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 2008  marzo 14 Venerdì calendario

«UniCredit ha ancora slancio». Il Sole 24 ore 14 marzo 2008. Nel complesso siamo soddisfatti. Il 2007 è stato un anno difficile, ma siamo riusciti a superarlo mantenendo lo slancio

«UniCredit ha ancora slancio». Il Sole 24 ore 14 marzo 2008. Nel complesso siamo soddisfatti. Il 2007 è stato un anno difficile, ma siamo riusciti a superarlo mantenendo lo slancio. I conti hanno evidenziato alcune certezze che credo siano importanti per il mercato: l’esposizione ai subprime è marginale, i conduit sono ora totalmente consolidati, è esclusa ogni necessità di aumento di capitale. E il gruppo, dal punto di vista commerciale, continua a produrre risultati buoni, come dimostra l’andamento del margine d’interesse e delle commissioni». L’amministratore delegato di UniCredit, Alessandro Profumo, ha appena presentato alla comunità finanziaria londinese i conti del 2007 che si sono chiusi con un utile di 6 miliardi di euro. Meno delle attese. Ma soprattutto senza target definiti per il 2008, anno che si presenta altrettanto difficile. In Borsa il titolo ha sbandato: -1,5% in apertura, poi -5% a metà seduta, -8% nel pomeriggio, fino al parziale recupero finale che vede comunque le quotazioni chiudere in calo del 4%. «Sicuramente il mercato oggi si è molto concentrato sui risultati dell’investment banking, e questo piuttosto in una ottica di breve e non di medio lungo termine - commenta Profumo - Vorrei però sottolineare che la sostanza dei risultati presentati è molto robusta, per esempio per quanto riguarda l’utile operativo, che è cresciuto nel 2007 in doppia cifra». Andiamo con ordine: l’utile netto è inferiore alle stime degli analisti. E gli obiettivi di eps non sono stati centrati. La delusione del mercato, almeno in parte, è comprensibile. Le uniche due voci di bilancio non previste dal "consenso" degli analisti riguardano il risultato negativo dell’investment banking e gli oneri di ristrutturazione di Capitalia. Sul primo punto, l’allargamento degli spread ha portato a un mark-to-market negativo di 470 milioni nel quarto trimestre. Ma sono sorpreso della sorpresa: era difficile pensare di avere risultati positivi in quest’area con le attuali condizioni di mercato. In ogni caso non si tratta di perdite, ma di svalutazioni che tra qualche tempo potranno portare a risultati di segno opposto. E per quanto riguarda Capitalia? Aveva ragione chi temeva cattive sorprese dentro la grande banca romana? Guardi, le rettifiche sui crediti della ex Capitalia sono state pari a 1,1 miliardi che è più o meno quello che avevamo preventivato. Sono stati invece più alti del previsto i costi di ristrutturazione, che peraltro abbiamo deciso di spesare interamente nel 2007, perché è aumentato il numero dei dipendenti che ha aderito al piano esuberi. Si tratta di un maggiore esborso "una tantum", che però già dal 2008 ci consentirà di avere stabilmente un struttura di costi ancora più leggera. Per il 2008 proprio non vi sentite di fare previsioni? L’assenza di target è forse l’elemento che più ha disorientato il mercato. Fare previsioni in questo momento sarebbe poco serio. Nell’investment banking, la visibilità è molto bassa per tutti ed è davvero difficile fare previsioni. Per la banca commerciale, invece, lo scenario è migliore. E contiamo di far bene anche nel 2008, soprattutto grazie alle banche della divisione Cee (Centro Est Europa, ndr) e a Capitalia. Certo se, come sembra, il Pil in Italia crescerà solo dello 0,6% il rallentamento dell’economia peserà sulle imprese e, a cascata, ci sarà un deterioramento del rischio di credito. In questo scenario, lo ribadisco, fare promesse e previsioni non sarebbe serio. Bisognerà attendere il nuovo piano triennale che presenterete a giugno? Ci saranno cambiamenti nel modello di business? A giugno speriamo di dare certezze, come abbiamo sempre fatto. Certamente il piano sarà focalizzato sulla crescita interna. E cercheremo di sfruttare al meglio le enormi potenzialità che abbiamo, avendo creato nel tempo la più grande piattaforma bancaria d’Europa. Valorizzando anche alcune linee di business che il mercato sembra quasi ignorare. Penso al credito al consumo, al leasing, al transactional banking. Linee di business che dovranno andare sempre più attraverso i vari Paesi in cui operiamo. Quindi almeno per il 2008 diamo per certo che ci sarà solo crescita interna? Davvero non siete interessati a SocGen? Né alla tedesca Postbank? Il dossier SocGen non è mai stato riaperto. Postbank non ci interessa, in Germania guadagnare soldi con il retail è difficile. Lo tsunami finanziario originato dai "subprime" imporrà un ripensamento nel modo di fare banca?  