Il Sole 24 ore 2 marzo 2008, Laura Leonelli, 2 marzo 2008
Ho perso la testa in metro. Il Sole 24 ore 2 marzo 2008. Il problema non è perderlo. Di spiegazioni logiche e inconsce ce ne sono moltissime
Ho perso la testa in metro. Il Sole 24 ore 2 marzo 2008. Il problema non è perderlo. Di spiegazioni logiche e inconsce ce ne sono moltissime. Il problema è trovarlo, fissarlo con la coda dell’occhio, assicurandosi di non essere vittima della solita candid camera, quindi avvicinarsi e sì, basta dubbi, raccoglierlo quel teschio, un teschio umano, abbandonato al suo incerto destino sul sedile di una metropolitana di Parigi, linea 1, quella che in pochi minuti vi porta dalla Defense a Chateau de Vincennes. Sono milioni le persone che ci salgono ogni giorno e tra queste almeno due, sconosciute una all’altra, hanno intrecciato i loro destini, l’Amleto, l’antropologo, lo studente di medicina, il pazzo omicida, l’addetto alle catacombe che si è dimenticato il teschio per strada, e voi, solerte cittadino che vincendo l’imbarazzo e l’orrore della scena ha riconsegnato quanto rimane di una terza vita, anche lei sconosciuta, all’Ufficio "Objets Trouvés" della Capitale, in rue des Morillons, 36. Gesto nobile, che giustamente la fotografia, votata com’è al recupero di immagini ed emozioni altrimenti smarrite, ha voluto celebrare in un piccolo ma entusiasmante libricino, opera di Jérôme Eagland Conquy. Nell’obbiettivo, centocinquanta oggetti e relative storie, scelti tra quei 150.000 ritrovamenti, in metropolitana, negli aeroporti, sui taxi e sulla pubblica via, che ogni anno entrano nello storico deposito. «Objets Trouvés à Paris. Catalogue déraisonné des têts en l’air», recita il titolo illuminista di questo vademecum della sbadataggine e del superfluo, dell’atto mancato e dell’umorismo più nero. Perché contemplando il catalogo di queste "cose", così come sarebbe piaciuto a Bouvard e Pécuchet e naturalmente a Perec, viene spontanea la domanda: ma quale pensiero perverso, quale odio o amore non corrisposto, quale disillusione o giusta vendetta, si nasconde nel cuore e nella testa per aria di colui che abbandona al l’aeroporto Charles de Gaulle un’urna cineraria e sul sedile di un taxi un bouquet da sposa, e sempre sullo stesso mezzo, forse di ritorno da un luogo santo, due flaconi di plastica, uno contenente l’acqua benedetta del Giordano, e l’altro l’olio della Grotta della Natività di Betlemme? Il fotografo, che peraltro insegna la sua arte ai detenuti di un carcere minorile, altri smarriti sociali, non risponde, limitandosi a inquadrare sullo stesso fondo neutro un oggetto dietro l’altro. Resta a noi, invece, la voglia di conoscere almeno il volto di colui che si è dimenticato sull’autobus della linea 168 la protesi di una gamba – sarà la sua? – e sulla 197 una stampella, e in mezzo alla strada, nel 7º arrondissement – ci sarà stato un miracolo, quel miracolo che l’infelice possessore dell’olio santo non ha ricevuto – una sedia a rotelle. E che dire del possessore di una dentiera, precisamente la parte di sotto, affidata al flusso umano della RER, linea B? Non è certo la prima volta che qualcuno dimentica parti di sé su un mezzo pubblico. Né che qualcuno le raccolga o le conservi, come testimonia un decreto del 1699: «Gli oggetti lasciati negli uffici, nelle carrozze o vetture pubbliche appartengono per almeno due anni al demanio reale». Di sbadati dovevano essercene anche negli anni della Rivoluzione, se in documento del 1º dicembre 1790 si legge che «Tutti i beni senza proprietario appartengono allo Stato». Sessant’anni dopo gli oggetti smarriti e riconsegnati al deposito di Rue du Harlay erano già 10.000 ogni anno. Troppi. Nel 1893, il prefetto Lovis Lépine decide di aprire un ufficio, in grado di ospitare le vittime di una società già destinata all’abbondanza e allo spreco. Il progetto si realizza nel 1939 con l’apertura in rue des Morillons. Forse per ricordare le origini secentesche e quella vaga atmosfera da cappa e spada, Conquy ha voluto inserire nella sua personale collezione un fioretto, con impugnatura dorata, recuperato sempre all’aeroporto Charles de Gaulle. Soggetto, le armi, che si presta alla variazione sul tema. Domanda: «Come si farà a dimenticare sulla linea 7 una spada da samurai, o un’ascia per strada, o ancora una pistola da duello all’alba, sempre all’aeroporto, come se si temesse qualche altro attacco terroristico e in volo si affidasse la propria incolumità a quell’archimbugio da museo?». Questi i dubbi di chi parte. Ma poi si torna stanchi dalla California e ci si può dimenticare il surf sulla frequentatissima linea B, quella della dentiera, o la culla del bambino sulla linea 12, e un sombrero – con la voce dell’inconscio che urla, no, il sombrero no! – in taxi. Direte, ma la polizia, che fa? Non segnala? Per la precisione le Forze dell’ordine hanno smarrito un distintivo, un cappello, anche da vigilessa, una camicia con i gradi, e, sì anche un paio di pantaloni di ordinanza. Laura Leonelli