varie, 14 marzo 2008
GALLIGANI Mauro
GALLIGANI Mauro Sinalunga (Siena) 3 dicembre 1940. Fotografo. Il fotoreporter italiano più famoso in campo internazionale. Ha collaborato con le maggiori testate italiane, tra cui il Giorno, Epoca e Panorama. Ha collaborato lungamente con la rivista Life e le sue foto sono state pubblicate dalle maggiori testate nazionali ed internazionali. Rapito in Cecenia il 24 febbraio 1997, fu liberato il 13 aprile dello stesso anno, fonti ufficiali negarono il pagamento del riscatto (si parlò di due miliardi di lire). «[...] La guerra non è la sua specializzazione, ma di guerre, guerriglie e rivoluzioni ne ha documentate tante. L’ultima, la rivolta cecena, gli è costata due mesi della sua vita. Fu rapito dai guerriglieri ceceni di montagna e trattenuto per 50 giorni finché non fu pagato il riscatto. ”In Cecenia ero andato per Panorama”, racconta. ”Ero con il corrispondente da Mosca Francesco Bigazzi, con l’autista e l’interprete. Mi rapirono in piena città bloccando la macchina in mezzo al traffico, sparando alle gomme. Mi infilarono dentro la loro macchina. C’era uno sportello aperto e io cercai di scappare. Mi dettero due colpi col calcio della pistola, io feci finta di svenire per evitare ulteriori colpi. Poi mi portarono in un covo alla periferia di Grosny. [...] Il loro umore seguiva le trattative. Ti davano da mangiare i loro scarti. Ma io li mangiavo. Non mi facevo certo prendere per fame. Mi potevano dare cacca che l’avrei mangiata. Ero solo, non capivo una parola di quello che dicevano, mi tenevano quasi tutto il tempo con un cappuccio in testa. Facevo finta di star male. Gli feci credere che avevo avuto degli infarti. [...] Chiedono il riscatto e vengono pagati. Sono ceceni di montagna, quelli feroci, appoggiati purtroppo dall’Occidente. Sarà che io sono di parte ma bisognerebbe farli fuori tutti. [...] Ogni momento pensavo di poter morire. I momenti peggiori erano quando mi facevano passare dal un covo all’altro. Incappucciato. Pensavo: adesso mi buttano in un burrone. In quei casi o si paga o si muore.[...] Il fotografo di guerra è quello che non scappa e riesce a scattare foto in queste condizioni. Non è un problema di paura. Paura ce l’hanno tutti.[...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”L’Adige” 16/8/2000).