Boris Sollazzo, Liberazione 14/3/2008, 14 marzo 2008
Lei ama le icone fragili e contraddittorie. Lì troviamo noi stessi. Penso a Di Bartolomei, la canzone su di lui, per esempio, nasce dal fatto che ho proprio sentito la sua voce
Lei ama le icone fragili e contraddittorie. Lì troviamo noi stessi. Penso a Di Bartolomei, la canzone su di lui, per esempio, nasce dal fatto che ho proprio sentito la sua voce. Dovevamo fare i conti l’uno con l’altro. Non lo perdonavo per averci lasciato, per essersi ucciso, ma non perdonavo neanche me stesso per non essere riuscito, conoscendolo, a capire le sue difficoltà. Lui ha tradito il suo pubblico e quella che riteniamo la funzione esemplare del campione. Ai campioni non si perdona nulla, perché devono essere esempi. E invece sono più fragili degli altri: danno tanto, ricevendo poco. Maradona, per esempio, non è morto solo perché l’Argentina lo ha amato, sostenuto, salvato. Penso, infine, a Pessotto. Ci sono andato in vacanza. Intelligente ed elegante, famiglia perfetta. Eppure si è buttato. Ma ora non lo rifarebbe, ed è importante capirlo. Sono momenti che arrivano. E si superano. [...] Antonello, inevitabile chiederti di Gabriele Sandri, una ferita ancora aperta? E’ terribile, e pazzesco. E poteva andare peggio. Se fosse stato uno scontro tra tifoserie a provocare quella morte, avresti avuto una guerriglia inarrestabile, e comunque con chiarezza e trasparenza avresti evitato anche quello che è successo. Perché lo Stato ha mentito? Perché il ministro non ha convocato subito una conferenza stampa parlando di tragico errore? E’ il segno di un malessere sociale, politico. Come il saluto romano ai suoi funerali. Dobbiamo pensare che ci sono cellule naziste in giro? Sì, un problema di derive politiche violente esiste, ma in quel caso era un fatto puramente estetico. Se fosse morto un tifoso livornese, avremmo visto i pugni chiusi. E’ il segno, piuttosto, di un disagio profondo. I tifosi ormai sono considerati dei paria. Una fetta di società enorme ed esclusa. Verso di loro c’è una perenne presunzione di illegalità, una discriminazione pregiudiziale. Si tende a non capirli, ad escluderli, come tante altre comunità. E pensare che quello che è successo poteva accadere a me, hai idea di quante volte sono andato in trasferta in macchina? E poi che senso ha dire "è morto un tifoso laziale"? Ora la fede calcistica è diventata una connotazione umana? La Roma di Venditti, insomma, è Capoccia di un mondo sempre più infame (Antonello Venditti a Boris Sollazzo di Liberazione)