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 2008  marzo 13 Giovedì calendario

Alla conquista della regina Vittoria. La Stampa 13 marzo 2008. La Guerra di Crimea del 1855 si rivelò propizia per le ambizioni dinastiche di Casa Savoia

Alla conquista della regina Vittoria. La Stampa 13 marzo 2008. La Guerra di Crimea del 1855 si rivelò propizia per le ambizioni dinastiche di Casa Savoia. La Gran Bretagna, priva di un esercito di coscritti, era a corto di truppe e avrebbe preferito assoldare mercenari tedeschi piuttosto che incoraggiare le ambizioni imperiali di Napoleone III consentendo un aumento del contributo francese. Cavour, su consiglio dell’italianissimo «Hurry» Hudson dell’Ambasciata britannica a Torino, offrì 18 mila soldati dell’esercito sardo. Così Torino, e non Napoli, divenne il principale punto di riferimento in «Italia» e il premio fu un invito per Vittorio Emanuele e Cavour a Windsor nel dicembre 1855 e un posto al tavolo delle trattative di pace al Congresso di Parigi nel 1856. In un freddo e umido 4 dicembre il re di Sardegna - corpulento, rosso di capelli e con magnifici mustacchi, messo in caricatura come Tamburmaggiore - ricevette alla Guildhall Library la targhetta della Freedom of the City of London e il 5 a Windsor fu insignito delle insegne di cavaliere dell’Ordine della Giarrettiera dalla Regina Vittoria. Che poi scrisse allo zio re Leopoldo del Belgio di aver trovato Vittorio Emanuele ruvido e timido, «più simile a un cavaliere o un re medioevale che a ciò che conosciamo oggigiorno». Il giovane Principe di Galles fu invece molto impressionato dalla spada reale «con la quale», asseriva il re, «potrei decapitare un bue con un sol colpo». Vittorio Emanuele era insofferente del cerimoniale e, quando discussero della loro comune esperienza di monarchi costituzionali, disse che non amava «il mestiere di re» e che volentieri si sarebbe fatto monaco se con questo avesse potuto evitare le guerre. Sostenne però che «una guerra era inevitabile». Vittoria, figlia di un generale e molto attiva in tutte le questioni militari, contrasse le labbra e i suoi occhi azzurri si fecero di ghiaccio. «I re devono accertarsi che le guerre siano giuste - disse severamente - perché dovranno rispondere davanti a Dio delle vite degli uomini». «Bisogna sempre puntare a una guerra giusta - convenne l’italiano -. Ma Dio perdonerà sempre un errore!». Il nuovo Cavaliere della Giarrettiera si congedò dalla regina e dal principe Alberto in una tempesta di neve all’ora che aveva desiderato per la partenza: le quattro del mattino, un’ora militaresca ancorché asociale. Il Re Galantuomo guardò certamente le dame della Corte inglese e flirtò con alcune - in particolare con Flora Macdonald, figlia del capo del Clan Macdonald. Lei però gli preferì il suo giovane aiutante di campo, il conte Trecchi, che poi sposò. Fu Trecchi, aiutante di campo sia del re sia di Garibaldi nel 1860, che aiutò il re ad aggirare i tentativi di Cavour di tenere Garibaldi in Sicilia. La contessa Trecchi viaggiò con il marito e i Mille dalla Calabria a Napoli. A differenza di quasi tutti i suoi sudditi, la Regina Vittoria era contraria alla riduzione dell’influenza austriaca (in funzione antifrancese) in Italia, come voleva invece Garibaldi. Però, come ricordava ai ministri il suo diletto primo ministro Disraeli, «mai dimenticare che è una donna». A Napoli Flora Trecchi eseguì con discrezione l’ordine reale di ottenere una ciocca dei capelli di Garibaldi per la regina. La richiesta certamente non si estese a un pezzo dei baffoni del nuovo re d’Italia. Richard Newbury