La Stampa 13 marzo 2008, Paolo Colonnello, 13 marzo 2008
La difesa di Tanzi chiama a testimoniare. La Stampa 13 marzo 2008. La paura, non confessata, di tutte le parti in causa è che il processo Parmalat, il più imponente dibattimento per bancarotta fraudolenta mai affrontato in Italia da domani in scena all’Auditorium di Parma, partorisca alla fine un topolino
La difesa di Tanzi chiama a testimoniare. La Stampa 13 marzo 2008. La paura, non confessata, di tutte le parti in causa è che il processo Parmalat, il più imponente dibattimento per bancarotta fraudolenta mai affrontato in Italia da domani in scena all’Auditorium di Parma, partorisca alla fine un topolino. Quando arriverà l’ultima parola della Cassazione, tra il conto alla rovescia delle prescrizioni, condoni e patteggiamenti vari, sul campo della certezza della pena rimarranno tante macerie e tante buone intenzioni a partire dalle pene previste: dai 15 anni in giù. Bastano i numeri per capire che razza di processo sarà: 5 milioni di atti, 500 mila pagine d’istruttoria, 5 processi riuniti (Parmalat, Parmatour, Acque minerali Ciappazzi, avvocato Ributti e truffa Emil-Ro-Factoring) 64 imputati, 35mila parti civili, decine di capi d’imputazione riuniti sotto reati che vanno dall’associazione per delinquere alla bancarotta fraudolenta, alla truffa, al falso in bilancio. In più ci sono altri due tronconi che attendono di essere chiusi in udienza preliminare: quello sulla vendita gonfiata di Eurolat (con il coinvolgimento di Cesare Geronzi) e quello sulla responsabilità di quattro banche internazionali (Deutsche bank, Ubs, Citigroup e Morgan Stanley). Sono questi i veri processi dai quali i legali delle parti civili si aspettano in realtà i risarcimenti più sostanziosi. Perché, oltre ai numeri e alla monumentalità del dibattimento che si prevede andrà avanti per almeno due anni, quello di domani sarà in realtà un ”processo vetrina” , dove nonostante la presenza di imputati come Calisto Tanzi, Fausto Tonna, Luciano Silingardi, Cesare Geronzi, Matteo Arpe, avvocati del calibro di Sergio Erede e Paolo Sciumè e personaggi come Giampiero Fiorani, di sostanza ne verrà fuori ben poca. In gioco c’è, come al solito, la credibilità del sistema giudiziario italiano che, davanti al mondo intero – Parmalat è stata paragonata alla Enron americana - si giocherà la partita in un piccolo tribunale di provincia, che vanta il poco invidiabile record di appena 26 processi celebrati in un anno. Mentre nel civile, il solo Enrico Bondi, amministratore delegato della nuova Parmalat, ha promosso 110 cause. In coda al processo che si apre domani ci sono soprattutto i piccoli risparmiatori, danneggiati dalle banche che avevano rifilato loro milioni di bond spazzatura. Si trasferiranno dal proscenio di Milano, dove sono ben due i dibattimenti in corso per aggiotaggio, a quello di Parma sperando di ottenere risarcimenti e condanne. Anche se, secondo il professor Carlo Federico Grosso che guida questa sorta di class action all’italiana, finora non è andata poi così male se è vero che in media i piccoli risparmiatori hanno recuperato finora tra il 40 e il 50% del capitale investito. «Si tratta comunque di cifre che stanno solo sulla carta – spiega il professor Grosso – dato che, almeno a Milano, tra un anno tutto andrà in prescrizione e così anche i risarcimenti fin qui ottenuti con le sentenze di patteggiamento. Diverso il discorso per le transazioni offerte da colossi come la Deloitte. In ogni caso le prime condanne ci hanno visto riconoscere anche il danno morale con provvisionali intorno ai 40 milioni di euro. Somma che ha messo molta paura agli imputati». Unica nota positiva è che non ci saranno timori di prescrizioni visto che la bancarotta ha una durata di almeno 15 anni e l’ultimo episodio contestato risale al 2003. Da qui alla Cassazione però ci vorrà tempo. Poi c’è anche il resto del Paese che dal crac da 14 miliardi di Parmalat ha tratto una bruttissima immagine. Una delle tante, che solo domani si scoprirà se potrà essere riscattata, quando cioè i giudici decideranno a che data rinviare l’udienza. I colpi di teatro sono già cominciati: l’avvocato Fabio Belloni, uno dei difensori dell’ex patron di Collecchio, Callisto Tanzi, ha citato come testimoni gli stessi 35 mila risparmiatori che gli chiedono i danni. Una provocazione che però ha già spiegato bene l’altro legale, l’avvocato Giampiero Biancolella, «Qui nessuno è innocente ma l’acqua in piscina per far nuotare Tanzi l’hanno versata in tanti». Ma la verità di Parmalat è assai complicata. E passa sì dal tesoretto che si presume nascosto all’estero di Tanzi, ma anche dal circuito delle grandi banche italiane e internazionali e da quegli «operatori finanziari che - secondo la consulente della procura di Milano, Stefania Chiaruttini - hanno collaborato con Parmalat Finanziaria consentendo la sopravvivenza in Borsa di un gruppo da molti anni decotto ma percepito dai piccoli risparmiatori come entità solida e affidabile». Passa dai finanziamenti concessi alla società di Collecchio tra il 2001 e il 2003 a tassi da usura di oltre il 18%: percentuale che, per gli inquirenti, documenta l’ipotesi che le banche fossero ben consapevoli della criticità della situazione Parmalat e vi si cautelassero, scaricando poi sui clienti i famosi bond. L’Auditorium è stato ripulito, il ministero di Giustizia ha firmato nuovi ”pagherò” per l’affitto della sala: domani si comincia. Nessuno può dire come finirà. Paolo Colonnello