Il Giornale 14 marzo 2008, Stefano Filippi, 14 marzo 2008
Toh, l’okkupante possiede 23 case. Il Giornale 14 marzo 2008. Lui è l’organizzatore delle proteste no global, il teorico del diritto alla casa «senza se e senza ma», il paladino delle occupazioni abusive
Toh, l’okkupante possiede 23 case. Il Giornale 14 marzo 2008. Lui è l’organizzatore delle proteste no global, il teorico del diritto alla casa «senza se e senza ma», il paladino delle occupazioni abusive. Beppe Caccia è il volto istituzionale dei centri sociali, capogruppo dei Verdi nel consiglio comunale di Venezia, ex assessore alle politiche sociali, braccio destro di Gianfranco Bettin e «alter ego» lagunare del padovano Luca Casarini. Con i «disobbedienti» ha occupato stabili, supermercati e perfino il cantiere per la costruzione del Mose (le dighe mobili contro l’acqua alta in laguna): un’azione che gli è costata una denuncia, un’inchiesta, un avviso di garanzia e un rinvio a giudizio assieme a Casarini e altri 20 no-global, con le accuse di sabotaggio, manifestazione non autorizzata e occupazione abusiva di edificio. Il processo si aprirà a metà maggio. evidente che un signore così, che teorizza e attua le occupazioni abusive per insediarci i centri sociali, considera la proprietà privata (e quella immobiliare in particolare), esattamente come la definiva Carlo Marx: una istituzione borghese, il «prodotto necessario del lavoro alienato» che la rivoluzione proletaria deve spazzare via. Insomma, una volgarità da cui stare alla larga. Invece no. L’occupante Beppe Caccia è un collezionista di beni immobili. Anzi, un signor collezionista, di case e di terreni. Al disobbediente sotto processo ne sono intestati 30, un autentico tesoretto patrimoniale. tutto nero su bianco nelle dichiarazioni dei redditi 2006 appena pubblicate dal Comune di Venezia. L’imponibile di Caccia non è molto elevato: 24.728 euro, meno di duemila euro il mese, frutto del lavoro di ricercatore universitario all’università di Torino, la materia è Storia del pensiero politico. «Sono un borsista, un precario», dice. Poca cosa di fronte ai 344.861 euro dell’ex ministro Tiziano Treu e ai 284.852 del sindaco Massimo Cacciari. invece nelle proprietà immobiliari che il leader antagonista primeggia alle spalle del parlamentare forzista Cesare Campa. Caccia possiede sette terreni in provincia di Alessandria, due appartamenti a Venezia (uno dei quali è la sua prima casa), due immobili al 50 per cento in provincia di Brescia, due alloggi sempre al 50 per cento in provincia di Genova, un altro alloggio in comproprietà in provincia di Sondrio e altre sedici case in provincia di Alessandria. Totale 30 proprietà, la maggior parte per metà. Più modesto il parco auto: una Golf del 1999. Ne aveva una così anche il cardinale Joseph Ratzinger. Caccia minimizza. «Sono vecchi ruderi che stanno nelle proprietà di famiglia che ho ereditato, cascinali dei miei nonni e bisnonni che fanno un certo effetto come numero ma in realtà non producono un grande reddito. Mi dispiace deludere i lettori del Giornale, ma non sono un palazzinaro - ironizza Caccia -. Avrei un reddito ben diverso». Ruderi e cascinali? Anche le due case di Venezia, e quelle di Brescia, Genova e Sondrio? «Uno degli appartamenti di Venezia è la mia prima casa, dell’altra sono cointestatario assieme a mia sorella, che vive a Brescia. Le case di Genova nel frattempo le ho vendute». Realizzando un bel gruzzolo... «Guardi che questi immobili sono sostanzialmente un costo, me ne sarei liberato da tempo se non ci fosse un vincolo affettivo con il passato della mia famiglia, mio padre era piemontese, ha vissuto in Lombardia, io mi sono trasferito a Venezia per studio e qui mi sono fermato. Magari questi beni rendessero di più». Caccia dunque è un romantico attaccato alle tradizioni di famiglia. E quanto rendono? «Capisco il vostro interesse, ma di preciso non lo so. Se ne occupa un amministratore». Addirittura un amministratore immobiliare per i beni del leader degli occupanti abusivi. « tutto in regola, in affitto a canone concordato, e il reddito è quello che è. Poca cosa». Stefano Filippi