Il Sole 24 ore 2 marzo 2008, Mara Monti, 2 marzo 2008
Subprime, rosso da 181 miliardi. Il Sole 24 ore 2 marzo 2008. Centottantuno miliardi di dollari di svalutazioni, e non è finita
Subprime, rosso da 181 miliardi. Il Sole 24 ore 2 marzo 2008. Centottantuno miliardi di dollari di svalutazioni, e non è finita. Se a gennaio i timori di un’accelerazione della crisi finanziaria si erano sopiti, è bastato qualche singulto dell’economia americana e delle Borse per fare ripiombare i mercati nell’incubo recessione. Dall’inizio dell’anno l’indice S&P’s 500 di Wall Street è sceso del 6,86%, il Dow Jones del 5,15%. In Europa lo Stoxx 600 è arretrato dell’11,33% e a Piazza Affari l’S&P Mib si è contratto dell’11,6%. Puntuali hanno ricominciato a circolare dati allarmanti di ulteriori perdite per le banche che nei prossimi giorni cominceranno a pubblicare i dati del primo trimestre: l’ultima stima di Ubs indica svalutazioni per il sistema finanziario per 600 miliardi di dollari. Una cifra enorme, ma per alcuni economisti ancora sottostimata. E comunque impensabile fino ad un anno fa quando dalla California il fallimento della seconda società americana di mutui subprime, la New Century Financial, aprì la faglia che terremotò la finanza e l’economia di mezzo mondo. A mettere in crisi la società di mutui californiana erano stati i ritardi nei pagamenti delle rate nella frangia subprime, ovvero dei creditori meno sicuri, una crisi che ben presto si diffuse anche ad altri comparti dei mutui immobiliari e soprattutto alle banche che avevano finanziato le società. Per mesi si parlò di crisi circoscritta, senza pericoli di contagio agli altri settori della finanza e soprattutto all’economia. Bisogna arrivare a luglio e al salvataggio dei due fondi di Bear Stearns, specializzati in mutui subprime, costato svariati miliardi di dollari, per capire che la crisi non riguardava soltanto il mercato immobiliare. Banche e finanziarie avevano preso posizione sui mutui subprime. Il veicolo erano stati i prodotti strutturati del tipo mortgage backed securities, garantiti da prestiti immobiliari ad alto rischio e ceduti alle banche che li impacchettavano in titoli altamente affidabili e certificati dalle società di rating per offrirli agli investitori, tra cui grandi gestori di fondi assetati di nuove opportunità di guadagno. L’eccesso di liquidità, le agevolate condizioni del credito, gli spread molto bassi e i tassi di fallimento ai minimi storici avevano favorito la circolazioni di questi prodotti. Ma d’allora il prezzamento del rischio è stato massiccio. E non poteva essere diversamente dal momento che il valore del sottostante, ovvero dei mutui subprime, si era azzerato, facendo così crollare anche il mercato dei mortgage backed securities divenuti nel frattempo illiquidi, con ingenti perdite per i sottoscrittori. Senza scambi né prezzi diventava difficile quantificare il valore di questa massa di cartolarizzazioni rimasta in carico alle banche e alle finanziarie, su cui cominciava a pendere la "Spada di Damocle" del rischio insolvenza. Le banche centrali, la Federal Reserve e la Bce, cominciarono ad iniettare liquidità nel sistema per scongiurare fallimenti a catena. In Europa è la Germania a correre in soccorso dell’istituto di credito Ikb, travolto dalla tempesta del mercato immobiliare americano: sarà la banca pubblica Kfw ad assumersi tutte le obbligazioni della società finanziaria. C’è poi il caso Northern Rock, la società di mutui inglese per giorni preda della corsa allo sportello dei suoi clienti. Anche la Spagna ha subito una forte contrazione del mercato immobiliare, fino a quel momento vivacizzato da offerte finanziare allettanti. A partire dall’autunno era divenuto chiaro a tutti che il contagio aveva intaccato ampi settori della finanza, scatenando un’ondata di stretta creditizia nei mercati interbancari, provocata dalla mancanza di fiducia tra le stesse banche, tanto da fare schizzare alle stelle il costo della liquidità e dei tassi interbancari. L’intervento deciso delle banche centrali ha alleviato ma non risolto il problema: in un anno il Fed fund è passato dal 5,25% al 3% e nuovi tagli sono attesi nelle prossime settimane. Diverso il tenore delle scelte della Banca europea che prima della crisi aveva alzato i tassi dal 3,5% al 4% per poi lasciarli inchiodati a questo livello. Le prossime settimane, con la pubblicazione dei dati del primo trimestre delle banche, saranno cruciali per capire in che direzione si sta andando, ma nessuno si fa illusioni: le perdite procurate al sistema finanziario dal crollo del sistema dei mutui subprime, ora stanno intaccando anche i mutui a basso e a bassissimo rischio, "impacchettati" e ceduti sul mercato con le stesse modalità. A queste perdite occorrerà aggiungere quelle finora non iscritte in bilancio causate dagli strumenti di investimento strutturati come i Siv e i Conduit, ma che le nuove regole contabili obbligano a rendere trasparenti. Centinaia di miliardi di dollari che rimbalzando dagli Stati Uniti all’Europa, non potranno che aggravare la crisi del credito. Mara Monti