Tuttoscienze 5 marzo 2008, Federico Pieretti, 5 marzo 2008
In squadra con Nashe. Tuttoscienze 5 marzo 2008. La matematica è il gioco più divertente inventato dall’uomo: peccato che ne siano convinti solo i matematici e pochi loro amici
In squadra con Nashe. Tuttoscienze 5 marzo 2008. La matematica è il gioco più divertente inventato dall’uomo: peccato che ne siano convinti solo i matematici e pochi loro amici. Molti ricordano di essere stati costretti a ingollare regole e formule. E non è praticabile il metodo immaginato da Jonathan Swift: scrivere su un’ostia i teoremi che gli studenti avrebbero assimilato ingoiandola. Eppure non è difficile scoprire quanta matematica ci sia in un gioco e come la matematica lo arricchisca di tecniche e strategie. Ma è necessario cambiare radicalmente il modo di presentarla, innanzitutto nella scuola, dove non siamo alle «ostie matematiche», ma poco ci manca: formule imparate a memoria ed esercizi inutili. «L’insegnamento dogmatico - scriveva Giuseppe Peano- insidia non solo la formazione dell’intelligenza verso il vuoto e l’artificioso, ma ancor più il carattere morale». Eppure la storia della matematica è il racconto di un grande gioco. Gli esempi sono infiniti, dallo «Stomachion» di Archimede all’«Hex» di John Nashe alle «Tassellature» non periodiche di Roger Penrose. Tra i tanti, ecco alcuni esempi, partendo dall’Antico Egitto e dalla filastrocca inventata per far imparare ai ragazzi le potenze di un numero. La ritroviamo sul papiro di Rhind, risalente al 1650 a.C. «Ci sono 7 case e ogni casa ha 7 gatti. Ogni gatto mangia 7 topi. E ogni topo avrebbe mangiato 7 spighe di grano. E ogni spiga avrebbe prodotto 7 hekat di grano. Quale numero si ottiene sommando case, gatti, topi, spighe e Hekat?». Sempre in Egitto, nel tempio di Kurna, su una pietra è incisa una scacchiera del «filetto», noto anche come tris, che risale al 1400 a.C. E’ un gioco ancora oggi popolare tra gli studenti. Leonardo Fibonacci, tra i primi a introdurre in Occidente le cifre arabe, nel «Liber abaci», scritto nel 1202, ripropone in una nuova versione la filastrocca egiziana. «Septem vetulae vadunt Romam/quarum quaelibet, habet burdones 7/et in quolibet burdone sunt sacculi 7/et in quolibet sacculo panes 7/et quilibet panis habet cultellos 7/ et quilibet cultellus habet vaginas 7./Quaeritur somma omnium praedictorum». E Fibonacci ci riporta all’altra faccia della medaglia: non il gioco come matematica, ma la matematica che diventa gioco. Una straordinaria successione di numeri nasce da un problema, all’apparenza banale, del suo libro: se una coppia di conigli genera ogni mese una nuova coppia, quante saranno le coppie di conigli dopo un anno? Se si risolve il problema, si arriva alla successione dei numeri 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89 e così via. Sono questi i numeri di Fibonacci che seguono una regola precisa: ogni numero è la somma dei due che lo precedono. Nei secoli, non solo scienziati, ma anche artisti hanno trovato sempre nuove applicazioni. Leonardo scoprì che i numeri di Fibonacci tornavano nella posizione delle foglie sui diversi tipi di piante o nel numero dei petali di un fiore. E li ritroviamo nei quadri di Seurat, nella «Sagra della primavera» di Stravinsky o sulla Mole Antonelliana di Torino, opera di Mario Merz. Partendo da questa successione, si osserva come concetti diversi della matematica si colleghino armoniosamente tra loro in strutture sempre più complesse. Proviamo, ad esempio, a dividere tra loro due numeri consecutivi della successione precedente. A sorpresa, dal risultato emerge un numero sempre più vicino al numero d’oro: 1,6180339887... Più alti sono i numeri di Fibonacci usati e più vicini si va al numero d’oro, il numero delle proporzioni auree del Partenone e di tante altre applicazioni descritte già nel Cinquecento da Luca Pacioli nel «De divina proportione». Per trovare un’altra «relazione in attesa» possiamo partire dal triangolo di Tartaglia, in cui i numeri di ogni riga sono la somma dei due numeri più vicini della riga superiore. Nasce da un triangolo studiato nell’XI secolo da Omar Khayyàm, matematico e poeta arabo. Ecco una sua quartina. «Se aver puoi sol per te un pane di bianco frumento, / Due fiaschi colmi di vino, un coscio d’agnello sugoso, / E qualcuna, dolce al cuore, in un paesaggio deserto: / Ecco la felicità che nessun sultano ti può rubare». Questo triangolo, le cui proprietà vennero approfondite da Pascal, in particolare per le applicazioni al calcolo delle probabilità, si collega sorprendentemente alla successione di Fibonacci e quindi al numero d’oro. E’ la prova che ogni argomento della matematica si collega con altri apparentemente lontani in una costruzione armoniosa, la cui esistenza sembra addirittura precedente alle nostre scoperte. Paul Erdös, uno dei matematici più originali del XX secolo, riteneva che la matematica non fosse un’invenzione, ma una scoperta, e parlava di un Grande Libro della Matematica nelle mani di Dio, al quale ci concede di dare un’occhiata. Ecco perché molti matematici sono innamorati del gioco. Uno è John Horton Conway, il matematico più geniale e anti- conformista di Princeton. Il suo gioco più famoso è «Life». Più semplice, ma sempre intrigante, è «Germogli». «Il giorno in cui i germogli cominciarono a germogliare- ricorda Conway- sembrava che tutti, tra una lezione e l’altra, fossero presi dal gioco. In ogni angolo c’erano gruppi di studen- ti e professori che analizzavano movimenti e strategie». A lui la conclusione: «Per me la matematica è sensuale. Rimango stupefatto di fronte alla bellezza della Natura. E la Matematica è Natura. Nessuno può aver inventato l’Universo matematico che è lì e aspetta di essere scoperto. E’ una cosa pazzesca, straordinaria». Federico Pieretti