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 2008  marzo 13 Giovedì calendario

L’ambientalista scettico. Capitoli VIII-IX Capitolo VIII: Abbiamo i giorni contati? Capitolo IX: Avremo cibo a sufficienza? Secondo alcuni l’umanità avrebbe i giorni contati: se le cose sono andate bene finora non è detto che sarà così per sempre

L’ambientalista scettico. Capitoli VIII-IX Capitolo VIII: Abbiamo i giorni contati? Capitolo IX: Avremo cibo a sufficienza? Secondo alcuni l’umanità avrebbe i giorni contati: se le cose sono andate bene finora non è detto che sarà così per sempre. Il concetto chiave è quello della sostenibilità del modello di sviluppo. Secondo il Worldwatch Institute ci stiamo comportando «come se non avessimo figli, come se non ci dovesse essere una nuova generazione». Una delle condizioni indispensabili per la sopravvivenza del genere umano è l’accesso alle risorse della Terra. Il cibo è probabilmente la risorsa più importante. Le fonti alimentari sono rinnovabili, ma cosa accadrebbe se iniziassero a scarseggiare? un timore giustificato, soprattutto in considerazione del fatto che la popolazione aumenta sempre di più? I dati dicono che dal 1961 l’attività agricola ha prodotto cibo e calorie pro capite in quantità sempre maggiori, sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Una serie di dati dimostra però che la quantità media di grano per ogni abitante del pianeta è cresciuto fino al 1984, per poi diminuire dell’11%.  vero che la produzione cerealicola mondiale ha raggiunto il massimo di 344 kg pro capite nel 1984 ed è poi calata a 306 kg, ma questo risultato si deve in gran parte a sottigliezze statistiche. Nei paesi industrializzati la produzione è cresciuta costantemente dagli anni 50 fino agli anni 80, quando si è stabilizzata intorno ai 650 kg per abitante. L’arresto della crescita è dovuto al fatto che il mercato è saturo e, anzi, l’elevato livello di consumo si deve alla grande quantità di cereali utilizzati per nutrire animali, che a loro volta forniscono la carne destinata al consumo. Nei paesi in via di sviluppo invece la produzione ha continuato a crescere da 157 kg nel 1961 a 211 kg nel 2000. Nello stesso tempo in questi paesi è aumentata la popolazione: pertanto la diminuzione della media globale è dovuta alla continua crescita della popolazione dei paesi in via di sviluppo. Se infatti il numero di individui che producono circa 200 kg aumenta e il numero di coloro che producono 650 kg nei paesi industrializzati rimane costante, la media mondiale diminuirà. Riportare solo le cifre relative alla diminuzione a livello globale nasconde il fatto che sempre più persone nei paesi in via di sviluppo hanno accesso a risorse alimentari più abbondanti. Altra causa della diminuzione di produzione dei cerealie: il crollo dell’Unione Sovietica e delle altre economie a pianificazione centralizzata ha provocato. Ciò ha provocato tra il 1990 e il 2000 un calo di circa il 40%: mentre in precedenza questi paesi fornivano quasi il 17% dei cereali totali, adesso il loro apporto alla produzione mondiale è inferiore al 10%. L’Unione europea ha inoltre cercato di evitare la sovrapproduzione: questo provvedimento ha provocato un calo nella produzione di cereali nell’area comunitaria superiore al 5%. In più, l’Unione europea ha aumentato la quota di terreni agricoli messi a riposo per motivi ambientali e i prezzi bassi dei mercati mondiali hanno contribuito a contenere la produzione.  tuttavia vero che per quanto riguarda la resa, a livello globale, i tassi di crescita per riso, grano e granturco, che costituiscono circa il 50% dell’apporto calorico mondiale, sono in diminuzione. Negli anni 70 per il riso tale tasso aumentava del 2,1% all’anno, mentre adesso è all’1,5%; le percentuali relative a grano e granturco sono simili. Per il Worldwatch Institute stiamo raggiungendo i limiti di ciò che possiamo ottenere dalle piante che coltiviamo. Per provare questa tesi spesso vengono riportati dati, che però risultano essere scelti di proposito per confermare questa tesi: di solito si prende l’anno di un picco della resa per affermare che negli anni successivi c’è stata una contrazione.  ovvio che l’aumento della produttività di cereali non si sviluppa in modo autonomo, ma richiede investimenti nella ricerca da parte delle imprese e dei governi. Inoltre, davanti alle previsioni di un’ulteriore diminuzione dei prezzi e dunque dei profitti, rapidi aumenti nella produttività saranno possibili solo grazie a costanti finanziamenti pubblici. Ma questo è un problema di priorità politiche e non di limiti della produzione alimentare. Le possibilità di aumentare la resa sono ampie soprattutto per i piccoli coltivatori dei paesi in via di sviluppo: è stato calcolato che essi producano meno della metà della resa massima possibile. Per esempio nell’Andra Pradesh, in India, i centri di ricerca più sviluppati ottengono tassi di resa che superano da 5 a 10 volte quelli dei contadini che impiegano ancora metodi tradizionali. proprio questo fatto a garantire che esistono ampi margini di miglioramento nella produttività. Il fatto che la resa del riso sia scesa dal 2,1% all’1,5% potrebbe provocare preoccupazione. Però bisogna tenere presente che il tasso di crescita della popolazione è diminuito da oltre il 2% dei primi anni 70 a meno dell’1,26% attuale e si prevede che scenderà al di sotto dello 0,5% nei prossimi 50 anni. La precedente crescita della produzione agricola era necessaria proprio alla luce dell’aumento demografico. Oggi è sufficiente una crescita ridotta perché l’incremento demografico è inferiore. Il Worldwatch Institute ha sollevato con preoccupazione la questione delle scorte di cereali mondiali. Le riserve sono costituite dalla quantità ancora disponibile subito prima del nuovo raccolto. Nel 2000 le riserve ammontavano a circa 62 giorni di consumo ed erano inferiori ai 64 giorni prescritti dalla Fao. Tuttavia c’è da dire che la diminuzione delle riserve (che si è verificata soprattutto negli Stati Uniti e nell’Unione europea) si è accompagnata alla maggiore flessibilità del commercio mondiale. Oggi le nostre collettività si garantiscono e si sostengono a vicenda e questa è una forma di sicurezza molto più efficace delle riserve. Un altro ricorrente motivo di ansia è rappresentato dall’erosione della superficie coltivabile: quando la terra viene erosa da pioggia e vento, perde le sostanze nutrienti e la capacità di trattenere l’acqua, di conseguenza la sua produttività è inferiore. Ma davvero l’erosione danneggia la resa? In verità i dati dicono che c’è un aumento annuale di produttività compreso fra l’1 e il 2% derivante dall’uso di varietà di sementi a resa superiore, dall’impiego di tecniche agricole più avanzate e dalla diffusione di irrigazione, pesticidi e fertilizzanti. Paragonato a questo incremento, l’effetto dell’erosione è talmente limitato che in molti casi non giustifica l’impegno necessario a combatterlo. Testo elaborato da Daria Egidi (6 - continua)