La Stampa 13 marzo 2008, Mario Deaglio, 13 marzo 2008
L’EUROPA BATTA UN COLPO
La Stampa 13 marzo 2008.
I dati e le previsioni della Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza Pubblica confermano quanto tutti gli italiani in cuor loro già sapevano: l’economia si è di nuovo fermata e il 2008 si sta delineando come anno da dimenticare. Se davvero le forze politiche che si contendono il consenso degli italiani vogliono realizzare un progetto di crescita, devono abbandonare la prospettiva immediata e proiettarsi su un orizzonte più lungo.
Forse per un malinteso senso di patriottismo, molti hanno fatto finta di non vedere le incombenti difficoltà italiane ma proprio da queste difficoltà deriva un’altra constatazione, terribilmente scomoda soprattutto in una campagna elettorale: il prossimo governo, quale che sia, dovrà subito darsi da fare a riscrivere la finanziaria approvata meno di tre mesi fa. E questo non perché ci siano attualmente dei «buchi» apprezzabili ma perché, con il passare dei mesi, per l’effetto congiunto di motivi internazionali (la grande crisi finanziaria, il forte rallentamento globale) e motivi interni (debolezze strutturali sempre più evidenti dal lato della produzione) il gettito delle imposte, finora relativamente brillante, si indebolirà e risulterà alla fine nettamente inferiore alle previsioni di qualche mese fa. Ammesso che sia mai esistito, il fantomatico «tesoretto» si scioglierà molto rapidamente man mano che si avvicina l’estate.
Alla soddisfazione per il relativo risanamento della finanza pubblica e alla «promozione» ottenuta in sede europea - un risultato positivo del governo uscente spesso non tenuto nella giusta considerazione - seguirà la rinnovata preoccupazione per la possibile ricaduta nell’incertezza finanziaria.
Questa preoccupazione è apparsa particolarmente giustificata nella giornata di ieri, a seguito della grande difficoltà a «chiudere» l’asta dei Bot - ossia a trovare compratori per i titoli offerti dallo Stato - un episodio che segue l’indebolimento dei titoli pubblici italiani sul mercato finanziario mondiale. A tale andamento possono aver contribuito anche le dichiarazioni di esponenti politici di primo piano dei due schieramenti alle prime battute della campagna elettorale. infatti sembrato di assistere a una nobile gara a chi prometteva i maggiori regali agli elettori e sarebbe opportuno che i leader politici si ricordassero che ai loro comizi non assistono soltanto sostenitori plaudenti: ciò che dicono (e in particolare ciò che promettono) viene attentamente notato dagli esperti finanziari internazionali, il cui giudizio determina le scelte del «mercato» che, mese dopo mese, è chiamato a finanziare molte di quelle promesse.
Insomma, proprio non ci sono cioccolatini da distribuire agli elettori. Se davvero non si vorrà «mettere la mano nelle tasche degli italiani» (bisognerebbe vedere quali) bisognerà tagliare i servizi che gli italiani ricevono gratuitamente dall’amministrazione pubblica. Basti pensare che il prossimo governo dovrà probabilmente affrontare subito situazioni gravi nella sanità di alcune regioni che non hanno effettuato i piani di rientro della loro spesa eccessiva in questo settore. Il ripianamento di questi deficit da solo può valere alcuni miliardi di euro ma, oltre a queste grandi cifre, se ne trovano di quelle relativamente piccole ma politicamente e civilmente più difficili da digerire, come la maggiore spesa statale legata alla situazione dei rifiuti della Campania, stimabile in almeno una decina di milioni di euro al mese.
A questa situazione non ci sono in pratica vie d’uscita a livello nazionale. Occorre invece cercare di costruire una strategia a livello europeo, dal momento che le nubi sulla crescita si addensano per tutti e che, se da noi già quasi piove, Germania e Francia sentono anch’esse la pioggia molto vicina e persino la Spagna di Zapatero si accorge che il periodo della crescita spettacolare basata in larga misura sull’edilizia sta volgendo al termine.
Secondo quanto ha recentemente consigliato il nuovo direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strass-Kahn, i Paesi europei dovrebbero procedere a uno stimolo fiscale concertato: in pratica, si tratterebbe di dare al patto di stabilità un’interpretazione un po’ meno ragionieristica e permettere alle politiche nazionali un modesto grado di flessibilità. Esistono vari sistemi per elevare con tutte le cautele necessarie e, per un periodo di tempo rigorosamente delimitato, il livello dei deficit pubblici nell’ordine di mezzo punto percentuale del prodotto interno lordo. Un simile aumento di spesa sarebbe probabilmente sufficiente a non estinguere la fiammella della crescita senza che si accenda la fiammata dell’inflazione. E potrebbe dar tempo all’Italia perché rifletta davvero sul proprio futuro e reagisca alla situazione, ormai evidente, di crescente degrado e irrilevanza internazionale.
Mario Deaglio