Il Manifesto 6 marzo 2008, SILVIA BENCIVELLI, 6 marzo 2008
Il business paranoico della genetica fai-da-te. Il Manifesto 6 marzo 2008. biondo, magro, remissivo
Il business paranoico della genetica fai-da-te. Il Manifesto 6 marzo 2008. biondo, magro, remissivo. Più lo guardi e più te ne convinci: non può essere tuo figlio. Tua moglie ti ha ingannato per anni e questo ragazzino timido lo hai tirato su tu. Ma non farti rodere il fegato: apri Google, digita test di paternità e scegli il tuo laboratorio. Poi raccogli un capello del giovanotto dal lavandino, o anche un chewingum masticato, e spediscilo in busta chiusa insieme a un pacchetto di banconote da cento. Oplà: in cinque giorni saprai se quello è figlio tuo o dell’idraulico, con una sicurezza del 99,9999 per cento. Il test di paternità è un test genetico fai-da-te, economico, facile e legale: in Italia nessuna norma di legge richiede il consenso della madre. Si fa su internet, grazie ai siti che promettono discrezione ed efficienza ai maschi paranoici di tutto il mondo. E non importa che, a fronte di un prezzo economico tutto sommato abbordabile, il prezzo emotivo del test sia alto, e lo paghi un bambino. Il mercato della genetica online offre test genetici per tutte le fobie, senza andare troppo per il sottile. Gestisce la salute come una merce, e in molti casi vive in un odor di truffa decisamente pesante. La situazione-tipo la ricostruisce la rivista New England Journal of Medicine, in un editoriale uscito un mese fa: domani, si dice, uno dei vostri pazienti storici, che non ha mai voluto dimagrire e smettere di fumare, si presenterà nel vostro studio con in mano i risultati di un test genetico che gli dice, guarda un po’, di mangiare meno e dare un taglio alle sigarette. A voi erano bastate la storia familiare e un’occhiata al girovita per dirlo. Ma lui ha pagato tremila euro per farselo leggere nel Dna. Che cosa cambia? Non sempre avere una mutazione vuol dire avere una malattia: nel caso delle patologie cosiddette multifattoriali (come quelle cardiovascolari a cui si riferisce l’editoriale) può voler dire avere una predisposizione, che potrebbe diventare malattia più facilmente che negli altri individui, in presenza di alcune condizioni particolari, tipo il colesterolo elevato o il vizio del fumo. Quindi, nella migliore delle ipotesi, può succedere di pagare un sacco di soldi per sentirsi dire quello che saprebbe diagnosticare anche uno studente di medicina al quarto anno. Però ci sono anche ipotesi peggiori. Per esempio quelle in cui viene consegnata una diagnosi terribile con la freddezza di una finestra pop-up. O quelle in cui, al contrario, si viene rassicurati rispetto a una malattia che può colpire comunque. il caso del tumore al seno e di quello all’ovaio, per cui sono stati identificati dei geni precisi (Brca1 e Brca2) che causano il cancro in più dell’80 per cento dei casi. Ma anche chi non presenta la mutazione ha comunque un rischio rilevante di sviluppare un tumore nel corso della vita (circa il 10 per cento), perché solo il 14 per cento del totale dei tumori al seno o alle ovaie sono dovuti alle mutazioni di Brca1 e Brca2. Allora mettiamo che il nostro amico paranoico, dopo aver fatto il test di paternità su suo figlio, voglia sapere di che morte morirà: cancro alla prostata, infarto o Alzheimer. Tornerà su Google e digiterà qualcosa come genetic test service per finire in pochi passaggi su un sito che offre i test per posta per un prezzo medio intorno ai 2000 dollari. Molti di questi siti riportano informazioni scientificamente corrette, le linee guida degli oncologi e persino una consulenza medica telefonica, fuori dal pacchetto base. Il nostro amico sceglierà, grazie a un comodo menù a tendina, da quale nuovo incubo farsi assalire, pagherà qualche migliaio di dollari e spedirà in California o in Islanda il suo campione di saliva. In cambio riceverà via e-mail, username e password, e dopo qualche giorno potrà tornare in rete e leggere i risultati del test. E scoprire, per esempio, di avere una mutazione genetica che è associata al glaucoma in una certa percentuale di casi, come una certa parte della popolazione. E poi? Poi accenderà di nuovo il computer e cercherà delle spiegazioni. «Mi è capitato spesso di ricevere mail di richieste di aiuto, da parte di persone in ansia, che cercano in rete, risposte su come leggere i loro test», spiega Gioia Jacopini, ricercatrice dell’Istituto di scienza e tecnologie della Cognizione al Cnr di Roma. Perché i test genetici bisogna saperli leggere, come gli esami del sangue, e come gli esami del sangue vanno prescritti con cognizione. «Prendiamo i test che identificano una malattia prima che se ne presentino i sintomi, ma per quella malattia non esiste una cura», prosegue Jacopini. «Chi riceve una risposta positiva non può far altro che aspettare, impotente». Succede per la malattia di Huntington, una malattia neurodegenerativa ereditaria grave, che esordisce da adulti e procede in maniera lenta, per portare alla morte nel giro di vent’anni. Il test può fare la diagnosi di malattia prima della comparsa dei sintomi, ma i sintomi si possono presentare anche molto tardi e non è detto che ci si trovi a doverli affrontare. D’altra parte, però, in certe famiglie, avere l’informazione per tempo aiuta a pianificare il futuro e a ridurre l’ansia. Mentre nel caso del tumore al seno, chi scopre di avere le mutazioni di Brca1 o Brca2 potrebbe preferire una mastectomia preventiva a vent’anni (cioè la rimozione di entrambe mammelle) piuttosto che una vita di angoscia. Oppure, più ragionevolmente, potrebbe programmare delle visite di controllo frequenti. proprio questo il senso dei test genetici: fornire informazioni per permettere alle persone a rischio di fare delle scelte. Ma le informazioni, da sole, non bastano e devono essere accompagnate dalla consulenza genetica, che, precisa Jacopini, «è parte integrante di un vero test, come l’anestesia fa parte dell’intervento chirurgico». Nessuno si sognerebbe di farsi operare da sveglio, tanto meno il nostro amico paranoico. Quindi che cosa dovrebbe dire il medico che domani se lo troverà davanti con il suo test di suscettibilità all’infarto fatto su internet? «Ritorni tra qualche anno - suggerisce il New England Journal of Medicine - per adesso, quell’informazione non ha utilità clinica». Intanto spenda meglio i suoi soldi: per esempio paghi un personal trainer e si metta finalmente a dieta. SILVIA BENCIVELLI