Il Sole 24 ore 2 marzo 2008, Walter Riolfi, 2 marzo 2008
Gli attivi bancari sorvegliati speciali. Il Sole 24 ore 2 marzo 2008. «Immaginate di dover vendere a tutti i costi i vostri strumenti derivati in un mercato in preda al caos
Gli attivi bancari sorvegliati speciali. Il Sole 24 ore 2 marzo 2008. «Immaginate di dover vendere a tutti i costi i vostri strumenti derivati in un mercato in preda al caos. uno scenario cui bisognerebbe dare molta attenzione adesso e non quando capiterà». Chi parla è Warren Buffett all’assemblea degli azionisti di Berkshire Hathaway. Non quella di ieri, ma quella della primavera 2005. Parole sante, avevano commentato allora operatori e analisti. Ma avevano continuato a costruire prodotti derivati su tutto quello che si poteva derivare, convinti che quanto diceva l’oracolo di Omaha fosse, se non proprio imprevedibile, quanto meno poco probabile. Son passati quasi tre anni e il «poco probabile» è avvenuto. E l’altro giorno l’hedge fund Peloton è saltato dopo aver tentato vanamente di liquidare le sue attività. A gestire il fondo inglese non erano degli sprovveduti, ma due personaggi, ex Goldman Sachs, che avevano capito quasi tutto: ossia che quella spazzatura dei subprime era merce pericolosa che andava venduta subito. E difatti l’avevano venduta (allo scoperto) e s’erano protetti comprando (a leva) «triple A» ritenute sicure. Invece anche questa roba ha perso oltre il 40% sotto le vendite di tutti quelli che la crisi ha costretto a far liquidità, vendendo la parte migliore dei loro portafogli. Peloton è solo l’ultimo caso eclatante. Ma in condizioni abbastanza simili si sono ritrovati in tantissimi: comprese le prestigiose banche d’investimento internazionali, le banche commerciali, le assicurazioni, le società che erogavano mutui e tanti hedge fund. « un po’ come quello che nuotava nudo, tranquillo: fino a quando non è arrivata la bassa marea», ha detto ieri Buffett descrivendo con la consueta sagacia le conseguenze di questa crisi. E nudi si sono ritrovati in tanti, non solo quelli che hanno tentato di vendere sul mercato le triple e le doppie «A», ma anche quelli che le hanno tenute in portafoglio. Come il gigante assicurativo Aig che, per adeguare l’attivo ai prezzi di mercato, ha svalutato per 11 miliardi di $: perdite sulla carta, hanno precisato gli operatori, che potrebbero anche trasformarsi in plusvalenza. Per ora sono perdite, come quelle di tantissime altre istituzioni finanziarie, al punto che l’intero sistema si ritrova con capitali non più adeguati ai rischi e al valore delle attività. Venerdì un gruppo di economisti americani ha presentato a Wall Street uno studio sulle conseguenze della crisi del credito. Le conclusioni sono tutt’altro che consolanti, non solo perchè si stimano in circa 400 miliardi di $ le possibili perdite legate ai mutui subprime (Ubs ne prevede addirittura 600), ma perchè si capisce che questa crisi sarà destinata a durare molto più del previsto, con conseguenze che incideranno per anni sull’attività creditizia e per parecchi trimestri anche sull’economia. Lo studio calcola in 20.485 miliardi il totale degli attivi delle istituzioni Usa che fanno uso della leva finanziaria. Anche supponendo che riducano del 5% l’indebitamento e che recuperino il 50% delle perdite (stimate prudentemente in 200 miliardi), queste istituzioni dovrebbero liberarsi di 1.980 miliardi di attività per avere una patrimonializzazione adeguata ai rischi. E 1.980 miliardi sono più del loro patrimonio complessivo. Ci sono tre casi, sostengono gli autori: o banche e broker riducono i loro attivi; o trovano capitale fresco per ricapitalizzarsi; oppure cambia la percezione del rischio e i mercati trovano accettabile la presente condizione. Lo scenario migliore sarebbe il secondo, ma non è facile da realizzare: cosicchè è il primo a dover essere percorso. L’ultimo è improbabile per buona parte del 2008. Per questi motivi la crisi del credito sembra destinata a durare a lungo, pesando sull’economia con un calo del Pil pari a circa 1,5 punti. Ma anche in Borsa non c’è un gran avvenire per il settore, poichè per anni le banche non riusciranno a ripetere gli utili del 2006-07. In meno di un mese gli analisti hanno tagliato di un terzo le stime di utili (primo trimestre) per le grandi banche di Wall Street. di Walter Riolfi