo e superstizioso (colleziona teschi, ossa, amuleti) ha uno spiccato cotè dark. «Adoro la notte. Da bambino non avevo giocattoli, mi piaceva andare alle processioni di Pasqua. I ricordi più belli sono le suore di clausura dietro le sbarre, i crocefissi, mia madre che riassettava con mio zio sacrestano il manto della Madonna». Risultato, in ogni sua sfilata il lato oscuro, gotico e religioso è sempre presente. Mamma Elmerinda e le sorelle c’erano anche ieri sera, in prima fila, commosse e orgogliose di fronte alla sfilata inno alla cantante peruviana Yma Sumac, citata nell’abbigliamento che si mixa all’estetica rock sadomaso Anni Ottanta del mago del clic Mapplethorpe. «Ho il trip dell’America Latina. Sedotto dal Machu Picchu dove non sono mai stato, dall’eleganza fiera di un popolo povero che è chic nel dna. In Perù ci andrò quest’estate, per ora l’ho sognato, ho spulciato libri, ho ascoltato i racconti di Maria Carla Boscono (la top model sua musa che là è rimasta sei mesi. n.d.r.)». I peli di yac Richy, così lo chiamano gli amici, ha fatto una ricerca pazzesca sui materiali: peli di yac intessuti al cachemire, all’alpaca, al cincillà, giubbotti di pelle doppiati con piastre di metallo, maglioni tricottati frutto di mille ore di lavoro. E ancora abiti dove solo i cristalli sono costati 100 mila euro. I colori sono quelli dei fiori delle Pampas, interrotti con lampi di vedo nudo. Su una passerella di cortecce profumate incedono le modelle, i polpacci inguainati in pantastivali che hanno fatto impazzire l’azienda veneta Rossi Moda: monoblocchi che non mostrano cuciture. Oggi Tisci veste Rania di Giordania, Natalie Portman, Valeria Golino, e Madonna (suoi gli abiti con le catene nell’ultimo video). «Le donne sono tutte uguali, famose e non vogliono star comode. Nelle mie sfilate si vedono i capi sovrapposti, ma presi singolarmente sono pezzi facili», racconta. Tisci giura di essere sempre lo stesso (continua a disseminare sacchi colmi di sale antimalocchio), ma come è cambiata la sua vita in 4 anni? «Lavoro dalle sette del mattino fino alla sera tardi. I soldi mi servono per fare star meglio le persone che amo. Ho comprato la casa a Como per mia madre. Vivo in un ex hotel particulier nel Marais. Niente barche, orologi o macchinoni. Non ho bisogno di molto per essere felice. Viaggio in modo semplice. Sono conscio di essere molto fortunato. E prego». Del mondo della moda frequenta giusto Maria Carla Boscono e il fotografo Heidi Slimane. «Ma vedo anche Hubert de Givenchy. Mi ha accettato, ci incontriamo spesso. Un vero signore». ANTONELLA AMAPANE