varie, 14 marzo 2008
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Gallo Pier
• Domenico Cossano Belbo (Cuneo) 4 maggio 1939. Banchiere. «[…] è stato il direttore generale di Giovanni Bazoli al Nuovo banco Ambrosiano dalla sua fondazione sulle ceneri del crac di Roberto Calvi al 1987 [...] nell’estate dell’82 ci voleva una bella dose di incoscienza per accettare di far rinascere una banca che ne aveva viste di tutte, compreso la morte violenta del banchiere- padrone che l’aveva trasformata da piccolo istituto ”di preti” a gruppo internazionale, e l’aveva fatta fallire inghiottita da giganteschi e misteriosi ”buchi neri” esteri. L’incoscienza Gallo e Bazoli l’hanno avuta. [...] ha scritto Intesa Sanpaolo: c’era volta un ”fantasma inesistente” (editore Baldini Castoldi Dalai). [...] come si può leggere fra le citazioni che aprono il volume, a definire ”fantasma inesistente” il Nuovo Banco Ambrosiano era stato Eugenio Scalfari su la Repubblica il 19 settembre 1982.Ma Scalfari non era uno scettico isolato. Sempre nella pagina iniziale Gallo ricorda anche le parole di Enrico Cuccia. Il fondatore di Mediobanca aveva espresso i suoi dubbi al presidente Bazoli (’ come allacciarsi un cappotto partendo dal bottone sbagliato. Più si procede e più l’abbigliamento è goffo, quasi ridicolo”), ma anche con il direttore generale era stato poco incoraggiante: ”Lei ha bisogno di molti auguri. Non ho mai visto una banca fallita sopravvivere a se stessa”. Se per una volta il pronostico di Cuccia si è rivelato sbagliato, c’è però qualcosa nella frase che Gallo dimostra di condividere. Cuccia parla di ”banca fallita” perché si sa com’è andata: il Banco di Calvi è stato messo in liquidazione coatta il 6 agosto 1982. E il manager che pur ha partecipato in pole position alla sua rinascita si chiede: perché l’istituto non è stato commissariato prima, con la cacciata di Calvi e dei dirigenti complici? Secondo Gallo il peggio poteva forse essere evitato se la Vigilanza fosse intervenuta nel 1978, appresi i risultati dell’ispezione guidata da Giulio Padalino. Nel rapporto riservato si faceva luce per la prima volta sulla ”parte occulta” della banca: secondo Padalino dietro alle varie società estere che acquistavano cospicui pacchetti di azioni Ambrosiano c’erano lo stesso gruppo di Calvi e lo Ior, l’istituto del Vaticano guidato allora da Paul Marcinkus. ”Padalino aveva fatto centro”, scrive Gallo che fa poi i conti del mancato intervento: il buco del Banco fu valutato nell’agosto ”82 pari a circa mille miliardi di lire, ma la ”mala gestio” del periodo intercorso fra il mancato commissariamento e il crac ne è costata da sola 500. Perché Bankitalia non ha agito subito? L’autore del libro (che ricorda anche che nel frattempo l’inchiesta dei magistrati Infelisi-Aliprandi aveva portato all’arresto di Mario Sarcinelli e alle dimissioni del Governatore Paolo Baffi, entrambi prosciolti nell’81), costruisce alcune risposte anche sulla base di quanto affermato nel venticinquesimo anniversario della nascita del Nba dal Governatore di oggi Mario Draghi e da quello di allora, Carlo Azeglio Ciampi. In sintesi, Via Nazionale non è intervenuta perché le leggi non permettevano di vigilare su una banca con ramificazioni estere e attività in paradisi fiscali. Gallo sottolinea che della ricostruzione di Ciampi ”colpisce il solitario e disperato tentativo di raccogliere informazioni in giro per il mondo” bussando ai governatori colleghi e ricevendo ”risposte negative”. Ma si chiede: non esisteva un governo? Il ”cuore” del libro è qui. Però Gallo ha tanto altro nei cassetti. Per esempio svela i compensi: il suo era pari a 180 milioni di lire l’anno, l0emolumento di Bazoli a 60. Le stock option avrebbero fatto la loro fortuna, ma nessuno le ha chieste. Poi ricorda la vendita della Rizzoli, ”la madre di tutte le dismissioni”. Il ”possesso occulto” della casa editrice che pubblica il Corriere della Sera da parte del sistema Ambrosiano-P2 risale al ”74, ma la formalizzazione del controllo è dell’81. Gallo racconta gli incontri e le discussioni che portano all’amministrazione controllata. E ricorda che, scaduti i tempi, sollecita Bazoli a chiedere a Bankitalia di poter convertire in capitale il credito del Nuovo Banco Ambrosiano verso Rizzoli per consentire l’uscita in bonis dalla procedura, riportare i conti in attivo e vendere la società senza urgenza. Ma Bazoli, dopo aver parlato con Ciampi, risponde che il no del Governatore (in coerenza con la normativa) è irremovibile. Bazoli punta allora per la cessione sulla strategia ”dei due blocchi”, vuole cioè vendere la Rizzoli per il 50% a Gemina (Mediobanca-Agnelli) e per il 50% alla cordata alla quale partecipano Meta (Montedison-Schimberni) e Mittel (e qui il libro descrive gli scrupoli del banchiere bresciano su un eventuale conflitto d’interessi, visto che era presidente di quella finanziaria). Ma il retroscena più curioso della vicenda riguarda il giorno della firma del contratto di vendita preparato con Mediobanca (il legale è Guido Rossi): contrariamente agli accordi la pariteticità di Bazoli non c’è. Gallo se ne accorge e interroga Cuccia. Il quale interrompe la riunione per qualche minuto, fa una telefonata torna e, ”con grande soavità” si scusa per il refuso, ”esclusivamente attribuito alla trascrizione dattiloscritta”. Infine, la politica. Calvi aveva finanziato un po’ tutti i partiti ”ma quelli più beneficiati furono socialisti (10 miliardi di lire) e comunisti (20)”. Gallo si trova a dover sbrogliare la questione che Bazoli definisce di ”natura tecnica” perciò attinente alla ”direzione generale”. Va a Roma, ma accoglienza e reazioni sono ben diverse. Berlinguer riconosce che ”il debito esiste” e accetta la soluzione proposta da Gallo: rimborso in 20 anni garantito da un’ipoteca su Botteghe Oscure. Invece Craxi, che è diventato presidente del Consiglio, ribatte ”ma quale debito? Quella era una donazione”. Gallo insiste, dice che sui libri la somma è indicata come un credito. Craxi si alza e congeda il manager ”gelidamente”, ”facendo apprezzamenti poco lusinghieri sui ”libri’”. Il direttore generale torna a Milano con le pive nel sacco. Ma questo è solo un episodio poco gradevole di una lunga avventura finita bene. Il ”fantasma inesistente” oggi capitalizza 70 miliardi. Gallo ha lasciato la banca da molto tempo. Però ha scritto questo libro anche per pagare un ”debito”: devolverà i diritti alle missionarie di Madre Teresa di Calcutta. Non perché l’Ambrosiano è stata la ”banca dei preti” e lo Ior ha avuto ruolo decisivo nel suo crac. No, perché appena arrivato negli uffici del Nba ha ricevuto una suora, che ha pianto di fronte a lui: il suo ordine aveva raccolto una discreta somma per un lebbrosario. Ma il direttore di una filiale milanese aveva convinto la madre superiore a investire i soldi in azioni nel Banco. Poco prima del fallimento» (Sergio Bocconi, ”Corriere della Sera” 26/10/2007).