certo che il modello "originate and distribute", almeno per un po’ di tempo, andrà modificato. Le cartolarizzazioni dei crediti, se e quando si tornerà a farle, avranno certamente modalità e profili di rischio diversi rispetto al passato. Più in generale, credo che nei prossimi anni vedremo una grande attenzione da parte di tutti all’utilizzo del capitale. Con quali conseguenze per voi? Per quanto ci riguarda, completeremo l’uscita da tutte le partecipazioni che non siano legate al core business. Non solo quelle finanziarie, ma anche quelle in aziende industriali. Da Rcs e Pirelli siete già usciti. Vi restano Generali e Mediobanca... Su Generali confermo senza ripensamenti che a fine anno non saremo più azionisti. Il 5 dicembre scade il bond convertibile. Dal giorno dopo ne saremo fuori. E Mediobanca? Il patto di sindacato scade nel 2009 e Bolloré ha già proposto di rinnovarlo. La mia idea sull’utilizzo del capitale e sul destino delle partecipazioni mi sembra chiara. Per noi il rinnovo del patto Mediobanca non è affatto scontato. Valuteremo alla scadenza. Di sicuro, faremo i nostri interessi. Senza avvantaggiare, ovviamente, altri concorrenti. Tra i concorrenti c’è la stessa Mediobanca. Adesso punta anche sul retail. Che ne pensa del nuovo piano di Piazzetta Cuccia? Dico la verità: non l’ho ancora letto. Sapete che non sono più nel board. Da azionista, comunque, spero che il piano abbia successo. Così magari rivedremo il titolo a 18 euro. Tramite Mediobanca, siete azionisti indiretti di Telecom. Che giudizio dà del nuovo corso avviato da Franco Bernabè? La partecipazione in Telecom è di Mediobanca, noi non c’entriamo. Tanto che io non me ne occupo. Se vuole la mia opinione, basata su quello che leggo sui giornali, è che Bernabè abbia fatto bene a riportare l’attenzione sulle strategie di medio-lungo periodo. I problemi di quella società sono ancora legati alla scalata originaria. Io all’epoca ero contrario e non mancai di evidenziarlo. La Banca d’Italia ha appena varato il nuovo regolamento sulla governance delle banche. Restringendo anche l’utilizzo di stock option e altre forme di remunerazione variabile. Che giudizio dà della normativa voluta dal Governatore Mario Draghi? Ottimo. Ragionare finalmente in modo moderno sulla governance delle banche era indispensabile. Quanto alle varie forme di remunerazione variabile, Bankitalia sottolinea che essa deve essere commisurata alla creazione di valore duratura ed effettiva. Mi sembra l’impostazione corretta. Noi siamo già in linea con questi principi. L’Abi si avvia al rinnovo della presidenza in una fase di grande difficoltà per l’industria bancaria. E’ favorevole alla riconferma di Faissola? Credo che sarebbe opportuno un profondo rinnovamento. Opportuno e anche possibile? Vedremo in quanti saremo a condividere questa esigenza di rinnovamento. A proposito di nuovo e vecchio: in Francia, uno degli uomini più potenti della finanza transalpina come monsieur Bebear ha lasciato gli incarichi operativi a 65 anni per limiti di età. In Italia, i presidenti di banche e assicurazioni sono tutti over 70. Esiste un tema gerontocrazia? A Bebear diremo di venire a svernare in Italia. A parte le battute, il tema esiste. Ma non è solo, o non tanto, puramente anagrafico. Ci sono trentenni più "vecchi" di alcuni validi ed esperti settantenni. Io credo che il problema riguardi invece il modo in cui ci si pone rispetto all’interesse dell’azienda. La longevità di carica non deve sconfinare nel personalismo, soprattutto quando non ci si dedica per tempo a preparare la successione. Vale per i presidenti settantenni ma anche per i manager più giovani. Lei ha 50 anni. Quando pensa di ritirarsi? Io ho già preso l’impegno di lasciare ogni ruolo di capoazienda a 60 anni. E intendo rispettarlo. In Italia tra un mese si vota per le elezioni politiche. Aldilà delle sue preferenze personali, che sono note, da capo di una grande azienda che risultato auspica? L’unica certezza è che il Paese non si può permettere di stare fermo per altri due anni. Mi auguro che dalle elezioni esca una maggioranza che possa governare. Se dovesse uscire un pareggio, sarà invece inevitabile un governo di larghe intese che lavori alle riforme di cui l’Italia ha bisogno. Politica e banche è un binomio che ancora ricorre in Italia. L’ultimo caso lo abbiamo visto di recente, con il Banco di Sicilia. Per quanto vi riguarda, la "ribellione" è sedata? Ed è vero che in una certa fase avete anche pensate di vendere il Bds? Il caso è risolto definitivamente. Ma le dico la verità: io ancora oggi non ho capito del tutto quali fossero i motivi della "ribellione", come la chiama lei, a una normale esigenza di governance di un grande gruppo come UniCredit. Ho qualche idea, ma preferisco non pensarci troppo. Anche perché la vicenda è chiusa. In ogni caso noi abbiamo mai pensato a vendere il Banco di Sicilia. Né abbiamo intenzione di farlo. Se qualche altra banca concorrente pensava di comprarlo approfittando della sommossa, la manovra non è riuscita. Alessandro Graziani